ArcheoTour, il Sepolcro degli Statilii

di Carlo Pavia

L’antica “gens” romana aveva molti possedimenti nella zona dell’attuale via Statilia il cui percorso, almeno nella parte compresa tra piazza di Porta Maggiore e l’incrocio con via di S.Croce in Gerusalemme, ricalca quello dell’antica “via Caelimontana”, che da qui invece, per dirigersi verso la “porta Caelimontana” dalla quale iniziava, piegava a sud attraversando il terreno dell’attuale Villa Wolkonsky.
All’angolo tra via Statilia e via di Santa Croce in Gerusalemme, furono rinvenuti nel 1916 alcuni sepolcri Repubblicani, risalenti al 100 a.C. circa e interrati nel secolo successivo.
Il più antico è probabilmente il primo a sinistra, con una facciata costruita in blocchi di tufo, nella quale si apre una porta centrale rettangolare, rinforzata con un restauro moderno in mattoni; questa è fiancheggiata da due scudi rotondi, ricavati dagli stessi blocchi della facciata.

La camera funeraria interna è piccolissima, tagliata in parte nella roccia e ricoperta con una volta irregolare in opera cementizia.
L’iscrizione ricorda che proprietari ne erano Publius Quinctius, liberto di Tito e venditore di libri, la moglie Quinctia e la concubina Quinctia Agatea e che il sepolcro non sarebbe dovuto passare agli eredi (“Sepulcr(um) heredes ne sequatur”).
La mancanza del cognome e l’aspetto ancora piuttosto antico del monumento permettono di datarlo intorno al 100 a.C., o poco prima.

Il sepolcro adiacente, di poco successivo e costituito da due celle vicine con ingressi distinti, presenta sulla facciata i ritratti in bassorilievo dei defunti.
Il sepolcro più recente (databile alla metà del I secolo a.C. circa), ha invece la forma di un antico altare in blocchi di tufo e peperino.

Il graduale innalzamento del terreno seppellì, in seguito, i sepolcri, assicurandone la conservazione nel tempo.
Il sepolcro seguente viene denominato “Sepolcro Gemino”, ossia doppio, in quanto è costituito da due vani, con celle ed ingressi distinti, ma con il prospetto e la parete divisoria in comune. La facciata è decorata con due gruppi di busti raffiguranti 5 defunti, una donna e due uomini a sinistra, due donne a destra, liberti delle famiglie Clodia, Marcia ed Annia.

Il fatto che l’iscrizione si presenti alquanto rimaneggiata, con caratteri in parte cancellati e che riporti i nomi di 6 persone, fa ritenere che non sia quella primitiva: a parte il nome di Anneo Quincione, gli altri quattro furono probabilmente aggiunti in un secondo momento.
La presenza del cognome fa propendere ad una data successiva rispetto al sepolcro precedente, probabilmente intorno all’inizio del I secolo a.C.
Più o meno contemporaneo segue un colombario, del quale rimangono scarse tracce, e poi un monumento ad ara, ampliato in un secondo momento in opera reticolata e che l’iscrizione assegna a due “Auli Caesonii”, probabilmente due fratelli, e ad una Telgennia.

La particolare importanza del sepolcreto è data dal passaggio dal tipo di tomba a camera (la più antica, quella di Publius Quinctius) al monumento isolato (il più tardo, quello dei Caesonii), passaggio che avviene appunto tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C.
Immediatamente di fronte ai sepolcri è l’ingresso a una piccola area sotterranea in cui è possibile vedere i resti di due antiche condutture d’acqua (già in origine sotterranee), costituite da blocchi di tufo scavati al centro e incastrati l’uno nell’altro.

Per saperne di più Carlo Pavia. ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore.

Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.

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