L’Apocalittica di Bruckner

‘’Meine Symphonie ist ein Mysterium’’

La Sinfonia n. 8 in do minore fu l’ultima sinfonia completata da Anton Bruckner e di essa vennero reperite diverse versioni, le principali delle quali risalivano al 1887 e al 1890.
L’opera è stata correntemente soprannominata “L’apocalittica”, ma si tratta di un titolo in realtà mai dato da Bruckner alla sua sinfonia.

Anton Bruckner

Bruckner iniziò a comporre la Sinfonia n. 8 nel luglio del 1884, lavorandoci soprattutto durante le vacanze estive: nell’agosto del 1885 tutti e quattro i movimenti erano completati.
L’orchestrazione tenne Bruckner impegnato sino all’aprile del 1887 e in questa fase del lavoro il compositore apportò alcune modifiche alla struttura dell’opera invertendo la successione  tra lo scherzo e l’adagio.

A settembre Bruckner ne spedì copia all’amico Hermann Levi, che aveva diretto la storica esecuzione della Sinfonia n. 7 a Monaco, che fu il più grande trionfo che Bruckner avesse mai sperimentato nella sua carriera.
Il compositore, inviandolo, accompagnò lo spartito con queste parole: 

“Mi prendo la libertà, con Suo permesso, di inviarLe la partitura dell’Ottava sinfonia. Possa trovar grazia! La gioia che mi proviene dalla speranza di un’esecuzione sotto la Sua magistrale direzione è per me inesprimibile.”

Con grande sconcerto di Bruckner il direttore gli rispose di trovarsi

nell’impossibilità di eseguire l’Ottava nella sua forma attuale.
Non riesco a farla mia! Per quanto i temi sono magnifici e diretti, il risultato complessivo mi sembra dubbio; anzi, ritengo che l’orchestrazione sia del tutto impossibile …
Non perdete il vostro coraggio, date un altro sguardo al vostro lavoro, parlatene con i vostri amici forse con una rielaborazione si può raggiungere qualcosa.”

Hermann Levi

Nel 1889 Bruckner iniziò così a lavorare alla revisione della sua sinfonia e dopo averla terminata, nel mese di marzo del 1890, scrisse all’imperatore Francesco Giuseppe I chiedendo il permesso di dedicargli l’opera. L’imperatore non solo accettò la richiesta di Bruckner ma si offrì anche di contribuire a pagare le spese per la pubblicazione del lavoro. 

Ciò nonostante Bruckner incontrò qualche difficoltà a trovare un editore, ma alla fine del 1890 Haslinger-Schlesinger-Lienau accettò di intraprenderne la pubblicazione e la sinfonia venne finalmente editata nel marzo 1892.
Per inciso fu l’unica tra le sinfonie di Bruckner ad essere stata pubblicata prima della sua prima esecuzione pubblica.

Hans Richter, direttore principale dei Wiener Philharmoniker, accettò di dirigere l’opera.
La prima esecuzione avvenne il 18 dicembre 1892 al Musikverein di Vienna.
Alcuni spettatori, i più conservatori, lasciarono la sala al termine di ogni movimento, ma tra il pubblico trovarono posto molti sostenitori di Bruckner, tra i quali Hugo Wolf e Johann Strauss II.

La prima esecuzione dell’Ottava Sinfonia ottenne un trionfo assoluto. Bruckner concluderà la sua esistenza pochi anni dopo, avendo raggiunto fama e successo in tutta Europa, in America e nella sua Vienna, la città  dove viveva e insegnava.

La sinfonia n. 8 in do minore in versione integrale, 1h:23′:37″
Direttore: Herbert von Karajan – Abbazia di San Floriano Linz 1979

Il linguaggio di Bruckner, che non a caso era amato da Mahler, portava dentro  le stigmate della modernità e le sue dismisure sinfoniche erano calcolate per condurre l’attenzione degli ascoltatori sui dettagli delle composizioni e convogliandola sulle emozioni più segrete.
La sua Ottava, ed in particolare l’Adagio, secondo l’autore, erano un ‘’lungo viaggio attraverso l’intera vita’’.

La sinfonia si struttura in quattro movimenti e la sua durata totale cambia in base all’edizione dello spartito utilizzata per l’esecuzione, ma si può dire  compresa tra gli 80 e gli 85 minuti.

Un elemento essenziale del linguaggio musicale di Bruckner è la successione di singoli blocchi musicali a sé stanti, successione che presenta spesso dei cambiamenti improvvisi di timbro (si passa ad esempio dai fiati del registro acuto agli archi di quello grave) e improvvisi mutamenti di carattere: da momenti di solennità trionfale si passa infatti a squarci di delicato lirismo.

Bruckner

Ma ciò che colpisce, oltre alla scrittura orchestrale compatta e massiccia, sono anche quei momenti di levità pressoché eterea, in cui sembra che aleggi un assolo desolato dei legni o che si libri il suono di un’arpa. La plasticità di simili procedimenti musicali è innegabile; essa fa parte di quella grande, fantasiosa visione che la musica di Bruckner comunica all’ascoltatore’’.
Così scrisse il critico della Wiener Zeitung a proposito di questa sinfonia.

Per Bruckner il primo movimento, con l’episodio dei corni e delle trombe basato sul ritmo del tema,  rappresenta ‘“un annuncio di morte che si fa sempre più forte”.

Si enuncia un tema fosco e minaccioso, proposto sommessamente dai bassi sotto un tremolo di violini, nel quale il vuoto delle pause accentua questo avvio tormentato. 

La componente lirica del secondo tema non acquieta la precedente tensione, anzi la intensifica. 

Anton Bruckner

Esaurita l’esposizione, la parte centrale del movimento sviluppa e rielabora i temi trattati.
Avvicinandosi al finale la ripresa arriva quasi di soppiatto, col mezzoforte dei fiati e dei violini e proprio all’acme di questo episodio, la fanfara riporta un annuncio preciso di morte, fanfara che ha fatto pensare a molti ascoltatori “alle trombe degli angeli dell’apocalisse”.
Dopo la rappresentazione dei tre temi c’è un altro “fortissimo” di tutta l’orchestra.
Gli squilli di tromba che sintetizzano la sostanza ritmica del primo tema vanno poi smorzandosi nella coda in un pianissimo: sembra quasi il battito di un cuore morente. 
Il dramma ha il suo epilogo nella dissolvenza e nel silenzio, e questo si riscontrerà per la prima ed unica volta nell’intero sinfonismo bruckneriano.
Alla luce di una indicazione dello stesso Bruckner il secondo movimento (Scherzo), anteposto all’Adagio, sarebbe ispirato alla tradizionale figura campagnola del “deutsche Michael”, un personaggio popolaresco, testardo e bonario che “ sempre sogna di tornare al suo paese”.
Questo perché la funzione dello Scherzo è di allentare la tensione per un breve lasso di tempo.

 Il primo gruppo tematico dell’Adagio si sviluppa culminando in sterminati accordi degli archi, punteggiati dalle pennellate delle arpe.
Dopo una ripetizione abbreviata di quest’episodio iniziale, il solo di corno introduce l’esposizione, ad opera dei violoncelli, del secondo gruppo tematico cantabile, arricchito da un intervento solistico del violino. 

La sezione dello sviluppo, assai ampia, si articola su una elaborazione del primo tema e una del secondo.
Nella ripresa la riproposizione del primo tema dà origine a un gigantesco moto ascensionale che si arrampica ininterrottamente fino ad un primo culmine, seguito bruscamente dal piano degli archi.
Si ascolta poi una nuova ascesa, sempre più intensa, che chiama a raccolta i diversi gruppi strumentali fino a un’esplosione liberatrice, marcata dal doppio colpo di piatti e triangolo.
Dopo, v’è spazio solo per una ricapitolazione abbreviata e per una lunga coda in diminuendo.
L’Adagio è sotto ogni punto di vista il vertice della sinfonia.

L’opera si chiude nel quarto tempo con una coda straordinaria, in cui i temi dei quattro movimenti risuonano insieme, sovrapposti l’uno sull’altro, come nel finale del Crepuscolo degli dei: è un incastro sonoro quasi violento, chiuso da un terrificante precipitare dalla dominante alla tonica di tutta l’orchestra all’unisono.

Hugo Wolf così scrisse all’amico Kauffmann:

Hugo Wolf

“Questa Sinfonia è la creazione di un gigante e supera per afflato mistico, abbondanza di idee e grandezza tutte le altre opere del maestro. Il successo fu quasi senza confronto, nonostante la funesta voce di Cassandra. Fu una completa vittoria della luce sulle tenebre e con elementare potenza prorompeva la tempesta dell’entusiasmo, quando le singole parti finivano. In breve, un trionfo che un imperatore romano non poteva augurarsi più bello“ .

Come si è visto, l’appellativo di “apocalittica”, rivolto a questa sinfonia, non fu opera dell’autore, ma finisce per rispecchiarne lo spirito perché su tutto il lavoro incombe un’atmosfera di cupo presagio.
E’ difficile interpretare  con esattezza le intenzioni dell’autore ma è senz’altro vero che sull’aria del tempo gravava il presentimento che il magnifico “fin de siècle” asburgico stesse pian piano svanendo: Il Novecento si annunciava con tutti i suoi orrori, in primis quello della Grande Guerra.

Se il compositore sia stato preveggente non si può dire, ma è sicuro che, a differenza degli altri suoi lavori, in questa sinfonia Bruckner si fa davvero enigmatico, un Mysterium, come lui ebbe a dire.

Si pensi al finale del quale l’autore diceva che intendeva celebrare l’incontro tra il Kaiser tedesco, lo Czar di Russia e l’Imperatore d’Austria. Dopo l’ascolto la prima domanda che ci si pone è: 

” Dove sarebbe la celebrazione’’?

Una curiosità: i tre protagonisti di quell’incontro scompariranno di lì a non molto, sorte condivisa dai rispettivi imperi dopo la fine della Grande Guerra.

Il movimento finale, come detto, dopo un continuo alternarsi tra attimi lirici e furenti esplosioni, si chiude sibillino sul Do: non sull’accordo di Do, che potrebbe essere minore o maggiore, ma proprio sulla nota Do, sulla quale scivola tutta l’orchestra all’unisono. Proprio nel momento di apparente giubilo c’è il crollo: si potrebbe dire che questo finale fornisca una risposta ad un quesito angosciante, che nessuno allora aveva il coraggio di porre:

“Dove stiamo andando in realtà?” (Karl Kraus)

Bruckner in una vignetta satirica di Otto Böhler

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