Ascesa e caduta di Carlo il Temerario: il sogno del Regno di Borgogna

Herzog Karl von Burgund verlor bei Grandson das Gut, bei Murten den Mut, bei Nancy das Blut”.

(Il conte Carlo di Borgogna perse a Grandson il bene, a Murten (Morat) il coraggio, a Nancy il sangue).
Sulle tre battaglie contro le truppe elvetiche di Carlo il Temerario esiste in tedesco questo famoso detto che s’impara a scuola.

Carlo di Valois-Bourgogne, conosciuto come Carlo il Temerario è stato il quarto e ultimo duca di Borgogna.
E’ la primavera del 1472: siamo in Borgogna e immaginiamo una scena di cavalieri e dame nella corte voluta da Carlo, tutto splende sotto i raggi del sole e il verde dei prati brilla dove i campi si trasformano in vitigni e davanti a lui figure di donne in lussuose vesti danzano. Carlo si dirige verso la moglie Margherita di York, forse l’unica donna al mondo a non doversi preoccupare dei tradimenti del marito. Lui le è sempre stato fedele, come aveva fatto anche con le mogli precedenti: Caterina di Valois e Isabella di Borbone, morte prematuramente. La consorte lo accompagna verso un’arpa posta al centro di un tendone che per tutta l’estate avrebbe ospitato le esibizioni di artisti, musicisti, giullari e menestrelli. Si un’arpa, perché Carlo è pure un valente musico.
Nell’animo di Carlo una parte di sé agogna la pace della vita intellettuale e affettiva, infatti ha studiato tanto per alimentare la sua voglia di conoscenza, ma soprattutto si è dedicato con passione alla musica, suonando e componendo canzoni e mottetti. Carlo era il mecenate della Scuola Musicale Borgognona, così, in poco tempo, artisti provenienti da ogni dove si erano recati nella capitale Digione e erano stati accettati a corte per dar vita a un modo di fare musica innovativo.

Nato il 10 o 11 di novembre 1433 a Digione, figlio di Filippo III il Buono e di Isabella del Portogallo, Carlo era il terzo figlio ma divenne il primogenito dopo la morte dei precedenti fratelli. Carlo ricevette il titolo di conte di Charolais che era riservato per l’erede della Borgogna Unita. Poi fu mandato in Olanda, province che formavano la parte settentrionale della Borgogna, corrispondenti ai moderni Belgio e Paesi Bassi. Così crebbe con i suoi cugini, presso sua zia Maria di Borgogna.
Come luogotenente del ducato lottò contro il re Luigi XI per ottenere la restituzione di territori che erano passati ingiustamente alla corona francese. Nel 1452, quando aveva solo diciannove anni, punì i rivoltosi fiamminghi durante la ribellione di Gand ai confini con l’Olanda e affrontò la battaglia di Gavere. Il culto per i grandi condottieri del passato gli scorreva nelle vene, tanto che per lui combattere significava trascendere la natura fragile di ogni essere umano per elevarsi al livello del mito come aveva fatto Alessandro Magno.

Carlo il Temerario

Mentre Filippo il Buono regnava sulla Borgogna, suo figlio Carlo prese la testa della Lega del bene pubblico formatasi contro Luigi XI, che voleva limitare l’indipendenza dei suoi potenti vassalli (Borgogna, Bretagna, Bourbon) o per rivendicare terre. Prima giunse ad assediare Parigi costringendo il re di Francia Luigi XI a restituire alla Borgogna le città della Somme, e nel 1466 distrusse la ribelle Dinant. Succeduto al padre nel 1467, dovette, l’anno dopo, occuparsi di una rivolta scoppiata a Liegi: accusando Luigi XI di averla fomentata, gli impose un gravoso trattato e lo costrinse a cooperare alla punizione della città ribelle, che venne rasa al suolo.
Sposò Margherita di York, sorella di Edoardo IV, re d’Inghilterra, procurandosi la sua alleanza contro la Francia, interessata a limitare l’espandersi della Borgogna.
Carlo sentiva crescere ogni giorno di più il desiderio di gloria, sostenuti da una tale forza che fino a quel momento era riuscito a malapena a controllare. Voleva di più: voleva diventare un re!

Margherita di York

Nel 1472 Beauvais era a un passo dal capitolare difesa da una piccola guarnigione di soldati, a pochi giorni dall’assedio che le aveva sferrato, il 27 giugno era sul punto di arrendersi. Carlo pregustava l’ennesima vittoria, che avrebbe portato alla annessione alla Borgogna di un altro centro strategico. Diede ordine a uno dei suoi uomini di salire fino alla cima di una scala che raggiungeva la sommità delle mura per piantarvi la bandiera borgognona. Il suo viso s’illuminò osservando salire la bandiera sulle mura, ma la gioia gli morì nel volto quando una donna sollevò un’accetta e colpì con un movimento secco il soldato, il quale precipitò a terra con il cranio spaccato.
Quella donna si chiamava Jeanne Laisné – passata alla storia come Jeanne Hachette (accetta) – e quel gesto inaspettato era solo l’inizio della decadenza. Carlo perse l’assedio contro Beauvais per la fiducia che i cittadini ripresero dopo quanto accaduto.

Particolare della statua di Jeanne Hachette nella piazza del municipio di Beauvais

L’anno seguente il suo incontro con l’imperatore Federico III d’Asburgo fu di fatto un fallimento e la Borgogna vide svanire le speranze di essere trasformata in un regno. Nel 1473 in occasione della Dieta di Treviri, l’Imperatore Federico III e il duca di Borgogna Carlo stabilirono il matrimonio tra il figlio dell’imperatore Massimiliano e la figlia di Carlo, Maria di Borgogna. Carlo, signore di uno dei più ricchi territori europei, era così formalmente legato sia alla corona francese, come Valois, che al Sacro Romano Impero.

Nel 1476 vi fu finalmente il fidanzamento e, dopo la morte di Carlo, caduto in guerra nel 1477, Maria e Massimiliano si unirono in matrimonio.

Werner Paravicini, docente di storia medievale all’Università di Kiel affrontò, in un libro del 2014, i rapporti intercorsi tra Carlo e il condottiero della Repubblica di Venezia Bartolomeo Colleoni, negli anni tra il 1473 e il 1477. Rapporti sottoscritti da entrambe le parti, ma mai pervenuti ad altro risultato che mettere in allarme Italia, Francia, l’Impero e soprattutto Venezia, che teneva aggiogato al proprio servizio il condottiero perché stesse tranquillo e non muovesse guerra ad alcuno.

Giovan Battista Moroni- ritratto di Bartolomeo Colleoni, 1566-69


Sullo sfondo di innumerevoli dispacci di inviati, di spie e millantatori, si stagliavano le due figure di Carlo e del Colleoni, mossi dall’ambizione di accrescere il proprio rango (l’uno mirava al trono di un regno, l’altro al Ducato di Milano). Carlo, con l’aiuto del Colleoni, aveva intenzione di estendere il suo dominio dal Mare del Nord al Mediterraneo e farlo così diventare una specie di regno di mezzo tra il Sacro Romano Impero e la Francia di Luigi XI; ma non aveva ancora pensato alla Confederazione svizzera quando questa gli dichiarò guerra per ragioni economiche.
Il capo degli interventisti elvetici – spiega lo storico Quirinus Reichen – faceva parte di una famiglia di commercianti, i Diesbach, che trasportava merci dal sud della Germania alle varie fiere vicino Lione e le ultime conquiste di Carlo stavano per ostacolare il loro commercio:

Una guerra preventiva era il modo migliore per mantenere inalterati dei meccanismi economici ben oliati”.

Con i nuovi rapporti di potere interni a Berna cambiarono le mire concernenti l’espansione verso occidente: nella primavera e nell’autunno del 1475, Berna e Friburgo, appoggiate da Lucerna, decisero di inviare truppe contro la città di Vaud, che apparteneva alla Savoia, alleata di Carlo.
La Borgogna si schierò con il proprio alleato savoiardo; ma in breve tempo le milizie elvetiche conquistarono 16 città e 43 fortezze. Gli altri Cantoni confederati disapprovarono tale azione e, nell’estate dello stesso anno, arrivarono persino a stringere un’alleanza tra loro contro Berna.
I bernesi difesero tuttavia la loro posizione affermando di essere entrati in guerra contro la Savoia, e quindi contro la Borgogna, solo in virtù del loro dovere di soccorso verso gli altri possibili partecipanti alla confederazione!

In qualità di alleato, il duca borgognone Carlo il Temerario era tenuto a fornire aiuto alla Savoia e nutriva inoltre proprie mire espansionistiche in Alsazia e Lorena e desiderava creare un corridoio territoriale fra i suoi possedimenti borgognoni e quelli nei Paesi Bassi e in Lussemburgo.
All’inizio del 1476 Carlo scese in campo contro Friburgo e Berna per rispondere alle spedizioni bernesi. Gli alleati confederati e alsaziani accorsero però in loro aiuto e nella battaglia di Grandson il duca borgognone venne costretto alla fuga. I Confederati si impossessarono di quasi tutti gli averi e gli oggetti di lusso di Carlo, che era solito portare nel suo accampamento.  
Solo tre mesi dopo i mercenari di Carlo subirono una nuova grave sconfitta da parte dei Confederati nella battaglia di Murten (in francese Morat). Il duca pagò infine il terzo tentativo di rivincita con la vita: nell’ultima battaglia delle cosiddette guerre di Borgogna, Carlo venne ucciso sul campo presso Nancy.

Il ritrovamento del corpo di Carlo il Temerario dopo la battaglia di Nancy

Per la Borgogna queste guerre rappresentarono la fine del ducato, tutti i suoi territori e quelli da esso conquistati divennero parte della Francia, mentre le terre borgognone nei Paesi Bassi e nella Franca Contea furono ereditati dalla figlia di Carlo, Maria di Borgogna ed alla fine, visto il matrimonio di questa con Massimiliano trasmessi alla casata degli Asburgo e poi al loro figlio Carlo V.

Il bottino dei Confederati fu notevole perché il tesoro di Borgogna era grandioso.

“È andato quasi tutto perduto”, spiega lo storico Quirinus Reichen. “Le truppe di contadini svizzeri si sono trovate confrontate con oggetti di cui non potevano cogliere il valore. Sappiamo che hanno gettato nell’immondizia pietre preziose, semplicemente perché non sapevano cosa fossero.

Ben presto scoppiarono rivalità per la spartizione del bottino tra i vari Cantoni: A Stans si ebbero furiose discussioni e una guerra tra Cantoni fu evitata in extremis.
I sogni di Carlo s’infransero contro le picche dei Confederati in tre battaglie che cambiarono la storia d’Europa.

Carlo sembra un personaggio uscito dalla penna di uno scrittore: ricco, colto, ambizioso e tragicamente destinato a fallire.
Uomo dei superlativi – il più facoltoso del suo tempo, quello con l’esercito più moderno, con l’amministrazione più efficiente, con la corte dalla vita culturale più vivace d’Europa – è ancora capace di affascinare con la sua complessa figura.

Tomba di Carlo il Temerario
nella Chiesa di Notre-Dame a Bruges.

Bibliografia:

  • Henri Pirenne, Storia d’Europa dalle invasioni al XVI secolo, Newton classici 2012;
  • John Bartier, Charles le Téméraire, edizione riveduta e ampliata: Éditions Arcade, Bruxelles, 1970;
  • Charles Brusten, “Le campagne di Liegi di Charles le Téméraire”, Atti del convegno tenuto a Liegi nel 1968, Università di Liegi, 1972;
  • Werner Paravicini, Bartolomeo Colleoni e Carlo il temerario, Velar editrice 2019;
  • Bart van Loo, Il regno scomparso, Mondadori 2021

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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