Scrittore per nascita, cameriere per mestiere: Sandro Bonvissuto

Abbiamo incontrato lo scrittore Sandro Bonvissuto in più occasioni e ogni volta abbiamo ragionato con lui di scrittura in modo appassionato da lettori. 
I libri per noi sono pane quotidiano e la pensiamo come lo scrittore Jorge Louis Borges quando afferma: 

“Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto, io sono orgoglioso di quelle che ho letto”, 

nella vita contano più i libri che si sono letti di quelli che si sono scritti. Probabilmente ciò è vero come è vero però che la vita dei libri in questo nostro Paese è diventata dura, e così la sopravvivenza di tutto ciò che intorno ad essi ruota. Perciò per la prima volta abbiamo voluto affrontare questo tema con Sandro sotto forma di intervista, grazie alla sua disponibilità e alla fratellanza che ci lega in virtù di questo amore condiviso per la lettura. 

Sandro Bonvissuto (© foto: Matteo Bianchi Fasani)

Iniziamo con una domanda un po’ provocatoria per quanto possa sembrare banale: Come sei arrivato a questo “mestiere di scrivere”?
Noi, che come te dello “scrivere” abbiamo un’opinione “alta”, tendiamo a non considerarlo un mestiere, anche se poi richiede un po’ di “mestiere” nel senso di arte.

Le parole “scrivere” e “mestiere” non dovrebbero nemmeno stare vicine; il mestiere è qualcosa che si impara, qualunque mestiere artigianale si può imparare. Ma purtroppo scrittori si nasce non si diventa, quindi pensare lo scrivere come un mestiere che è possibile acquisire e poi praticare è un’idea suicida, la quale ha consentito che arrivassero a prendere la penna in mano persone che non sono scrittori, agevolate magari da motivi che non hanno nulla a che vedere con la scrittura, tipo lo status sociale, il potere economico, le amicizie & parentele e i privilegi politici.
Ovviamente è capitato pure che scrittori veri abbiano scritto per mestiere.
Ma quelli sempre scrittori veri restano, e il talento, anche quando viene umiliato e offeso dai contratti editoriali, dalla necessità di combattere le ristrettezze economiche e da qualunque altra misera contingenza, sempre talento rimane. E brilla lo stesso.
Direi infine che lo scrivere più che mestiere richieda attenzioni quali la pratica, la continuità, l’abitudine, la consuetudine e soprattutto la disciplina. E naturalmente richiede soprattutto di essere nati scrittori, cosa senza la quale tutte le cautele che vi ho indicato prima diventano inutili. Tornando alla vostra domanda se volete però vi racconto come sono arrivato a fare il cameriere, perché quello è il mio mestiere.
Prima comunque facevo il lavapiatti, vediamo come va a finire. 

La foto della copertina del libro “Dentro”

Sappiamo che stai lavorando al tuo secondo libro.
Quali difficoltà hai incontrato nello scriverlo e quali differenze di approccio, personale e narrativo, trovi con la stesura di “Dentro”, il tuo primo romanzo? 

Dicono che il secondo libro superi il primo per difficoltà. E forse il terzo supera pure il secondo, chissà.
Ma ogni libro è a sé, nasce in circostanze che non sono né migliori né peggiori di quelle del libro che l’ha preceduto o che lo seguirà, sono condizioni semplicemente uniche, perché fanno parte della vita, e ogni momento della vita è unico.
Sapevo che “Dentro” non avrebbe avuto un seguito, un figlio, perché ciò da cui era nato nel frattempo era morto. Ma sapevo pure che la scrittura è immortale. Così sono tornato al tavolo e ho scritto altro.
Qualunque cosa sia uscirà quest’anno, ma non so quando, e non mi importa; la pera, quando è matura, casca da sola. 

Sandro Bonvissuto

Che idea ti sei fatto, ormai da addetto ai lavori, del panorama editoriale italiano, che appare così concentrato da far temere per la salute della biodiversità culturale?
Quante delle piccole case editrici che si sobbarcano spesso un lavoro di assoluta qualità, trovano spazio negli scaffali della vendita al dettaglio? 

Poche. Il mercato nasce come un luogo dove ci si dovrebbe poter scambiare ogni cosa con eguali possibilità, ma in realtà è un’istituzione molto ingiusta, perché i padroni del mercato sono anche i padroni dei beni che vengono venduti al mercato.
In queste condizioni bisogna essere ancora più attenti e colti, per boicottare la macchina è necessario studiare e leggere, cose che consentono di sapere e di saper distinguere.
I piccoli editori o gli indipendenti fanno un grande lavoro, i libri buoni ci sono, anche se nascosti. Il problema non è la modalità dell’offerta dei libri, che è malata, e questo lo sappiamo, il problema è che è malata pure la domanda. 

Sandro Bonvissuto alla presentazione del libro “Dentro”

Che pensi di come si struttura da noi l’offerta di libri al pubblico?
Ritieni che le leggi vigenti garantiscano la situazione delle librerie indipendenti o che stabiliscano al contrario, come sostenuto da tantissimi librai, un vantaggio indebito a favore della grande distribuzione in genere, del settore delle vendite on line e della grande catena italiana di librerie? 

È ovvio che la grande distribuzione sia al servizio dei potentati editoriali, ma semplicemente perché la gente che compra alla grande distribuzione è come i grandi distributori, si riconoscono, si chiamano, e alla fine si trovano; il cliente di un monopolio è a suo modo un potenziale monopolista.
Chi è affascinato da un’imprenditoria arrogante e ambiziosa, è senz’altro un soggetto arrogante e ambizioso.
Chi vende e chi compra, libri, in questo caso, è gente che ha i medesimi valori. O disvalori. Io vado solo dai miei librai, prendiamo il caffè e beviamo del vino, a volte mangiamo pure assieme.
Ci facciamo gli auguri per le feste, anche se non ci importa delle feste, e parliamo sempre di libri. Se non hanno un libro, lo ordino, e aspetto. Quando arriva mi chiamano. E vado a ritirarlo felice.
Non ho mai chiesto uno sconto, perché so che non possono farmene. L’utente può scegliere ma non lo fa, e questo è un problema di coscienza personale, non di mercato o di leggi del mercato.
È grottesco come quando chiude una libreria indipendente i primi a lamentarsi della chiusura siano proprio quelli che non ci hanno mai messo piede o speso un soldo, gente che è andata sempre alla Feltrinelli o da Mondadori. 

A tuo avviso la situazione cronicamente deficitaria della lettura nel nostro paese, che è tra gli ultimi del continente per quel consumo culturale, si deve a un qualche motivo preminente, alla pigrizia di un popolo di fatto scoraggiato a leggere, o ad un complesso di cause mai rimosse? 

A tutte queste cose insieme; i libri scadenti sono pubblicizzati, ben esposti e venduti, la gente li compra perché non ha la cultura per distinguere un buon libro da un libro scadente.
E così finanzia l’editore e soprattutto l’autore che scriverà altri libri brutti per lo stesso editore o per altri come lui, tanto sono più o meno uguali.
E così via nel circolo del male.
La crisi delle librerie indipendenti, le difficoltà della buona editoria come della buona scrittura non dipendono dal mercato, dipendono dai lettori.
Il mercato dei libri ridotto in queste condizioni non è la causa della situazione culturale del paese, bensì la conseguenza. 

Questa dovevamo proprio fartela: conoscevi già la nostra rivista, Latina Città Aperta? E se sì, la segui abitualmente?
Ed infine: che ne pensi di questo nostro esperimento?

Conosco la vostra rivista, c’è chi me la manda, e so bene chi siete, anche se vi nascondete.
Ma per combattere il male è senz’altro meglio nascondersi, infatti anche Zorro si mascherava. Così come Batman, Spider Man, Cat Woman, o l’uomo Tigre.
Hulk si trasformava addirittura.
Ecco visto che la battaglia si è fatta dura e il nemico particolarmente ostile, perché si nasconde fra noi, allora non basta più che vi nascondiate, secondo me dovreste fare come Hulk,

trasformatevi. 

(© foto: Matteo Bianchi Fasani)

Intervista a cura della nostra Francesca Suale

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