Il mistero di Raul Gardini

Ci sono mille modi di raccontare una storia. Soprattutto una storia che ha contorni sfocati e molti punti poco chiari. Una storia torbida in cui colpevoli e vittime hanno la stessa faccia… Ho sentito parlare della vicenda di Gardini da decine di persone, e ognuno raccontava una storia completamente diversa. Colpevole o vittima? Inebriato dal potere o incastrato da un complotto? Visionario o pazzo? Sognatore o assetato di denaro? A Ravenna tutto è un mosaico, ma a differenza di quelli bizantini, che visti da lontano tratteggiano volti di imperatori e santi, questo mosaico è molto più ambiguo. Ci sono dentro sia imperatori che santi, ma è difficile, quasi impossibile, identificarli”.   

Matteo Cavezzali (autore del libro Ascesa e caduta di Raul Gardini)

Trent’anni fa un colpo di pistola ha chiuso l’esistenza di Raul Gardini. Lo chiamavano “il Contadino”, non per gli studi d’Agraria, ma soprattutto per il carattere diretto che gli aveva permesso di trasformare la Ferruzzi in un colosso industriale internazionale. Eppure la sua fine resta misteriosa.

Raymond Chandler, lo scrittore americano disse:

i migliori colpevoli sono i morti,
perché non possono difendersi”,

quasi a indicare la chiave di lettura per introdursi nel mistero più importante della stagione di Mani Pulite: la morte di Gardini.

Se Gardini avesse testimoniato sulla maxi tangente Enimont, forse “il processo si sarebbe concluso in maniera diversa, lo stesso Di Pietro, sconvolto per la tragedia, era anche rammaricato perché Gardini avrebbe fatto dichiarazioni importanti su quei 150 miliardi di lire che costituivano la maxi tangente Enimont”

Ci saranno altre morti dopo ma quella dell’imprenditore ravennate, entrato nella storia per il grande obiettivo di creare il più grande polo industriale chimico con la fusione tra Eni e Enimont.

“Raul Gardini, ex presidente della Ferruzzi finanziaria e della Montedison, si è suicidato con un colpo di pistola intorno alle 8,45 di ieri mattina nella sua abitazione milanese di piazza Belgioioso. Secondo la ricostruzione effettuata dalla polizia, Gardini ha atteso nella sua stanza la colazione e i giornali.

Raul Gardini

Alle 8,15 nei locali, che confinano con gli uffici della sua società, è giunta la telefonata di uno dei suoi avvocati, Giovanni Maria Flick che, passato in camera, non ha ottenuto alcuna risposta. Anche una successiva chiamata, alle 8,45, non ha ottenuto nessun risultato, se non quello di insospettire il personale di servizio… che a quel punto ha deciso di entrare.    

La porta non era stata chiusa a chiave e Raul Gardini, con addosso un accappatoio, era già riverso nel letto. In pugno aveva una pistola di sua proprietà. Pare anche che Gardini abbia lasciato un biglietto con un semplice ´grazie’ alla sua famiglia. Alle 8,59 una chiamata al 113 ha avvertito che in piazza Belgioioso c’era un morto e due minuti dopo è intervenuta un’ambulanza della Croce bianca. Inutile è stato ogni soccorso, nonostante i tentativi dei lettighieri durante il trasporto al Policlinico. Dopo l’autopsia, che verrà effettuata stamane alle 9,30 a Lambrate, il corpo verrà trasportato a Ravenna per i funerali, dei quali non si sa ancora la data” così recitava un dispaccio di agenzia di allora.
In precedenza il nome del manager era sui titoli dei principali giornali, per le indiscrezioni sugli interrogatori di Giuseppe Garofano con una pesante chiamata in causa di Gardini. Secondo quanto sostenuto da Garofano, ‘dopo un’avventata operazione voluta da Gardini il gruppo registrò una perdita di 350-450 milioni di dollari. A questo punto nel bilancio dell’89 bisognava iscrivere tale complessiva perdita a carico della Ferfin, invece Gardini dette disposizioni affinché nel bilancio redatto e approvato nel ’90 si iscrivesse una perdita di soli 150 milioni di dollari’. Gardini avrebbe dunque tentato, dal ’90 in poi, di mettere a carico di Montedison il buco aperto, ma nonostante l’opposizione di Garofano alla fine una parte di quelle perdite sarebbe spuntata nel bilancio Montedison.

Raul Gardini, a capo di un impero finanziario con ramificazioni in tutto il mondo, personaggio discusso e carismatico, grande velista, da tempo aveva il fiato sul collo dei magistrati. Molte cose però non tornano. In troppi hanno tratto beneficio dalla sua uscita di scena. Quello stesso giorno Gardini avrebbe dovuto recarsi dal pool di Antonio Di Pietro riguardo alla maxitangente Enimont, autentica spada di Damocle sospesa sull’intera classe politica italiana.

La magistratura sembrò intenzionata a chiudere il caso velocemente, con un verdetto – suicidio – che lasciava troppi dettagli senza spiegazione. Una soluzione che non può accontentare e che attraversò gli anni di Tangentopoli e della Prima repubblica consegnando alla storia la parabola di una dinastia, quella dei Ferruzzi, seconda solo agli Agnelli per ricchezza e prestigio.

Un ‘giallo’ i cui protagonisti sono stati per anni al centro della cronaca, da Enrico Cuccia a Bettino Craxi fino a Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani, Carlo Sama, Sergio Cusani, Luigi Bisignani, Gabriele Cagliari e moltissimi altri.

La sua morte sancì la fine di un’epoca. Quando la polizia arrivò sul luogo della sua morte non c’era più niente. Il corpo era scomparso, anche le lenzuola del letto. Rimaneva solo un materasso intriso di sangue, e una pistola, messa sul comodino da cui mancavano due proiettili. Ma chi si suicida con due colpi pensarono in molti? Chi guadagnò qualcosa da quella morte? Molte persone. Troppe.

Da poco più di tre anni era caduto il muro di Berlino. L’Italia era stata il paese del blocco occidentale in cui il partito comunista era più forte, e aveva anche rischiato di finire al governo. Ma ormai il “pericolo rosso” non faceva paura e i sistemi tipo Gladio svanirono e questo favorì il nascere dell’inchiesta Mani Pulite. In pochi mesi Tangentopoli fece scomparire il sistema politico che aveva governato l’Italia dalla fine della Seconda guerra mondiale. La Democrazia cristiana implose e Bettino Craxi fu costretto a fuggire ad Hammamet in Tunisia.

Bettino Craxi ad Hammamet in Tunisia.

I sistemi di potere economico-politici si misero a lavorare nell’ombra per non perdere terreno. La mafia intanto metteva le bombe, forse perché aveva paura di rimanere senza più referenti nello Stato. In mezzo a tutto questo c’era un uomo: Raul Gardini, che rimase stritolato in questo terribile gioco di potere.

Morì improvvisamente, il “Re di Ravenna”, il cui impero andava dagli USA alla Russia passando per il Sud America, e con sé portò molti misteri che rimarranno per sempre senza nome e senza volti.

Per il “corsaro” della chimica, che aveva sfidato il salotto buono dell’imprenditoria italiana e la politica tutta, quel 23 luglio non era un giorno come gli altri. Due appuntamenti si trovavano nella sua agenda. Nella tarda mattinata avrebbe preso parte ai funerali di Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni che tre giorni prima si era suicidato con un sacchetto in testa nel carcere di San Vittore.

A metà pomeriggio l’imprenditore ravennate sarebbe invece dovuto comparire proprio davanti ai pm, per il primo interrogatorio su quella che verrà poi definita la madre di tutte le tangenti: il caso Enimont. Ma a quei due appuntamenti Raul Gardini non andrà mai. Da qui in poi ci fu solo confusione. Un rimbalzarsi di colpe che ancora oggi alcuni ritengono sia esplicativo di un suicidio tanto “misterioso”.

I paramedici che portarono via il corpo di Gardini ritenendo che fosse ancora vivo, ma assicurarono agli inquirenti di non aver toccato la pistola. La morte di Gardini venne archiviata dopo due anni come suicidio. Questa è la verità giudiziaria e non ci dovrebbe, in teoria, essere motivo per metterla in discussione.

Tuttavia il 9 febbraio del 1994 quando l’imprenditore era morto da quasi sette mesi e il figlio Ivan aveva preso il suo posto alla guida dell’impero Gardini. Una casalinga di Padova, alzò la cornetta del telefono di casa per fare una chiamata. Da mesi stava segnalando alla società telefonica di avere un problema con la linea, dato che spesso nelle sue telefonate sentiva interferenze con altre chiamate.

Quello che sentì quella mattina era però da brividi e la fece scattare per dirigersi in questura. Una donna e due uomini stavano parlando, quando a un certo punto la donna affermò: “Eliminare Gardini è stato facile, per il figlio sarà un gioco da ragazzi”. Uno dei due uomini rispose: “È già tutto pronto”.

Sentendo quei cognomi la donna capì la gravità e corse alla polizia per denunciare il fatto. Ad oggi non è ancora chiaro se siano state fatte indagini su quella interferenza, il cui contenuto se fosse vero potrebbe riscrivere un pezzo importante della storia d’Italia. La questura di Ravenna, come risulta da una nota di servizio di quei giorni, tuttavia la ritenne tanto credibile da organizzare in tempi stretti un’intensificazione dei controlli fuori dalle abitazioni della famiglia Gardini.

A questo si aggiunge un altro elemento raccontato dal capo delle guardie di sicurezza di Gardini, l’amico Leo Porcari. Si tratta delle telecamere di video sorveglianza che vennero fatte installare in tutto Palazzo Belgioioso. “Le installò una ditta di Venezia che le aveva messe anche a Cà Dario – racconta Porcari –, ma guarda caso quella mattina erano state spente. Perché?”

Il 20 luglio 1993, il presidente dell’ENI Gabriele Cagliari, viene trovato morto per soffocamento, in circostanze mai chiarite dalla Procura di Milano, con un sacchetto di plastica infilato in testa e legato al collo con una stringa da scarpe, nei bagni di San Vittore, dov’era andato per farsi la doccia.

Il 23 luglio, tre giorni dopo la morte di Cagliari, il maggiordomo di Palazzo Belgioioso trova riverso sul letto, Gardini, patron della Ferruzzi-Montedison, il quale si sarebbe suicidato sparandosi un colpo di pistola con una Walter Pkk, trovata sulla sponda opposta rispetto a dove si trovava il corpo inanimato dell’imprenditore.

La pistola Walter Pkk

Due misteriosi suicidi da collegarsi forse alle attività criminali delle mafie che controllano l’economia e l’alta finanza, riciclando i capitali del narcotraffico, come avevano intuito Falcone e Borsellino, prima di essere trucidati su ordine di quei “poteri esterni” che governano nell’ombra il Paese, mettendo a tacere chiunque interferisce con i loro progetti.

Alla versione ufficiale secondo cui Cagliari non avrebbe retto allo scandalo che lo aveva coinvolto e al prolungarsi della carcerazione sono rimasti in pochi a crederci, neanche gli stessi magistrati di Milano.

E’ anche vero che il 19 luglio, era stato arrestato Salvatore Ligresti, che aveva reso una versione dei fatti contrastante rispetto a quella fornita dal presidente dell’Eni, che avrebbe potuto iniziare a vuotare il sacco e risultare assai scomodo a quei poteri che avevano trucidato i giudici che stavano indagando proprio sui rapporti tra mafia, economia, istituzioni e massoneria deviata.

Salvatore Ligresti

E appare inverosimile che Cagliari abbia deciso repentinamente di togliersi la vita, quando ormai sapeva di potere uscire dal carcere. E appena settantadue ore dopo, ecco il secondo suicidio eccellente: quello del patron della chimica Raul Gardini, cui veniva tappata per sempre la bocca, un altro scomodo protagonista di quel perverso connubio tra mafia, alta finanza e politica, che aveva deciso di collaborare con i magistrati di “mani pulite”: un caso? Mah!

Il giorno del suicidio avrebbe dovuto incontrare i magistrati di “mani pulite” per definire la sua situazione: al centro delle accuse nei confronti suoi e della Ferruzzi anche una “enorme” tangente Enimont, di circa tre miliardi alla DC di Forlani.

In concomitanza di tutto ciò andranno a morire a poco a poco anche “mani pulite” e le speranze degli italiani di voltare pagina per davvero.


Bibliografia:

  • Paolo Madron, Luigi Bisignani, L’uomo che sussurra ai potenti, Chiarelettere, 2013
  • Fabrizio Spagna, Un suicidio imperfetto, Lit Edizioni, Roma, 2014
  • Matteo Cavezzali, Icarus. Ascesa e caduta di Raul Gardini, minimum fax, 2018
  • Mario Bonaccorso, L’uomo che inventò la bioeconomia, Edizioni Ambiente, 2020
  • Fabio Tamburini, Misteri d’Italia, Longanesi & C, Milano, 1996.

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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