

Londra, epoca vittoriana: la famosa soprano Alice Alquist è stata uccisa nella sua abitazione. L’unica testimone è sua nipote Paula (Ingrid Bergman), anche se non ha visto in faccia l’assassino; nemmeno Scotland Yard è riuscita a catturarlo!
Per elaborare il lutto, Paula si trasferisce in Italia per studiare canto, e si innamora del pianista Gregory Anton (Charles Boyer).

Prima del loro matrimonio, quell’uomo appena conosciuto sembrava il principe azzurro; ma quando la spinge a tornare nella vecchia casa di sua zia, l’incanto d’amore si spezza: Gregory non le permette di ricevere visite; la incolpa di aver fatto sparire alcuni cimeli di famiglia e oggetti di arredamento; quando lei dice di sentire dei rumori sul soffitto, e di vedere la luce a gas affievolirsi, suo marito le risponde che non se n’è accorto nessuno; quando quest’ultimo incrocia un uomo misterioso che la sta osservando, le fa credere di essere una fedifraga.

Quell’uomo misterioso, in realtà, è Brian Cameron (Joseph Cotten), un detective di Scotland Yard da sempre interessato al caso Alquist. Essendo convinto che la nipote fosse vittima di violenza psicologica, inizia a pedinare il marito.

Il film di George Cukor – tratto da una pièce teatrale dell’inglese Patrick Hamilton, già trasposta sullo schermo in Gaslight (1940), una pellicola inglese da reperire su Internet – è un esempio di prima – o meglio, seconda – rappresentazione di un caso di gaslighting, che si intende per manipolazione psicologica violenta ai danni di una vittima che viene accusata di non avere una chiara percezione della realtà; di ricordare poco o male alcuni avvenimenti, o fornendole informazioni false sulla sua salute fisica e mentale, portandola ad uno stato di angoscia. Lo stesso termine proviene dal titolo originale, per l’appunto Gaslight, che vuol dire “luce a gas”; la stessa che Paula vede affievolirsi ogni notte. A dispetto della sua atmosfera asfissiante, il finale della pellicola vi darà molte soddisfazioni. Vedere per credere!

Oltre a vantarsi di una Ingrid Bergman da Oscar, il film rappresenta l’esordio cinematografico di Angela Lansbury – la futura “Signora in giallo” e Mrs. Brick de La bella e la bestia (1992) – nei panni della domestica civetta Nancy, un’apparente rivale della protagonista. Una piccola parte che darà molte soddisfazioni ad un’attrice brillante!

Colpiscono anche l’interpretazione diabolica di Charles Boyer e la regia oscura di George Cukor, il “regista delle dive”, che strizza l’occhio a Hitchcock e Siodmak. Questo però non vuol dire che non abbia un suo stile. A lui stesso dobbiamo alcune perle cinematografiche come A che prezzo Hollywood? (1932), Piccole donne (1933), Scandalo a Filadelfia (1940), My Fair Lady (1964) e Ricche e famose (1981). Da recuperare una dietro l’altra per chi ama la belle epoche hollywoodiana.

La vera ragione per cui Angoscia è da (ri)scoprire è per far capire agli spettatori – poco importa il genere – che la violenza psicologica e verbale non è meno grave rispetto a quella fisica, e anche in quel caso, le nostre mogli, madri, amiche e sorelle meritano protezione!

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Lorenzo Palombo si definisce come uno studente cinefilo che ama parlare e scrivere di cinema – e recitare a memoria le battute di film e sitcom – a costo di annoiare amici e parenti.
Per Latina Città Aperta propone una rubrica intitolata “Un film da (ri)scoprire” per invitare i lettori a vedere o rivedere alcuni film acclamati dalla critica e dal pubblico che rischiano di dissolversi dalla memoria dello spettatore. La rubrica accoglie persino alcuni film europei o internazionali che non sono stati distribuiti nelle nostre sale cinematografiche.