Cominciamo questa settimana la pubblicazione a puntate di un romanzo giallo, scritto da Renzo Rossi, ambientato nella pianura pontina e più precisamente intorno a Borgo Sabotino.
La storia dei nostri giorni nel racconto si intreccia con quella dei temibili “Diavoli Neri”, un reparto americano/canadese, realmente esistito e attivo in zona prima e dopo lo sbarco di Anzio e capace di raggiungere obiettivi che nessun altro era in grado di ottenere.
Questa avvincente vicenda, raccontata in dieci puntate, è elaborata su una base rigorosamente storica.
Alla fine della pagina troverete il link per leggere la puntata successiva.
BUONA LETTURA!
GUSVILLE: 1° puntata
Mentre scrivo queste poche pagine, dalla finestra aperta del mio studio, guardo la Centrale Nucleare.
Pensate ai casi della vita.
Là sotto sono sepolte scorie che termineranno di essere nocive tra migliaia di anni e solo pochi giorni fa, nel giro di 24 ore, sono stati ammazzati dei poveri cristi, sparati, sgozzati e morti nel giro di un amen.
Mi presento. Mi chiamo Francesco e mi piace raccontare.
Specie le storie del mio Borgo, Borgo Sabotino.
Ho un mio sito, un blog, collaboro con alcune testate e radio locali, ma se non fosse per l’azienda agricola dei miei genitori, non sarei mai stato libero di fare quello che mi piace fare.
Raccontare.
E forse non avrei vissuto la storia che vi sto per descrivere.
Il primo povero cristo ammazzato, all’anagrafe di nome faceva Arduino.
Noi lo chiamavamo Zizzania, di professione usuraio. Tutti sapevano cosa facesse, o come direbbe mio fratello che lavora nella multinazionale, tutti conoscevano il suo giob taitol.
Tutti noi al Borgo sapevamo. Ma per quei misteriosi casi della vita che sputtanano non poco questa nostra società (civile?), lui girava senza problemi per il Borgo con i suoi due scagnozzi, intimorendo e riscuotendo, taglieggiando e minacciando, attento a non lasciare prove della sua attività malavitosa.
Francamente non mi stupii di vederlo morto, riverso su quel tavolo in cucina.
Fummo i primi ad arrivare sul luogo del delitto, io e il Maresciallo Mariano.
Mariano presta servizio presso la Stazione dei Carabinieri del Borgo da circa quattro anni ed è una delle mie principali fonti di notizie, aneddoti e strunzate (dice lui). Stavo giusto nel suo ufficio quando gli girarono la telefonata di quella che dichiarò subito essere la donna delle pulizie del cravattaro. C’era un uomo riverso in una pozza di sangue in via delle Idrovore, traversa n° 4.
Erano circa le 6 del pomeriggio e grazie alla benevolenza di colui che aveva preso in simpatia lo sparacazzate del Borgo (come mi chiama lui), seguii con il mio scooter Mariano il Maresciallo (come lo chiamo io).
Il Zizzania abitava in campagna, a pochi chilometri dalla Centrale, in una casa sicuramente abusiva, lontana dalla strada e da occhi indiscreti.
Sul viale che portava all’abitazione ci imbattemmo in quella che immaginammo subito fosse la donna delle pulizie (e non solo, pensai).
Ci stava aspettando, era scossa e turbata. Si era allontanata dal cadavere.
“Porta male stare vicino ai morti” ci disse.
Lo aveva trovato in cucina appena entrata in casa. Ogni quattro giorni andava a dare una pulita alle quattro stanze dell’abitazione. Era una extracomunitaria dell’Europa dell’est, o giù di lì.
E’ proprio vero, gli usurai si dividono in due categorie: ci sono quelli che sanno godersela e quelli che rimangono accattoni.
Il nostro cadavere apparteneva ai secondi, a giudicare dalla catapecchia in cui viveva.
In quel momento pensai che non mi sarei meravigliato di trovare le sue ricchezze nascoste dentro il materasso e la lista dei clienti scritti a matita in un block notes raccolto con lo spago.
Ne ho lette di storie di usura e disperazione.
Storie di strozzini che chiedono interessi del 400%.
Trame oscure e sotterranee nel cuore delle comunità di provincia.
Prima storia, Angela una ristoratrice.
“Nell’aprile del 2011 avevo uno scoperto di 40 mila euro in banca.
Due clienti mi segnalarono una persona, che poteva prestarmi 25 mila euro”. La donna calmò le banche, ma non il nuovo creditore, così fu costretta a cercare altro denaro.
“Quella persona mi prestò poi altri 10 mila euro, ma ogni mese dovevo rendergliene 2 mila; veniva al ristorante con i suoi amici, non pagava perché considerava i pasti come interessi”.
Di lì a poco l’esercente dovette cercare un altro prestito:
“Ottenni 10 mila euro da un’altra persona, così dovetti versare altri 2 mila euro al mese”.
In poco tempo Angela si trovò a sborsare 5 mila euro al mese, “e se sgarravo di un giorno erano 500 euro in più di interessi”.
Il marito era stato tenuto all’oscuro, ma la commedia non poteva durare a lungo, soprattutto quando il copione si arricchì di pesanti minacce:
“Il primo usuraio mi puntò un coltello al petto, il secondo disse che mi avrebbe fatto saltare”.
Ultimo atto:
“L’usuraio si presentò al ristorante assieme ad altre due persone e mi costrinse e redigere una scrittura privata con cui mi impegnavo a cedere l’esercizio nel caso non fossi riuscita a restituire i 50 mila euro.
Feci presente che il titolare era mio marito, e quelli mi dissero di falsificare la sua firma”.
Ma l’uomo, quando i creditori si presentarono come i nuovi padroni del locale, non riconobbe come sua quella grafia. A sospendere le rinnovate richieste di denaro furono i Carabinieri, che sgominarono la gang, specializzata nel recupero violento di crediti.
Andarono alla sbarra 14 persone, accusate a vario titolo di associazione a delinquere, usura ed estorsione.
Seconda storia, il personaggio eccellente.
Il Procuratore della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio per usura ai danni di alcuni negozianti. Emilio, 57 anni, commerciante di vini pregiati e di acque minerali, è molto noto in città per la sua attività sportiva di pilota di motoscafi da corsa.
Secondo l’accusa, avrebbe prestato denaro a un tasso che si aggirerebbe intorno al 300-400% annuo. L’indagine è partita in seguito a normali controlli fiscali che gli uomini della Finanza hanno effettuato all’interno della sede amministrativa della ditta.
Per completare il loro lavoro, i finanzieri hanno trovato anche una serie di riscontri bancari sul conto corrente dell’inquisito dove sarebbero stati rinvenuti assegni e cambiali sospette, per un ammontare di parecchie migliaia di euro. Un esposto anonimo, presentato in Procura subito dopo, aveva allargato l’inchiesta, nel corso della quale erano stati interrogati i commercianti che avevano emesso gli assegni e le cambiali in favore dell’Emilio.
Questa sicuramente era un’altra storia.
Lo testimoniava il corpo del Zizzania, che trovammo in cucina.
Mariano il Maresciallo chiamò subito la Sede Centrale. Questo non era un falso allarme: che arrivassero subito con scientifica e mortuaria al seguito.
Sì, sì, non avremmo toccato nulla.
Chiuse subito il cellulare per non rispondere alla domanda che era sorta spontanea al suo interlocutore dopo aver pronunciato la parola ‘avremmo’.
“Chi c’è lì con te?”.