POSTINTELLIGENTE – Racconti di Piermario De Dominicis #1 “Sassofoni in fiamme”

SASSOFONI IN FIAMME
di Dorothy Fairsoul

Edwin, in preda ad un accesso di epilessia, si dichiara a Marion. La fanciulla, tuttavia, è vittima di una deteriore passione per Gunther, un cinico e emofiliaco allevatori di criceti orfani, per cui oppone alla richiesta di Edwin un garbato ma netto rifiuto, la fermezza del quale ella sottolinea incendiando l’abitazione del suo pretendente.
Il colonnello Dürematt, padre di Marion, intuisce il difficile stato d’animo della ragazza e per evitare che ella si comprometta dinanzi ai cannoni del pettegolezzo cittadino, la spedisce presso la zia Betty a Bumbury.

Marion, lontana da Gunther, ritrova se stessa e smette perfino di radersi.
Bumbury è una piccola, ridente cittadina della costa, la cui classe dominante accoglie di cuore la dolce fanciulla dagli occhi a spazzola. Trascinata da affettuose premure in un vortice di mondanità, intensa ma innocente, Marion viene presto attorniata da uno stuolo di giovani corteggiatori.
Il più assiduo di costoro, Persol Breckenridge, durante una festa in casa dei suoi, la trascina quasi di forza a vedere la brughiera al tramonto. Di fronte allo spettacolo vertiginoso di una natura fosca ed irruenta, la ragazza sente il cuore salirle in gola. Rivive sensazioni represse ma mai sopite, e non può impedirsi di afferrare le orecchie fuoriserie del giovane, incombenti su di lei, e di tirarle a lungo, con estatica violenza. Persol, assai sorpreso, si abbandona ad amare considerazioni, espresse in un gergo incandescente. Marion, fredda di delusione, avverte brividi di gelo ed insiste per rientrare in casa Breckenridge.
Nei giorni susseguenti la fanciulla langue in casa di zia Betty, respingendo tutti gli inviti. Gli uomini e le cose appaiono ostili alla luce della sua continua ma vana ricerca e le braciole di armadillo costituiscono il suo unico conforto.
La signora Ethel Larrymore, elegante e sofisticata donna di mezza età, che ben sa leggere i turbamenti di una diciottenne, si reca a trovarla. Ethel induce Marion a confidarsi e scopre che la ragazza, nel suo candore, desidererebbe essere rapita e frullata da un orango maschio in crisi di prolungata astinenza. Profondamente commossa, la signora trova il modo di presentarle Arthur.

Arthur, un giovane avviato a divenire un diplomatico di sicuro avvenire in una pasticceria locale, ha l’alito contundente e le ascelle paludose, ma, fra i crateri fumanti del suo volto butterato, brillano vivi e dominatori due occhi così magnetici che al primo incontro tra di loro Marion vede volare il fermaglio di ferro che le trattiene i capelli. Arthur, al quale si è infilato il fermaglio nell’occhio, per contrastare le divergenti emozioni, si produce in una serie di canti yodel tirolesi.
Marion ne è conquistata e quella notte non riesce a prendere sonno.

La conoscenza fra i due si approfondisce tanto che qualche tempo dopo, tra l’unanime soddisfazione, viene annunciato il loro fidanzamento ufficiale.
Trascorrono mesi di gioia e di sereni preparativi ad un felice giorno di nozze ma improvvisamente scoppia la rivolta dei Dervisci ed Arthur viene richiamato alle armi. Marion si congeda dall’amato con uno straziante arrivederci ed i due giovani si giurano eterna fedeltà.
Giungono le prime lettere dal fronte arabo nelle quali Arthur narra inverosimili storie di guerra e manifesta una feroce nostalgia dei caldi ma casti baci di lei.
Col tempo le lettere arrivano sempre più di rado, sino a cessare del tutto e Marion crolla in uno stato di prostrazione indescrivibile. Né sua zia né la premurosa vicinanza di Ethel riescono a sollevarla dalle terribili paure che la affliggono.
Un giorno d’autunno la guerra finisce e cominciano a rientrare in patria i reduci.
Arthur però non arriva e così, trascorse alcune tremende settimane di tormento, ella lo piange per morto.
Il tempo non accenna a lenire i dolori e Marion vive da reclusa. Costretta da Ethel a partecipare ad un ricevimento in casa Balancy, la giovane conosce Althea, una bella e spregiudicata donna di mondo, famosa per la vulcanica attività sentimentale. Il respiro di Marion si arresta allorché nota che Althea si fa aria col ventaglio a forma di sassofono che ella vide un giorno in casa del fidanzato.
In seguito a ciò, scopre quel che la compassione della gente le aveva tenuto nascosto: Arthur era tornato ma si era colpevolmente installato nella dimora della seducente avventuriera, ove si abbandonava ad una vita immorale con allegri ritmi da mandrillo.
Marion, disfatta, medita di lasciare Bumbury e di fare ritorno nella casa paterna. Purtroppo, prima che possa attuare il suo proposito, una imprevedibile epidemia di tosse asinina falcidia entrambi i suoi genitori e la giovinetta rimane orfanissima, avendo come unica parente al mondo l’anziana zia Betty, colta peraltro da cataratta.
Si rassegna quindi a restare nella piccola cittadina ed un giorno si trova faccia a faccia con Arthur ai giardini pubblici.
Un fortissimo imbarazzo attanaglia i due, così essi avviano una conversazione più che formale riguardante le abitudini igieniche dei crostacei sordi in Patagonia. Marion, sconvolta, si accorge di amarlo ancora nonostante il male subìto.
Arthur, stanco dei sensi incendiari di Althea e da essi ridotto alla consistenza di una meringa, viene nuovamente ammaliato da Marion.
Quando la forcina della ragazza trafigge l’occhio di lui, pur sempre magnetico, i due hanno la certezza che tutto può tornare come ai tempi felici. Il giovane diplomatico, che nel frattempo è divenuto anche tenente dei dragoni e pilota di coleotteri, si getta ai piedi della fanciulla, rialzandosi immediatamente a causa dell’odorino letale che per disgrazia essi emanano.
Infine egli riesce ad abbrancarla in un delirio d’amore e di pentimento. Marion, ripresasi da alcuni repentini sbocchi di sangue, lo guarda in viso e sorride, rinata per l’eternità.

Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.

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