Maledetto sia Cupido.
Chi non è mai stato colpito dai suoi strali alzi la mano.
Mi immagino una platea di mani basse perché, che lo si ammetta oppure no, siamo tutti alla disperata ricerca dell’Amore, pronti a cadere sotto le frecce di questo dio bambino, disarmati e trafitti, che al nostro confronto San Sebastiano con il suo martirio pare roba da nulla.
Sembra che Cupido scocchi le sue frecce un po’ a caso, che si diverta a giocare con noi come ad un tiro a segno, senza risparmiare proprio nessuno. Di tante vicende umane quelle amorose sono le più varie, per natura, per inclinazioni, addirittura per le ragioni che chiunque le viva da protagonista cerca di addurre come spiegazione, mentre ne è letteralmente travolto.
Lo dico con questa mia ironia stonata e ci rifletto su da tempo, da quando presi la mia prima sbandata e col cuore trapassato rimasi a contemplare stordita le stelle sul soffitto per un bel pezzo, tanto che poi il secondo cuore dovetti prenderlo in prestito da un’altra me sopravvissuta, riemersa dall’esperienza molto cambiata ma non immunizzata dalla possibilità di ricaderci.
Noi esseri umani siamo soliti commettere lo stesso errore anche più di una volta, trovando sempre una giustificazione: ovvero una variante sul tema.
Così è capitato a tutti di lasciarsi travolgere, dopo aver tralasciato per quel tanto che basta il classico dilemma se sia il cuore a guidare la mente o viceversa sia la mente ad essere offuscata dal cuore e se ciò che proviamo, quel sentimento o la passione che ci ha investiti prendendoci in pieno come un camion in autostrada, rappresenti solo un periodo di tregua al perenne dissidio tra queste due entità: ragione e sentimento.
Tra l’altro Jane Austen ci ha intitolato pure un suo famoso romanzo, “Ragione e Sentimento”, che annota diverse citazioni interessanti tra le quali:
“Nutro un tale risentimento verso di me per la sciocca, scellerata follia del mio cuore, che adesso ogni passata sofferenza è per me trionfo ed esultanza.”
Il cuore è davvero lo scellerato e folle antagonista della ragione? O forse no?
Ma torniamo a Cupido e alla sua irresistibile ascendenza sul genere umano, alle sue bizze inopportune, alla tendenza che ciascun individuo, di entrambi i sessi, ha di innamorarsi dell’Amore, talvolta al punto di elevare ad oggetto di questo innamoramento qualcun altro, traendolo dall’anonimato di una folla di probabilità per le ragioni più impensate e spesso inspiegabili.
Il desiderio di innamorarsi spesso è tale da farci prendere abbagli senza riserva alcuna. Sopraffatti da questo desiderio ci innamoriamo di quel che ci appare, di un particolare per esempio o persino di una idea che ci siamo fatti dell’altro, che spesso non gli corrisponde affatto perché corrisponde solo al nostro desiderio di corrispondenza, che è poi il nostro tremendo bisogno di amore, in particolare di ritrovare dell’amore quella passione sopita, quasi fosse la sola cura ai malanni di una vita grigia, piatta, vuota e soprattutto dimessa, ma in ogni caso la nostra unica occasione, la sola vita che abbiamo da vivere, quindi da mordere fino in fondo.
Capita così che mordiamo anche i frutti delle nostre passioni ancora acerbe, indotte dagli strali di quel maledetto esserino alato.
E che ci fulminino i colpi di fulmine e ci travolgano gli amori a prima vista, quelli tornati da un trascorso idealizzato, noi siamo pronti a correre, impazzire e ad andare per mare senza nave, così come ci troviamo, improvvisandoci con zattere di fortuna, canotti e salvagente convinti di potere sfidare i marosi.
Che se lo porti il diavolo Cupido, anche se si veste da angioletto non è affatto innocuo, tutt’altro.
L’idea di te era l’idea dell’Amore che un giorno mi è venuta in sogno, così sognavo anche da sveglio di raggiungerti, ovvero di incontrare la mia idea di te.
A volte risvegliarsi è traumatico, riprendere la via dell’obiettività altrettanto faticoso.
Siamo stati deviati da qualcosa di forte che era tutto nei nostri desideri e siamo deragliati a tutta velocità.
È proprio vero come canta Franco Battiato che “i desideri non invecchiano mai con l’età” e in fondo è così “la stagione dell’Amore viene e va”, Cupido con la sua mira infallibile resiste al tempo e persino ai cuori più granitici.
Giunti sino qui avrete finalmente capito che Cupido con la sua immagine di ragazzino arciere, simpatica che possa sembrare, non mi va proprio giù.
Oggi mi sono convinta che esista un Cupido meno fanciullo e lo identifico con l’Amore maturo, più savio ed esigente, bello proprio della sua consapevolezza, e che si rispecchia soprattutto nella corrispondenza tra il sentire di due esseri consapevoli di sè stessi.
Penso alla saggezza del tempo che non è un orologio in scadenza.
Vero è che a un certo punto della nostra esistenza tutti scopriamo di essere caduchi e percepiamo un vivere precario, ma il tempo non è scadenza, è invece questa pienezza di sentire ed io perciò sostengo che:
Amore non è questa corsa all’Amore, ma è il vivere nella pienezza chi siamo per quel che siamo, essere in sintonia con l’altro non come oggetto dei nostri rimpianti, tanto meno delle nostre disillusioni, o di una rinvigorita illusione di giovinezza.
Perché mai dovremmo tornare giovani?
Se dentro di noi il tempo ha prodotto i suoi frutti, se il nostro pensare è ancora capace di rifiorire nel desiderio di crescere e scoprire, allora l’Amore non invecchia. Siamo noi a pensare di essere vecchi per l’Amore, con la paura che il tempo sia scaduto, e presi da questo affanno di rincorrere l’Amore paradossalmente ci dimentichiamo proprio di Amare.
Questo è l’errore che commettiamo, ci siamo talmente ripiegati sul desiderio da realizzare ad ogni costo, che finiamo comunque per irrealizzarlo.
Forse.