ArcheoTour: L’amore per Roma

CURIOSITÀ ROMANE

di Annamaria Sanasi

Si parla tanto della passata sofferenza degli ebrei ma ancora oggi, nonostante le tragedie passate, si commettono atti spregevoli nei loro confronti. Le piastrine dorate che troviamo percorrendo i vicoli del Ghetto, chiamate “pietre d’inciampo,” vennero messe in ricordo delle persone uccise barbaramente dai nazisti.
E’ notizia di questi ultimi tempi il furto, ad opera di mani ignobili, di venti di queste, sebbene fossero state poste nel rione Monti.
Quella del vecchio ghetto, è un’area della città di Roma davvero caratteristica ed ogni angolo, ogni muro, ogni finestra e ogni portone, sono carichi di storie drammatiche. Famiglie intere vennero sterminate subendo umiliazioni e sofferenze di ogni genere là dove la dignità veniva calpestata senza alcun pentimento da parte degli aguzzini.

16 Ottobre 1943 – Le SS invadono il ghetto ebraico di Roma deportando 1024 persone verso il tristemente noto campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia

Un quartiere oggi delimitato da via Arenula, una parte del Lungotevere, la Sinagoga e il Teatro di Marcello. 
Ma il vero e originario ghetto era quello all’interno delle mura papaline (che non ci sono più) cioè in un settore formato da tre o quattro contrade, una delle quali si apriva direttamente sul Tevere.

Il ghetto nella pianta di Roma di Antonio Tempesta (1593)

Tra l’altro è uno dei più antichi ghetti del mondo, il primo dopo quello di Venezia; la definizione “ghetto” deriva infatti proprio dal nome della contrada veneziana, gheto, detto in dialetto.
Oggi invece la parte più antica la si può identificare con Piazza Giudia.
Da questo punto di osservazione è possibile vedere quello che era il portone principale del palazzo Costaguti.

Possiamo notare, rimanendo sempre nella stessa piazza, come una lunga e alta epigrafe sul frontale del palazzo sia formata da una curiosa iscrizione in caratteri perfettamente latini ma che non hanno nulla a che vedere con la romanità.

Facendo le dovute ricerche, la traduzione dello scritto dice:

“Mentre Roma rinasce all’antico splendore, Lorenzo Manili, in segno di amore verso la sua città, costruì dalle fondamenta sulla piazza Giudea, in proporzione con le sue modeste possibilità, questa casa che dal suo cognome prende l’appellativo di Manliana, per sé e per i suoi discendenti, nell’anno 2221 dalla fondazione di Roma, all’età di 50 anni, 3 mesi e 2 giorni. Fondò la casa il giorno undicesimo prima delle calende di agosto.”

Egli realizzò il suo progetto edilizio nell’anno 2221 dalla fondazione di Roma, all’età di cinquanta anni (come apprendiamo dalla medesima scritta).
Nel 1468 infatti egli acquistò numerosi palazzi che si affacciavano su piazza Giudia, con l’intento di restaurarli ed inglobarli in un unico edificio.
Il suo amore per Roma potrebbe sembrare esagerato, egli desiderava soltanto donare qualcosa di bello in quel sobborgo tanto amato.

Nei muri, oltre alla scritta, possiamo notare che sono stati inglobati sulla facciata del medesimo palazzo, anche dei pezzi archeologici raffiguranti una cerva col cerbiattino e un leone che divora un’antilope, e una lapide dove si legge “HAVE ROMA” ovvero stai bene Roma.
Purtroppo il sogno di Lorenzo Manili non poté mai realizzarsi in quanto, a causa di sopravvenute ristrettezze economiche, dovette abbandonare il suo progetto. 

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