Una guerra dimenticata: distruggere uno stato

                      

E’ stata una di quelle guerre di cui si parla malvolentieri da parte delle potenze che ancora oggi reggono il mondo, militare ed economico, e forse già questo è un buon motivo per ricordarla.
Ma andiamo con ordine: tutto cominciò il 14 agosto 1811, quando venne proclamata l’indipendenza del Paraguay dalla Spagna e nell’ottobre 1813 vennero eletti come consoli e delegati a governare Rodriguez de Francia e Fulgencio Yegros.

Già nel 1814 de Francia si autoproclamò dittatore, governò il paese fino al 1840 dando prova di un assolutismo illuminato, dato che si dichiarava ammiratore di quanto di buono era sopravvissuto alla rivoluzione francese e al tipo di economia creato da essa.

Il lungo governo del dittatore de Francia favorì, protetto dall’isolamento, uno sviluppo economico autonomo e sostenuto
Lo Stato paternalista prendeva il posto di una inesistente borghesia nell’organizzare la nazione e nell’orientarne le risorse ed il suo destino economico. 

De Francia si era appoggiato alle masse contadine per schiacciare l’oligarchia latifondista ed aveva conquistato la pace interna stendendo uno stretto cordone di sicurezza con i restanti paesi dell’ex Vicereame del Rio de la Plata. 

José Gaspar Rodríguez de Francia

Gli espropri, l’esilio, le prigioni, le persecuzioni e le multe erano stati gli strumenti utilizzati per distruggere il dominio dei grossi proprietari terrieri.
In un contesto del genere non potevano esercitarsi libertà politiche o un diritto a fare opposizione ma questa allora era una situazione comune a tutto il Sudamerica. 

Quando de Francia morì il Paraguay era l’unico paese dell’America Latina a non avere mendicanti, affamati e ladri, tanto che i viaggiatori dell’epoca lo consideravano un’oasi di tranquillità in mezzo a paesi sconvolti dalle continue guerre. 

L’agente nordamericano Hopkins informò nel 1845 il suo governo che “in Paraguay non c’è un bambino che non sappia leggere e scrivere”. 
I migliori talenti venivano mandati a studiare in Europa a spese dello stato. 

Il commercio estero non era certo l’asse portante della vita nazionale; la dottrina liberale dell’articolazione mondiale dei mercati non aveva risposte dinanzi alla sfida che il Paraguay portava avanti fin dall’inizio del secolo XIX. 

Territori disputati durante la Guerra della Triplice Alleanza 1864

L’eliminazione del latifondo aveva reso possibile la concentrazione delle risorse economiche nelle mani dello Stato, per portare avanti una politica di sviluppo all’interno delle sue frontiere.
La dittatura di de Francia aveva garantito al Paraguay condizioni sociali ottime per quei tempi, un’economia prospera e senza debiti nei confronti delle potenze straniere, un’agricoltura fiorente, un’industria all’avanguardia e, tra l’altro l’esercito meglio organizzato del Sud America.

Alla morte di de Francia, gli succedette il nipote Carlos Antonio Lopez che continuò la politica dello zio volta allo sviluppo del paese e riuscì in politica estera a far riconoscere agli stati europei l’indipendenza del Paraguay.

Carlos Antonio Lopez

Nel 1862 alla morte di Lopez gli successe il figlio Francisco Solano Lopez che aveva comandato l’esercito paraguaiano nella “guerra grande” contro l’Argentina di De Rosas dal 1845 al 1852.

Ammiratore di Napoleone Bonaparte e convinto della forza del suo esercito, pensò di poter svolgere un ruolo di primo piano nello scacchiere sud americano. 

Quando il pericolo bellico, nel 1864, si profilò all’orizzonte, il Paraguay contava su una linea di telegrafo, una ferrovia ed una buona quantità di fabbriche di materiali da costruzione, tessuti, tele, carta e inchiostro, ceramica e polvere da sparo. 

Duecento tecnici stranieri, molto ben pagati dallo Stato, prestavano la loro decisiva opera di collaborazione e dal 1850, la fonderia di Ibycui fabbricava cannoni, mortai e proiettili di tutti i calibri; nell’arsenale di Asunción si producevano cannoni e obici.
La siderurgia, come tutte le altre attività economiche essenziali, era nelle mani dello Stato.
Il paese contava su una flotta mercantile nazionale costruita nel cantiere navale di Asunción per cui diverse navi paraguayane navigavano lungo il Paraná o attraverso l’Atlantico fino al Mediterraneo. 

Lo Stato controllava il commercio estero e la bilancia commerciale registrava un forte attivo.
La nazione aveva una moneta stabile e disponeva di sufficiente ricchezza per realizzare enormi investimenti pubblici senza ricorrere al prestito straniero. 

Una banconota paraguaiana da ½ Real del 1860

L’eccedenza economica generata dalla produzione agricola non si sperperava nel lusso sterile di un’oligarchia ormai inesistente, né andava a fermarsi nei portafogli degli intermediari, né alla voce “guadagni” che nutriva l’Impero britannico con i servizi di trasporto e le assicurazioni degli altri stati latini.                                                                           
La spugna imperialista non assorbiva la ricchezza prodotta dal paese e il 98% del territorio paraguayano era di proprietà pubblica: lo Stato cedeva ai contadini lo sfruttamento di appezzamenti in cambio dell’obbligo di abitarvi e coltivarli in forma permanente senza il diritto di venderli. C’erano 64 “estancias de la patria”, proprietà che lo Stato amministrava direttamente: le opere di irrigazione, dighe e canali, i nuovi ponti e le strade contribuirono significativamente all’aumento della produttività agricola.
Si riattivò anche la tradizione indigena guaranì di due raccolti annui.

Lo stato paraguayano seguiva un forte protezionismo sull’industria nazionale e sul mercato nazionale: i fiumi interni non erano aperti alle navi britanniche che inondavano con manufatti di Manchester e Liverpool tutto il resto del Sud America.  

Il fiume Paraguay

I commercianti e i banchieri inglesi non nascondevano la loro inquietudine soprattutto per l’esempio che l’esperienza paraguayana irradiava pericolosamente agli stati vicini. 

Però, man mano che il Paraguay andava avanti in questo processo, si faceva sempre più impellente la necessità di rompere la sua reclusione territoriale: il paese infatti era bloccato tra Argentina e Brasile ed i due paesi potevano negare l’ossigeno ai suoi polmoni economici, chiudendo la foce dei fiumi e fissando imposte al transito delle sue merci.

Tutto cominciò a incrinarsi con un disegno prestabilito: nel 1864 il Brasile intervenne militarmente in Uruguay fornendo appoggio nella guerra civile uruguagia al Partido Colorado di Venancio Flores.
Solano Lopez, comprendendo che questa mossa favoriva l’accerchiamento del suo Paraguay, si vide costretto a dichiarare guerra al Brasile e successivamente all’Argentina. 

Francisco Solano Lopez

Il Presidente argentino Bartolomè Mitre, non aspettava altro e si alleò con Pedro II, Imperatore del Brasile, e con l’Uruguay controllato dal Partido Colorado e il 1° maggio 1865 la Triplice Alleanza dichiarò guerra al Paraguay. Dietro a tutto c’era la lunga mano inglese naturalmente, mentre l’economia brasiliana era sotto il tallone Usa.

Le operazioni militari, malgrado l’enorme differenza delle forze in campo pari a un rapporto di 10 a 1, si protrassero fino al 1870. 

L’obiettivo di Solano Lopez era di rafforzare i confini del Paraguay ed inizialmente la forza del suo esercito gli consentì di invadere territori argentini e brasiliani, ma dopo alcuni successi, l’impari lotta costò al Paraguay la sconfitta nella battaglia navale di Riachuelo ne 1865 ed un’ulteriore pesante sconfitta a Yatay.

La battaglia del Riachuelo, dipinto di Victor Meirelles 1870 ca.

Lopez, credendosi tradito, e probabilmente lo era, organizzò una feroce repressione contro importanti cittadini e il clero, uccidendo centinaia di persone e persino alcuni dei suoi stessi familiari.
La guerra continuò con ferocia e per il Paraguay si batterono anche donne e ragazzi ma alla fine l’esercito provato dalle perdite in battaglia e prostrato da un’epidemia di colera e febbre gialla si dissolse.

Dopo la sconfitta ad Humaità alla confluenza dei fiumi Paranà e Paraguay, anche la capitale Asuncion fu conquistata e Solano Lopez cadde con i resti del suo esercito a Cerro Corà il 1 marzo 1870 nell’ultimo disperato tentativo di resistenza. 

Battaglia di Humaità

A riprova della ammirazione e fiducia che il popolo aveva in lui, questa data è a tutt’oggi celebrata come festa nazionale, “Dia de los Heroes”, Il Giorno degli Eroi e Solano Lopez è ancora ritenuto il più grande eroe nazionale.

Questa la cronaca della guerra, con la sua fine annunciata.
Negli anni Settanta del Novecento, lo scrittore Eduardo Galeano nel suo notissimo libro “Le vene aperte dell’America Latina”, ha fornito una lettura approfondita di quella guerra che segnò la distruzione di un’esperienza inedita in America Latina.

Prigionieri paraguaiani in mano argentina

Pur denunciando il pugno di ferro con cui de Francia impose il suo potere dopo l’indipendenza, lo scrittore presentava il Paraguay come l’unico tentativo riuscito di sviluppo indipendente, in contrasto con un quadro di sfruttamento da parte dei paesi occidentali delle nascenti repubbliche latinoamericane, anch’esse non certo modelli di libertà ed uguaglianza.

Scriveva Galeano: 

“I paraguayani soffrono ancora l’eredità di una guerra di sterminio che ha scritto uno dei capitoli più infami della storia dell’America Latina.
Fu chiamata la Guerra della Triplice Alleanza: Brasile, Argentina e Uruguay si assunsero l’incarico del genocidio.
Non lasciarono pietra su pietra, né uomini tra le macerie.
Anche se l’Inghilterra non partecipò direttamente all’orribile impresa, furono i suoi banchieri ed i suoi industriali che beneficiarono della distruzione del Paraguay.
L’invasione fu finanziata, dall’inizio alla fine, dalla banca Baring Brothers di Londra e dalla Banca Rothschild, attraverso prestiti con interessi altissimi che ipotecarono il futuro dei paesi vincitori.
Fino alla sua distruzione, il Paraguay era un’eccezione in America Latina: l’unica nazione non dipendente dal capitale straniero. 
Per gli stati vicini e per i britannici, però era condizione imprescindibile, porre fine allo scandalo di quel paese che bastava a se stesso e non voleva piegarsi ai finanzieri e ai mercanti stranieri.
Si pensi soltanto che il ministro inglese a Buenos Aires, Edward Thornton, partecipò attivamente ai preparativi della guerra”.

Dal Paraguay sconfitto non scomparve solo la popolazione ma anche le tariffe doganali, i forni di fonderia, l’indipendenza economica e vaste zone del suo territorio: i vincitori imposero il libero scambio ed il latifondo. Tutto fu saccheggiato e venduto: le terre ed i boschi, le miniere, le piantagioni, gli edifici delle scuole. 

Famiglie paraguaiane senzatetto durante la Guerra della Triplice Alleanza, 1867

Successivi governi marionetta furono installati ad Asunción dalle forze straniere d’occupazione e già quando la guerra non era ancora totalmente finita, sulle rovine ancora fumanti del Paraguay giunse il primo prestito straniero della sua storia: britannico, naturalmente. 

Furono subito abbandonate le coltivazioni di cotone e i prodotti di Manchester con il loro basso costo portarono alla rovina la produzione tessile locale: insomma fu un caso in cui la dittatura fu più illuminata della più osannata e antica democrazia. 

Il Paraguay successivamente passò da una dittatura all’altra fino a quella di Alfredo Stroessner, una ciliegina finale per questo paese sfortunato.

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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