Ho appreso in questi giorni la notizia che il 23 aprile la poetessa uruguayana Ida Vitale è stata insignita del Premio Miguel Cervantes, riconoscimento che può essere equiparato ad un Nobel della poesia ed è conferito in Spagna dal Ministero dell’Educazione e della Cultura.
Il premio viene consegnato nella data in cui si commemora la morte di Miguel Cervantes, autore del capolavoro “Don Chisciotte”, ed è dotato di un assegno di 125.000 euro. La cerimonia solenne si è tenuta all’Universidad de Alcalá de Henares (Madrid).
Autrice di una trentina di raccolte poetiche, ma anche di numerosi saggi e prose, Ida Vitale è stata ricompensata alla carriera con il Premio Octavio Paz (2009), il Premio Alfonso Reyes (2014), il Premio Reina Sofía (2015), il Premio Internacional de Poesía Federico García Lorca (2016) e il Premio Max Jacob (2017).
È la quinta donna ad avere ricevuto il Premio Miguel Cervantes, e sicuramente la prima novantacinquenne. Il riconoscimento le è stato consegnato dal re Felipe VI e subito dopo averlo ricevuto la poetessa ha rivendicato la lezione di “Don Chisciotte” la cui pazzia era intesa come “Frenesia Poetica”. Una lezione meravigliosa, niente di più vero, essere affetti da questa “frenesia” ha propriamente il sapore di quella sana follia che ammalia e non ammala gli animi, al contrario li rende più vivi.
Col suo linguaggio denso, moderno, personale e universale, al tempo stesso popolare e alto, canta il richiamo della vita nei suoi versi.
Chiamata viva
Mettersi al margine
assistere un pane
cantare un inno
svilirsi invano
annullare volontà
confermare cataclismi
accompagnare la solitudine
non negarsi alle chimere
ristagnare nella sbornia
andare dal piccolo al vasto
dall’opaco alla scintilla
dall’incombenza al sogno libero
offrirsi alla sobrietà del giorno
senza morire un’ora dietro l’altra
tornare a cominciare ogni notte
volare dal distinto all’identico
ammirare belvederi e cantine
infliggersi, affligersi, preoccuparsi
essere alla ricerca dell’anima differita
preparare un miracolo nell’ombra
e chiamare vita quello che sa di morte.
Ida Vitale
Ritenuta a buon diritto una delle voci più limpide della poesia ispanoamericana, sembra possedere una vena che si arricchisce col tempo, anzi mi pare inesauribile, tanto che se ne potrebbe trarre la testimonianza di quanto la Poesia non appartenga al tempo e con essa i Poeti che hanno la fortuna di essere toccati da questa grazia.
Purtroppo in Italia è stata poco tradotta e ciò è un vero peccato, nonostante la Vitale sia molto legata al nostro Paese. Lo scorso anno, in una intervista alla rivista “Gente d’Italia”, ha raccontato che suo nonno paterno era un avvocato siciliano della provincia di Palermo, un garibaldino che andò via durante il regno di Umberto I, e che lei lo ha conosciuto solo attraverso i racconti di sua nonna e i documenti conservati.
Ha raccontato anche di avere ricevuto tanta influenza dalla cultura italiana che è stata molto importante, prima per le origini familiari ma poi anche a scuola con lo studio della lingua. Tant’è che oltre all’attività letteraria, durante la sua lunga carriera, la Vitale ha lavorato come professoressa e come traduttrice e in quest’ultimo caso ci sono riferimenti alle opere italiane, in particolare a quelle di Luigi Pirandello.
Fresia Erésia, eteronimo di una poeta la cui identità è sconosciuta. Vive in subaffitto nella di lei soffitta, si ciba di versi sciolti, di tramonti e nuvole di panna. Nasconde le briciole dei tetti sotto la tovaglia e i trucioli di limature di strofe sotto il tappeto. Compone e scompone, mescola le carte, si cimenta e sperimenta.