Captain Beefheart: Trout Mask Replica

                            

Un album, di solito, ha una certa logica nel ritmo e le musiche hanno una melodia, per essere più abbordabili.
Di solito un disco ha dei tempi precisi nei brani, per dare riferimenti a chi ascolta.
Bene, non c’è niente di tutto questo in Trout Mask Replica.

Eppure, è considerato universalmente una pietra miliare per ogni genere del rock e ha fatto capire che si può sperimentare all’infinito. Ed è uno dei dischi da ascoltare, indipendentemente dai gusti personali.

Musicalmente indefinibile e la copertina è il suo surreale biglietto da visita. La persona con il pesce davanti al viso, per sostituire il vero volto, è Captain Beefheart con in testa un cappello da quacchero.

La copertina del disco

Autore di questa copertina fu Calvin “Cal” Schenkel, pittore e illustratore, ideatore di altre cover tra l’altro di Frank Zappa a Tom Waits.

Fu lui a comprare la testa di una carpa da un mercato del pesce per usarla nella copertina di Trout Mask Replica. Infatti il pesce è una carpa, che è simile alla trota, una specie di replica, e da qui il titolo.

Alcune copertine realizzate da Calvin, molte per Frank Zappa

Don Van Vliet, vero nome di Captain Beefheart, fu entusiasta dell’idea del pesce e questa è una rarità nella realizzazione di quest’album perché finalmente dimostrava di saper ascoltare anche gli altri. Comunque decise di mettersi il pesce davanti alla faccia per fare a modo suo.

La carpa puzzava tanto e Beefheart la tenne davanti al viso per un paio d’ore, mentre Schenkel scattava le foto. É una tipica situazione surreale quindi, ricorda Schenkel, era naturalmente a suo agio e a un certo punto, preso dall’entusiasmo, si mise a suonare il sassofono baritono direttamente dalla testa della carpa!

Calvin “Cal” Schenkel

In Trout Mask Replica le unicità sembrano sprecarsi. Si pensa che farsi fotografare con un pesce che gli nascondeva il viso significava per Beefheart presentarsi in un modo non convenzionale. Un po’ come se la copertina fosse l’anticipazione dei brani nel disco e mettesse in guardia: ascoltare con cautela! Non sapete quello che fate se ascoltate, ma neanche quello che vi perdete se non lo fate…

Alcuni critici sostengono che il pesce simboleggi la capacità di Van Vliet di saltare da un genere all’altro senza schemi, come un pesce salta nell’acqua.

Trout Mask Replica è il risultato di otto mesi di isolamento in condizioni inumane imposte da parte di Captain Beefheart alla sua Magic Band. In questo periodo, per volere di Beefheart, il gruppo visse forzatamente in una casa di Woodland Hills, quartiere di Los Angeles attraversato dalla Mullholland Drive. Scopo della prigionia era raggiungere lo stato d’animo necessario per creare questo disco.
Era il 1968.

Captain Beefheart & His Magic Band
(© Foto: DiscReet Records)

Van Vliet aveva probabilmente già da un pezzo l’intero disco in mente. I suoi compagni della Magic Band non ne avevano idea, ma ancora per poco.

La formazione in quel periodo era: Bill Harkleroad “Zoot Horn Rollo”, chitarra e flauto. Jeff Cotton “Antennae Jimmy Semens”, chitarra e voce. Victor Hayden “The Mascara Snake”, clarinetto basso. Mark Boston “Rockette Morton”, basso. John French “Drumbo”, batteria e percussioni. Capitano della squadra, ovviamente, Don Van Vliet a.k.a. Captain Beefheart: voce, armonica, sassofono tenore e soprano. Altri artisti collaborarono a Trout Mask Replica, compreso Frank Zappa, amico di Van Vliet oltre a essere produttore dell’album.

Frank Zappa (1940/1993) e Captain Beefheart (1941/2010)

Negli otto mesi i componenti della band subirono un completo dominio da parte di Beefheart. Un controllo che spesso finiva in violenza psicologica, assalti fisici, privazione di sonno e di cibo. Alla band era proibito lasciare la casa. L’unico a uscire fu Bill Harkleroad per visitare la madre.

Beefheart gli aveva confidato di soffrire di una lieve forma di schizofrenia che gli faceva temere un complotto da parte della band con lo scopo di non riconoscerlo come capo. Solo con un autentico lavaggio del cervello Van Vliet poteva controllare i ragazzi e provare come voleva i 28 brani.

Perché in questi mesi la band visse in povertà, con pochissimo cibo e grazie a qualche soldo inviato dalla madre di Van Vliet e da quella di Harkleroad, ma a parte questo si fece una cosa soltanto: le prove del disco.

Tutti impararono a memoria ogni nota del disco provando e riprovando, a volte per 14 ore al giorno. Drumbo racconterà anche del ‘Talk’ che subiva chi non era d’accordo con Van Vliet riguardo a ogni aspetto del disco. Il musicista di turno doveva entrare in un barile, starci dentro accovacciato e lì era continuamente rimproverato e insultato da Beefheart, spesso per ore ma a volte per giorni interi.

Al termine di una sessione di Talk il musicista, stravolto e psicologicamente instabile, accettava ogni richiesta artistica da parte del Capitano. Tutti, compreso Beefheart, proveranno il Talk, ciclicamente.

Come comporre brani non convenzionali complicandosi volutamente la vita.

Captain Beefheart – Ella Guru

Van Vliet utilizzò il pianoforte, uno strumento a lui ignoto, per comporre molti brevi frammenti musicali apparentemente casuali. In otto ore, dopo aver trovato la ritmica che gli piaceva, compose musiche e testi di tutti i brani di Trout Mask Replica. French mise le composizioni sullo spartito in base alla musica improvvisata dal Capitano e decise gli arrangiamenti. John French sarà una persona determinante nella realizzazione di Trout Mask Replica ma non per questo Beefheart non poteva farci quello che voleva: John sarà sbattuto fuori dalla Magic band, scaraventato giù dalle scale da Beefheart a detta di qualcuno, dopo il completamento del disco.

Non sarà accreditato nel vinile e non compare in nessuna foto…

John French “Drumbo”

Tutti dovevano desiderare solo una cosa dalla vita: la registrazione del disco in una casa discografica. I ragazzi impiegarono mesi a provare ma la registrazione dell’album durò solo sei ore. I brani furono suonati a memoria dalla Magic Band, era come scrollarsi di dosso quel lavoro una volta per tutte. In quell’unico giorno la band registrò solo le parti strumentali. Captain Beefheart registrerà in un secondo momento le sue parti vocali e le sovraincise. Zappa dichiarerà di aver avuto la sensazione che in quei giorni Van Vliet stesse creando qualcosa di importante.

Beefheart allora si mise a cantare: canta i brani di Trout Mask Replica in mezzo allo studio ad alta voce, senza cuffie, seguendo la musica solo grazie agli echi musicali e ai riverberi dei vetri della cabina di missaggio. Zero possibilità di incidere le voci a tempo, ma ragionare con Captain Beefheart era ancora più difficile e persino pericoloso. Il risultato è come lo si sente ascoltando il disco: totale mancanza di sincronia tra strumenti e voce durante quasi tutto l’album, che sembra cantato e suonato in modo improvvisato.

Don Van Vliet ebbe sempre un rapporto straordinario con l’arte e per i suoi genitori fu un bambino prodigio. A cinque anni dipingeva e scolpiva pesci, uccelli e alberi. Alla sua giovanissima età era già diventato ossessivo nella sua devozione per l’arte, passava moltissimo tempo nello studio che comunicava con la sua camera da letto e i suoi vecchi spesso lo facevano mangiare lì, per seguire la sua passione. Con il passare degli anni fece crescere in lui anche la passione per la musica ma la pittura e la scultura non lo abbandonarono mai.

Don Van Vliet: Parapliers the Willow Dipped, Paintings 1967-1997

Provò a portare le tre arti nei suoi brani, come fosse un quadro di avanguardia.  Trout Mask Replica è considerato l’album in cui Beefheart riuscì a raggiungere questo obiettivo, ma nella prima metà degli anni 60 i rapporti con ogni casa discografica erano pessimi e come ogni iniziativa di Van Vliet rischiò di non essere pubblicata.

Le cose cambiarono nel 1969, quando l’amico Frank Zappa creò le etichette “Bizarre Records” e “Straight Records” e offrì a Captain Beefheart la possibilità di scatenare in modo definitivo la sua creatività.

Il primo ascolto del disco è straniante. Un disco che unisce elementi blues, free jazz, R&B, sperimentalismo d’avanguardia e tante altre cose per tritarle tutte assieme e far venir fuori quella musica. Un disco che butta all’aria tutte le regole musicalmente conosciute fino a quel momento e che azzera ogni schema di struttura, scrittura, ritmo e melodia. I canoni musicali in cui le persone comodamente si identificavano sono sovvertiti e rimescolati per dare alle 28 tracce dell’album un’assenza di tutto quello che voleva dire “armonico”.

Beefheart e la Magic Band propongono un’avventura dissacratoria che, con esplosioni selvagge, scatenano forze telluriche. Le aggregazioni armoniche dissonanti e l’esibizione di queste dissonanze rompono tutte le attese di gusto e di bellezza, mettendo in crisi ogni ascoltatore. I versi narrano di storie grottesche, puro nonsense; il tutto scandito da parole mal pronunciate o inventate per mostrare il lato grottesco dell’essere umano. E l’amata melodia si frantuma in schegge minime.

Beefheart provò tutte le 28 canzoni in un’unica session al piano.

“…Non passo molto tempo a pensare.
La musica viene da sé.
Non saprei come spiegarlo…” ha sempre affermato.

Captain Beefheart – Dachau Blues

Sovente uno del gruppo era costretto a leggere ad alta voce i testi preparati dal Capitano, che è stato spesso paragonato a un dittatore dai suoi musicisti, avendo una personalità prorompente; se aveva voglia di suonare il sax, tutti dovevano stare lì ad ascoltarlo; se aveva voglia di guardare la tv, tutti dovevano sedere accanto a lui. È in questo clima che i testi vennero messi a punto; quasi tutte le tracce sono introdotte o chiuse da spezzoni di conversazioni registrate tra loro o con gli altri dello staff di studio. È questo il segno più evidente della presenza di Zappa, perché spesso tra le voci che si odono c’è anche la sua.

È un concept album in senso lato, sì. La società capitalistica occidentale tendeva a cristallizzare tutte le forme artistiche, come aveva reso evidente la pop-art di Warhol. La civiltà contemporanea investiva in un rito: il rock’n’roll, e Beefheart ne porge uno nuovo, spoglio e primitivo, al quale conferisce una dimensione allucinante ma straordinaria. La musica di “Trout Mask Replica” fa capire come il rock sia figlio di una intensa notte d’amore tra il blues e la voglia di morte.

Sebbene Van Vliet abbia sempre minimizzato l’influenza della sua musica sullo sviluppo di generi musicali successivi, fra tutti la new wave, non v’è dubbio che “Trout Mask Replica” sia stato un fondamentale punto di riferimento.

Come Luis Bunuel o Andy Warhol afferrarono la materia pittorica, artistica e filmica e la rivoltarono come un guanto, così ha fatto Beefheart con il rock.

Captain Beefheart (Don Van Vliet) and his Magic Band pose for a portrait on February 26, 1969 in Topanga, California.

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *