La Chimica intorno a noi – #16 Additivi alimentari 2°parte

Natale è passato, capodanno pure e Lucrezia è tornata al lavoro. Almeno una volta alla settimana, uscita dall’ufficio, Lucrezia si reca al supermercato per fare un po’ di spesa e, memore di quanto appreso sull’etichettatura dei prodotti alimentari, si diverte a capire dalla lettura delle etichette quali additivi vi sono sono contenuti. Nel reparto ortofrutta vuole acquistare delle arance e su una confezione a rete trova questa bella etichetta:

Vediamo di capire cosa significa la dicitura: MERCE TRATTATA CON E 904-E914-IMZ  BUCCIA NON EDIBILE

  • E904: GOMMALACCA – sostanza che impedisce il deperimento dopo la raccolta
  • E914: cera polietilenica – sostanza lucidante
  • IMZ: enilconazolo – sostanza fungicida

Da quanto sopra si capisce perché la buccia non è edibile

Nel reparto salumeria Lucrezia è attratta da un salame che fa bella mostra di sé in un cesto colorato. L’etichetta cita:

  • Salame casarecccio
  • INGREDIENTI: Carne di suino, sale, destrosio, pepe, aglio e aromi.
  • ANTIOSSIDANTI: E 301 = ASCORBATO di SODIO
  • CONSERVANTI: E 250 = NITRITO di SODIO
  • E 252 = NITRATO di POTASSIO (SALNITRO)

Cosa starà ad indicare il termine aromi? Facciamo chiarezza.

Gli aromi alimentari sono largamente impiegati nell’industria per migliorare le qualità organolettiche dei cibi trasformati e/o conservati. Si tratta di sostanze sia naturali che di sintesi, in molti casi l’aggiunta di aromi modifica completamente gli alimenti conferendo loro degli odori e anche dei sapori particolari. Basti pensare alle bevande alcoliche o analcoliche o ai dolciumi che assumono caratteristiche organolettiche non presenti negli alimenti da cui derivano.

Si tratta di sostanze chimiche che possono essere ottenute per sintesi o dalla estrazione di prodotti naturali ed in particolare da piante aromatiche. Si tratta comunque di un gruppo molto vasto ed eterogeneo di sostanze chimiche con caratteristiche molto diverse tra loro.
Quelle molto conosciute sono, ad esempio, quelle estratte dal rosmarino, dal prezzemolo, dal finocchio, dall’anice, dalla salvia etc. E’ molto diffusa l’opinione che le sostanze naturali, come tali, siano molto sicure, mentre esiste una certa diffidenza per quelle ottenute per sintesi chimica. La realtà è molto differente perché esistono sostanze naturali potenzialmente molto pericolose e sostanze di sintesi prive di pericoli significativi.

In considerazione del largo impiego delle sostanze aromatizzanti l’Unione Europea ha affidato all’EFSA (Autorità Europea per la sicurezza alimentare) il compito di una valutazione della loro sicurezza sulla base delle informazioni scientifiche disponibili. Il lavoro svolto ha consentito di valutare positivamente oltre 2000 sostanze aromatizzanti che sono state codificate nel “Regolamento di esecuzione UE 872/2012”.

Analizziamo ora le tipologie di citazioni riguardanti gli aromi che possiamo trovare sugli alimenti:

AROMA NATURALE di….(per esempio fragola, caffè, cacao etc.): vuol dire che almeno il 95% della sostanza aromatizzante presente è stata ottenuta dalla materia prima citata nel nome.

AROMA NATURALE di…. con altri aromi naturali: vuol dire che l’aroma estratto dalla materia prima citata è meno del 95% e viene miscelato con altri aromi. Il gusto finale rimane quello dell’aroma principale.

AROMA NATURALE: in questo caso non viene specificato il gusto; l’aroma infatti è ottenuto da una miscela di sostanze, sempre di origine naturale, ma non estratte dalla fonte alimentare (fragola, caffè, vaniglia etc.) di cui però possono rappresentare il gusto finale.

AROMI: con questo termine sono compresi gli aromi artificiali (prodotti in laboratorio e non esistenti in natura) e quelli natural-identici, ovvero ottenuti in laboratorio ma uguali a quelli naturali.

L’ultima specifica cioè AROMI è quella presente nel salame che sta adocchiando Lucrezia ed è quella più frequente sulle etichette dei prodotti alimentari.

LA CHIMICA IN VERSI

di Alberto Cavaliere

FERRO

Talvolta libero, specie in quei siti
dove si trovano le meteoriti,
è abbondantissimo nei suoi solfuri
e nei suoi ossidi, più o meno impuri.
E da qui libero s’ottien per via
d’una lunghissima metallurgia.
Esso preparasi negli alti forni:
dirò, guardandoli nei lor contorni,
nei lor caratteri più generali,
com’essi trattano i minerali.
Si suddividono in cinque zone:
la prima chiamasi d’essiccazione;
e quivi perdesi – è naturale –
l’acqua igroscopica del minerale.
Nell’altra, in seguito, questo si pone,
zona che chiamasi di riduzione;
di ferro l’ossido quivi è ridotto
con il carbonio; poi va più sotto,
dove combinasi con il carbone,
ciò che facilita la sua fusione
per un fenomeno molto notorio.
Poi nel cilindrico laboratorio
scende, già liquido, dove (spavento!)
segna il termometro milleottocento.
Quivi è il carbonio che a poco a poco
brucia fra gettiti d’aria di fuoco.
E il ferro saturo si cambia in ghisa,
che dalle scorie vien poi divisa,
ma mentre s’opera queste son buone,
in quanto n’evitan l’ossidazione.
La massa liquida va nel crogiuolo,
donde si scarica metallo solo,
perché, con semplice mezzo, da un foro
le scorie colano per conto loro.
La ghisa formasi di ferro impuro,
bianco metallico fragile e duro.
Contien carbonio in vario stato-
silicio, fosforo v’ha combinato,
parti d’arsenico, di manganese,
di zolfo, eccetera, più o meno estese.
L’acciaio, elastico, tenace, duro,
meno fusibile, n’è assai più duro.
Oggi ricavasi quando con cura
la ghisa, in genere, si decarbura.
Se con l’ossigeno trattiam la ghisa,
dai corpi estranei questa è divisa:
s’ha il ferro, duttile, grigio, che a stento
fonde, ai centigradi mille e seicento.
All’aria umida viene alterato
formando ruggine (ossido idrato),
ch’è permeabile e il sottostante
ferro a proteggere non è bastante.
L’acqua, immergendovi ferro rovente,
sviluppa idrogeno rapidamente;
ed il fenomeno si nota pure,
più lento, a piccole temperature.
Son di due serie del ferro i sali.
Ecco i caratteri dei principali.
L’idrato al minimo, quello ferroso,
dapprima è candido gelatinoso,
ma in quello ferrico poi si trasforma,
per cui verdognolo,- bruno è di norma.
Ha reazion debole ed alcalina:
dà sal’ se agli acidi lo si combina.
S’ha per via umida, precipitato,
ma alquanto instabile, il carbonato,
che all’aria s’ossida rapidamente.
Esso negli acidi è effervescente.
Forma, da libero, masse infinite,
note col termine di siderite.
Molto notevole è, il vetriolo
verde, solubile: non è mai solo
nei suoi verdognoli prismi, perché
vuol più molecole d’acqua con sé,
sette molecole più propriamente.
Lo s’ottien libero comunemente
per quanto possano esser seguiti
degli altri metodi – dalle piriti,
perché, ossidandosi, dànno il solfato.
E’ un antisettico molto impiegato.
Poi, lo s’adopera – non è un mistero –
pur nella fabbrica d’inchiostro nero.
L’idrato ferrico, bruno, fioccoso,
quasi insolubile, gelatinoso,
quando arroventasi, si decompone;
d’ossido ferrico s’ha formazione:
è abbondantissimo questo allo stato
di corpo libero cristallizzato,
compatto ed anidro nell’oligisto,
dove a molteplici composti è misto.
Cloruro ferrico s’ha dal ferroso
a cui si prodighi cloro gassoso:
forma verdognoli scuri cristalli,
che quasi splendono come i metalli.
L’acido ferrico è conosciuto
pei sali; libero non s’è ottenuto.
Molto notevoli e numerosi
composti, stabili, non velenosi,
dà col cianogeno questo metallo:
come il potassico prussiato giallo,
cristallizzabile. Ma qui mi curo
solo del ferrico ferrocianuro;
esso precipita azzurro denso;
serba il bellissimo color intenso
per tracce minime del sal, perfino:
si chiama in pratica blù di Berlino.
Altrove pullula, ma, se non erro,
nella Penisola difetta il ferro.
Se per la tecnica del Novecento
è indispensabile quest’elemento,
ripara l’ottima natura al guaio:
abbiamo i muscoli che son d’acciaio!

Continua…

Fausto Bonifacio nasce a Milano nel 1951, si laurea in Chimica Pura nel 1975 e dopo un anno di servizio militare viene assunto, presso un’importante azienda farmaceutica milanese, con la mansione di operatore di laboratorio di ricerca.
Nel 1988 emigra, al contrario, nella città di Frosinone e prende servizio quale direttore della funzione Ricerca e Sviluppo di una nota azienda chimico-farmaceutica operante nel settore della sintesi e produzione di principi attivi .
Nel 1998 viene assunto, con la qualifica di direttore Ricerca e Sviluppo, da una nota azienda chimico-farmaceutica situata nei pressi di Latina e ricopre inoltre lo stesso incarico nella consociata spagnola di tale azienda.
Nel 2004 emigra in toscana presso un’importante azienda chimico-farmaceutica dove ricopre la carica di direttore di stabilimento fino al 2013 quando cessa l’attività lavorativa godendosi poi la meritata pensione.
Attualmente vive e saltuariamente lavora a Latina.

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