Trudy Taruffi e la banda Tarallo

Ognissanti Frangiflutti, proprio come aveva anticipato Taruffi, alle 17,00 circa di ogni pomeriggio, appariva magicamente su un maxischermo che aveva fatto installare nello stanzone dei redattori, un simulacro di comando, che avrebbe dovuto compensare la sua assenza.
La curiosa coincidenza che anche tutti gli altri giornalisti stavano a casa, lavorandosi il bitorzoluto, aveva sottratto un bel po’ di enfasi marziale a quel sistema di comando a distanza.

In realtà, gli unici a fissare stralunati quell’apparato mastodontico erano Taruffi, che stava concedendosi un Pantheron al miele, caramello di sedano e scorze di noci, e Tarallo, che per la prima volta si trovava a vivere una situazione del genere in redazione.
Rintanati in casa, ma presenti come immagine all’interno dei tanti pc sparsi sui tavoli di lavoro dello stanzone del giornale, quegli stessi giornalisti, che fino a poco prima avevano angariato l’odoroso cronista della provinciale, dandosi anche, da schermo a schermo, a mortificanti scherzi da caserma, ora, alla vista del Direttore, si drizzavano di colpo, facendo sparire rapidi i resti del panino smozzicato che, sbagliando sui tempi di masticazione previsti, avevano iniziato a sbranare alle 16,52.
Soprattutto la lonza fa perdere tempo, si sa.
Lavorare da casa, fatalmente, favoriva una certa sbracalatezza.
Tutto si normalizzava di colpo quando la testa sale e pepe del Direttore, addobbata da capelli portati lunghi, alla fighetta, urlava le prime disposizioni.

Non sembrava malato, pensò Lallo quando lo vide apparire, con una buona cera in volto, per la prima volta: era il solito, mellifluo stronzo di sempre.
Frangiflutti dalla sua sede ben decorata, strizzava intorno gli occhietti indagatori e subito alcuni colletti, in precedenza sbottonati, venivano sistemati, e venivano chiuse anche alcune porte che nella incauta dimensione casalinga, erano rimaste sbadatamente aperte, lasciando intravedere a tutti quelli che erano collegati, il bagnetto di servizio del redattore X, proprio nel momento in cui Igor, l’immane micio di casa, raspandola prima e dopo, sapientemente, usufruiva della lettiera.
La maggior parte dei giornalisti, allo scoccare delle 17,00, assumeva automaticamente un’aria pensosa, più falsa di Giuda, disponendosi ad ascoltare i desiderata frangifluttiani.

“Ah Tarallo, c’è anche lei, è tornato, quindi” disse il Direttore accorgendosi della presenza di Lallo.
Con un gesto fulmineo cercò di nascondere un termometro dietro la giacca, di ottimo taglio, che evidentemente si compiaceva di indossare anche in casa.
Quel maligno di Trogoli, che seguiva la giudiziaria, ironizzando sul perbenismo vestiario del Direttore, sosteneva che Frangiflutti non avesse bisogno di infilarsi la giacca, perché la secerneva, era insomma in grado di produrla organicamente.
“Un bel risparmio!” concludeva, ridendo e dando di gomito a colleghi, che di solito rimanevano gelidi, soprattutto se si erano nel frattempo accorti che il bersaglio di quell’ironia era giusto dietro chi l’aveva appena sparata.

L’eco della esclamazione del Direttore alla vista di Lallo, risuonò cupa nello stanzone della redazione.
Nella sua voce un’incrinatura, come una nota spezzata dalla disperazione, dava conto di un sentimento ben lontano dal potersi definire di esultanza.

In cuor suo Frangiflutti pensava che nella Chiesa di Santa Abbondanziana, a Strappoli di Sotto, non avrebbe affatto stonato una nuova opera pittorica: “Il martirio di Lallo Tarallo”, e per un istante il Direttore si incantò ad immaginarne la cruenta bellezza.
“Sì Direttore, eccomi tornato – rispose il giornalista mantenendo la calma e subito rilanciando – a proposito, avrei una questione urgente da porle: è proprio sicuro di non voler riprendere in esame la possibilità di pubblicare la mia inchiesta originale? Quelli di Strappoli si sono rivelati fatti eclatanti, mi creda, cose così spettacolari da poter destare lo sbalordimento di tutto il mondo!
 E’ vero che mi hanno estorto una mezza promessa di non parlarne, ma avrà pur visto il materiale che le ho mandato, no? Sono cose pazzesche, ne vien fuori un ripensamento totale dell’immagine che noi abbiamo dell’universo artistico religioso, mi creda: di notte quel posto diventa più trafficato di un collegio femminile! C’è un via vai incredibile, e noi abbiamo le prove delle marachelle commesse dai santi dipinti.
Altro che scoop, è roba planetaria! Un tornado!!
Che altro si può concludere, se non quello, guardando, ad esempio, la foto in cui si vede San Pròzio martire, o forse è Mòzio, scalzato nel quadro da una raggiante Doris Day? Una bom…”
“La finisca immediatamente Tarallo, è disgustoso: se pure fossero vere, e ci credo quanto alla possibilità che Angelina Jolie si faccia la barba tutti i giorni, quelle non sono cose pubblicabili, è chiaro?”

 La voce stizzita di Frangiflutti si impennò in un acuto così penetrante che il bicchiere nel quale Taruffi teneva la sua collezione di chewing gum d’antiquariato, andò in pezzi, mentre dal pelame del povero cronista partiva un flebile gemito di dispiacere: “Ehi!…”
Il Direttore continuò, stizzito: “Tra le altre cose io ho impegnato la mia parola con Monsignor Angiolo Missitalia, designato dall’Ordine dei Gesuiti quale Segretario Particolare del Preposito Generale, e successore, quindi, di Monsignor Verafé, che sta attraversando un momento delicato di  salute.
Non posso certo rimangiarmi tutto con Sua Eccellenza, Tarallo! Cosa crede, che sia un buffone?

Monsignor Angiolo Missitalia

Ma tanto, cosa lo dico a fare ad un miscredente come lei, che ficcherebbe tutti i preti nel menù di trattorie del tipo “La caverna dello zozzone”, o giù di lì, quei posti, insomma, che lei frequenta senza vergogna!
Mi butti piuttosto giù un articoletto simpatico sul paese, faccia una cosetta di colore: anzi, sa che le dico? Visto che la gente, poveraccia, compressa dal governo tiranno per tutto questo tempo, è stremata e non vede l’ora di muoversi, potremmo iniziare una serie di pezzi sui tesori sconosciuti dei nostri paesi, una specie di guida al turismo nel vicinato.
La faremo a puntate.
Si può fare benissimo facendo ricerche sul web, senza muoversi.
Lo dico per quelli di noi che sono ancora tutti positivi, a parte voi due crumiri Tarallo e Taruffi.
Basterà usare Wikipedia, oppure, se vogliamo utilizzare anche il vecchio cartaceo, ci si può  far prestare quelle guide assurde, sì, quelle rosse, grosse.
Tanto l’avete capito quali: sono quelle dove c’è scritto tutto di tutto, anche il nome, cognome e numero di scarpe dei consiglieri comunali di tutti i centri urbani della nostra regione che superino i dieci abitanti.
La serie di questi articoli potrebbe avere un titolo distintivo, un marchio, potrebbe essere qualcosa come “ CORONATOURS!!”- il Turismo Convivente della Fase Tre!”.
Sì, è quel che faremo: che ne dite tutti? Bel titolo, no?”.

Dagli schermi, con perfetta sincronia, partì l’applauso, fragorosissimo, sotto la direzione artistica  di Levalorto, come sempre più zelante del capoclaque di Kim Jong Un: in quelle anime basse il morso del virus non era riuscito ad intaccare un servilismo più robusto di qualsiasi morbo.
Frangiflutti quindi sentenziò che sarebbe toccato a Tarallo curare la prima puntata della serie: “Gli allegri marsupiali di Strappoli di Sotto”, dipingendo un ritratto vivido del paese e utilizzando ovviamente solo il materiale innocuo raccolto: sarebbe stata l’intervista al parroco, Don Oronzo, a fare da collante a tutto il pezzo.
Diede ulteriori istruzioni ai responsabili delle pagine di cronaca, pagine insulse che prendevano un buon settanta per cento del corpo del Fogliaccio, raccomandando di affollare ben bene sia la nera che la rosa.
Invitò chi di dovere ad incrementare le entrate  pubblicitarie e a quelli che se ne occupavano, ordinò di accettare, tra gli annunci a pagamento, anche le inserzioni dei maniaci sessuali con più di cinque anni di carriera alle spalle, si sapeva infatti che quelli già toccati dalla legge, non badavano a spese.
A quel punto Ognissanti Frangiflutti, diede una frettolosa sbirciata al suo immenso orologio da polso, un ordigno valutato molto di più di quanto, nella Virginia del 1705, sarebbe costata una partita di 200 schiavi di ambo i sessi.

Non poteva guardare a quel pataccone senza provare un’intensa commozione per un centesimo di secondo, il tempo massimo che la sua natura aridiccia gli permettesse: quello era stato, infatti, il regalo di congedo fattogli dal suo grande mentore e nume tutelare, Peppe Cicciafico, prima di ritirarsi a vita privata nella quiete di Regina Coeli.

Con l’arrivo della sera, per il comandante in capo stava intanto avvicinandosi il rito del tampone quotidiano, un vero privilegio in un periodo come quello, un favore permessogli dalla sua vicinanza al nuovo Segretario della Compagnia, quel già citato  Monsignor Angiolo Missitalia, che in tal modo lo metteva in grado di monitorare costantemente le sue condizioni di salute.
Preso a quel punto dalla sua impazienza da ipocondriaco, Frangiflutti, come un prete al termine della messa congeda i fedeli, con la medesima solennità, dichiarò chiusa quella seduta di lavoro, lasciando che ciascuno dei redattori si dedicasse alle rispettive mansioni .
Tarallo e Taruffi sospirarono di sollievo.
Seduti, piuttosto scarichi, su una delle tante sedie disponibili, isolette nel mare di cartacce creato dal cronista provinciale, riflettevano sull’immediato da farsi.
Il suono del campanello li scosse: chi accidenti poteva essere a quell’ora?
Taruffi si alzò per andare ad aprire la porta.
Abdhulafiah, era lui il visitatore, venne così accolto da ciò che pareva un cassonetto dell’indifferenziata, che fosse stato reso vivo per un prodigio arduo a concepirsi, e dotato, per di più, anche di braccia e gambe funzionanti!

Abdhulafiah

Quell’essere pareva perfino dotato di coscienza perché accennò ad un terribile sorriso, una voragine che si aprì di botto, come una caverna, in mezzo a quello spesso strato di peli e sporcizia
La mandibola del consulente finanziario ambulante precipitò all’ingiù, schiantata da un secco moto di stupore, mentre i bulbi oculari gli raggiungevano le dimensioni di una palla da tennis,.
Contemporanea alla astrusa apparizione, una zaffata di tanfo greve lo investì in pieno, così feroce da rischiare di fare di lui un albino.
Abdhulafiah barcollò all’indietro mentre l’essere gli ruggiva in faccia un “Si accomodi!” che si sarebbe potuto giudicare perfino cordiale nelle intenzioni.
Riuscito in qualche modo a tenersi in piedi, il poveretto entrò in redazione, seguendo lo pseudocassonetto con passo prudente: accidenti a lui e a quando aveva detto a Tarallo che sarebbe andato a trovarlo per vedere come fosse la redazione in assenza di Frangiflutti e di altri scocciatori!
Ora dubitava perfino che Lallo fosse ancora vivo, che non fosse stato già divorato da quella creatura maleodorante e selvaggia.
La voce del suo vecchio amico lo rassicurò subito, invitandolo ad entrare.
Approfittando del fatto che il collega era dovuto andare in bagno, Lallo, in pochi minuti spiegò perfettamente la situazione ad Abdhulafiah, al quale rimaneva però più di un dubbio sul fatto che Taruffi non fosse un cannibale.
Tarallo indicò al suo amico lo strato di cartacce degli snack che copriva l’intera superficie del pavimento per fargli capire che tipo demenziale di dieta adottasse il cronista aromatico.
Aggiunse, con aria divertita, che nelle pulizie più che saltuarie, della redazione, deserta per pandemia, Taruffi veniva aiutato dalla sorella, Trudy, che lui non aveva ancora mai visto di persona, anche se non escludeva di averla già incontrata tra le illustrazioni di qualche trattato di paleontologia umana.

La reazione di Abdhulafiah al fatto che esistesse una versione femminile di quel soggetto, fu quasi la stessa che aveva avuto Lallo qualche giorno prima: grande incredulità e incontenibile ilarità.
Ancora stavano ridendo quando Taruffi fece ritorno nello stanzone.
Dopo una mezz’oretta di conversazione, quando i tre si erano affiatati, ad Abdhulafiah, Taruffi era diventato ormai simpatico: era un brav’uomo, sudicio ma perbene in un mondo dove si incontravano persone apparentemente perbene, ma sudice dentro.
Non avvertiva più nemmeno la sua puzza, notò il consulente stupito, vi si era assuefatto.
Concentratissimi a chiacchierare un po’ di tutto, i tre non si accorsero che la chiave del portoncino di ingresso aveva girato, cosicché vennero assolutamente presi di sorpresa da una nuova entrata:
Una donna meravigliosa, bionda e algida, li guardava con un sorriso di indescrivibile bellezza.
Gli occhi scintillavano osservandoli, con una luce di simpatia che levava la parola.
Tarallo, che era abituato alle vette di bellezza della sua Consuelo, contemplò ammirato l’apparizione, e lo fece senza parlare, col piacere col quale si apprezza un capolavoro pittorico.
Anche il vestito della ragazza dava l’idea di un candore abbacinante, era bianco argentato con delle spalline che contornavano un décolleté splendidamente disegnato: nel complesso lei ricordava a Lallo una stupenda attrice hollywoodiana di cui però non riusciva a riesumare il nome.

Un profumo irresistibile si sparse intanto nell’aria disperdendo il fetore stagnante.
Fu a quel punto che Taruffi disse: “Ah ciao Trudy, non pensavo che ce la facessi a passare, ma meglio così, sai, perché ho fatto un po’ di confusione qui. Sei davvero carina ad aiutare il tuo fratellaccio”
Poi rivolto agli amici disse: “ Oh, scusatemi se non vi ho ancora presentato, questa è mia sorella Trudy”:

Trudy Taruffi

Lallo, più che sbalordito, cercò Abdhulafiah, per incontrarne gli occhi e leggere un commento dal suo sguardo.
Si girò verso l’amico ma non lo trovò.
Guardò meglio e lo vide: Abdhulafiah giaceva svenuto sul pavimento.
Il suo corpo stava per essere sommerso dagli involti delle Gattopardix, delle Pantheron e delle altre migliaia di schifezze dolci predilette da Taruffi.

Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.

Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti

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