Il ricordo è un elemento fondante della nostra esistenza; ho sempre pensato che noi siamo fatti essenzialmente di ricordi e che più invecchiamo più i ricordi, che sono i segni lasciati dal nostro vissuto, sedimentano dentro di noi e ci fanno per ciò che siamo.
Ricordare però non è mai lo stesso per ciascuno di noi, anzi in ciascuno il ricordo di uno stesso evento spesso assume una forma differente, diverse sono le sfumature che vengono filtrate attraverso la nostra personalità, per predisposizione e cultura.
Il ricordo è una materia che ci appartiene, dunque, e in una misura del tutto personale, la particolarità di un ricordo è legata infatti alla nostra sensibilità, a una capacità di rielaborazione e di appropriazione di un evento; il ricordare dunque è una facoltà che, esercitata da persone diverse, rispecchierà l’identità di ognuno e ci distinguerà, così la nostra singolarità umana si esprimerà sia attraverso il modo di vivere che di costruire i nostri ricordi.
La nostra coscienza richiama spesso alla mente i ricordi, li ha rielaborati e assimilati, ne ha tratto insegnamento e cura, ne ha a volte edulcorato alcuni tratti o ne ha enfatizzati altri; per quel che possiamo capire noi siamo in buona parte artefici del nostro ricordare, siamo inclini a gestire questa sorta di archivio personale, più o meno consciamente, e a trarne il nostro beneficio, o maleficio che sia (ciò dipenderà dai casi particolari).
Il ricordo è di una materia molto diversa dai sogni, esso è relegato al passato e come tale è di senso compiuto, i sogni invece sono di una natura rarefatta, incompiuta, e restano confinati nell’attesa.
Un ricordo è già scritto, in qualche maniera, se pure ciascuno se lo riscrive un po’ a suo modo, del sogno invece possiamo descrivere l’essenza, l’incompiuta, l’idea che sarà, e ancora possiamo fare in modo che ciò sia, che si compia o si realizzi quanto desideriamo.
Sarà per questo che a volte non ci diamo per vinti e dei ricordi pieghiamo quella parte che non ci aggrada, e ci lanciamo in interpretazioni che possano rendere a quel fatto compiuto la giusta luce, la consolazione nostra, la spiegazione postuma, e chissà quanto altro.
In breve, i ricordi sono la nostra storia. Non solo la Storia collettiva, il ricordare di un popolo, ma la nostra storia personale, che è scritta dai ricordi di ognuno.
Possiamo fare in modo che non siano rimpianti, soprattutto possiamo ancora scrivere oggi ciò che domani potrà divenire per noi un bel ricordo.
In fondo vivere è anche fabbricare ricordi, perché il senso che tutto passa, e apparterrà alla sfera del compiuto, dobbiamo averlo ben chiaro dentro di noi; è nella nostra natura, nella caducità di ogni esistenza, la cui sopravvivenza rimane legata ai ricordi, proprio come accade per un’opera che sopravvive al suo autore e in qualche modo lo rende immortale, fa che sia una sua prosecuzione in vita, ma di una vita che non gli appartiene più, perché ciascuno leggerà e interpreterà in quell’opera una parte di se stesso, ne trarrà il suo e se ne approprierà. Così pure avviene col ricordo.
Cancellare i nostri ricordi, equivarrebbe dunque a negarci l’esistenza, a fare di noi degli sradicati senza storia e senza passato, a sottrarci la possibilità di essere ancora altro, di trarre dal vissuto l’esperienza, e di poter scrivere una storia diversa, personale e collettiva.
Fino a poco tempo fa mi sono nascosta dietro l’eteronimo di Nota Stonata, una introversa creatura nata in una piccola isola non segnata sulle carte geografiche che per una certa parte mi somiglia.
Sin da bambina si era dedicata alla collezione di messaggi in bottiglia che rinveniva sulla spiaggia dopo le mareggiate, molti dei quali contenevano proprio lettere d’amore disperate, confessioni appassionate o evocazioni visionarie.
Oggi torno a riprendere la parte di me che mancava, non per negazione o per bisogno di celarla, un po’ era per gioco un po’ perché a volte viene più facile non essere completamente sé o scegliere di sé quella parte che si vuole, alla bisogna.
Ci sono amici che hanno compreso questa scelta, chiamandola col nome proprio, una scelta identitaria, e io in fin dei conti ho deciso: mi tengo la scomodità di me e la nota stonata che sono, comunque, non si scappa, tentando di intonarmi almeno attraverso le parole che a volte mi vengono congeniali, e altre invece stanno pure strette, si indossano a fatica.
Nasco poeta, o forse no, non l’ho mai capito davvero, proseguo inventrice di mondi, ora invento sogni, come ebbe a dire qualcuno di più grande, ma a volte dentro ci sono verità; innegabilmente potranno corrispondervi o non corrispondervi affatto, ma si scrive per scrivere… e io scrivo, bene, male…
… forse.
Francesca Suale
Il ricordo deve servire come insegnamento, qualche volta può essere un rimpianto, spesso diventa consolazione o nostalgia. E’ una parte importante di noi, non solo del passato. Ai bambini il racconto dei nonni o comunque dei parenti ed amici cari è la prima favola della nostra vita personalizzata. Il fascino di qualcosa che forse può tornare sotto altre forme. E’ la radice che aiuta i bambini a capire chi e cosa erano i loro genitori e antenati, com’era il loro territorio e come lo vedevano le persone che hanno il fascino della conoscenza e anche della saggezza. Il racconto di un ricordo è una magia, con la sua attrazione verso un mondo che qualche volta può far paura, ma che sopratutto ci indica la strada verso la scoperta di chi siamo e dove possiamo andare