Lin Biao: misteriosa ascesa e caduta

                            

Del tempo della mia infanzia e della fanciullezza, tra gli altri ricordi, affiora l’impressione che allora, nel pieno degli anni Sessanta e all’inizio del decennio successivo, i telegiornali avessero maggior autorevolezza, forse perché erano sempre quelli della Rai, pochi e eterodiretti.
Li si aspettava, ci parevano oggettivi.
Molte delle figure dell’epoca, anche di paesi molto distanti dal nostro, finivano quindi per essere familiari a tutti, note anche ai bambini, e associate strettamente alla immagine delle loro realtà nazionali.
Lin Biao (林彪), ma allora si diceva Piao, era uno di questi volti: quando compariva non c’era quasi più bisogno di chiamarlo per nome, anche perché il suo viso, dai lineamenti regolari e decisi, con le sopracciglia forti, era uno di quelli che non si confondono con altri.

Lin Biao

Quel che non potevo sapere allora, era che la sua improvvisa sparizione, fosse legata ad un mistero.
Lin Biao sarebbe morto quando l’aereo che lo trasportava con alcuni familiari si schiantò in Mongolia alle 3:00 del 13 settembre 1971, forse dopo aver tentato di fuggire in Unione Sovietica.
La versione ufficiale della sua scomparsa fu accolta con molto scetticismo, ma l’URSS, che recuperò parte dei corpi delle vittime, fornì prove forensi del fatto che tra coloro che avevano perso la vita ci fosse anche Lin.
Il governo cinese accreditò il resoconto che voleva che Lin Biao, già all’epoca del IX Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, si fosse convinto di non avere più la fiducia di Mao e che avesse quindi iniziato delle trame contro di lui.

Tutto sarebbe iniziato nel marzo del 1971, quando il figlio di Lin, Lin Liguo, alto ufficiale, si incontrò in segreto a Shangai con alcuni seguaci appartenenti all’ Aeronautica: in quella sede venne progettato un colpo di stato, a cui venne data la sigla Progetto 571, perché quelle tre cifre in cinese suonano come “rivolta armata”.

Lin Biao con sua moglie Ye Qun e i loro due figli:
a sinistra Lin Liheng e a destra Lin Liguo

Successivamente, subito prima che Mao, nel successivo settembre approfittasse di una conferenza per decidere del destino politico di Lin Biao, i cospiratori si riunirono per organizzare la struttura di comando che sarebbe intervenuta dopo il golpe.
Ad agosto Mao si spostò nel sud della Cina per parlare della questione Lin con altri politici e militari.
Lin dal canto suo ebbe certezza della sua prossima espulsione dal partito e in settembre avrebbe quindi dato ai golpisti l’ordine di procedere col piano.
Venne progettato un sabotaggio del treno sul quale avrebbe viaggiato Mao, ma, inaspettatamente Mao cambiò percorso e rientrò sano e salvo la sera del 12 settembre.

Comprendendo che Mao era ormai consapevole del fallito colpo di Stato, la fazione di Lin pensò prima di fuggire verso sud, nel Guangzhou, dove i suoi membri avrebbero stabilito un “quartier generale”, attaccando le forze fedeli a Mao in cooperazione con l’URSS, ma abbandonarono in seguito quel piano ritenendolo impraticabile e decisero di fuggire in Unione Sovietica.
Il 13 settembre, alle 20,30, il Ministero degli Esteri mongolo convocò urgentemente l’amasciatore cinese in Mongolia, protestando per l’ingresso non autorizzato di un aereo cinese nello spazio aereo della Mongolia e riferì che quello stesso aereo era precipitato, causando la morte di tutti i passeggeri.

I resti dell’aereo Hawker Siddeley HS-121 Trident
sul quale, presumibilmente, viaggiava anche Lin Biao

L’ambasciatore cinese in Mongolia telefonò a Zhou Enlai, il vero artefice della diplomazia cinese, che istruì l’ambasciatore perché spiegasse ai mongoli che quel velivolo era entrato nello spazio aereo della Mongolia perché era andato fuori rotta.
Gli investigatori mongoli furono comunque i primi ad ispezionare il relitto, arrivando il giorno stesso.
Trovarono solo la carta d’identità di Lin Liguo, figlio di Lin Biao, che ne confermava la presenza sul volo.
La segnaletica sull’aereo e gli oggetti personali rimasti confermarono che tutti i passeggeri provenivano dalla Cina, ma i mongoli non erano certi del fatto che tra i morti vi fossero anche Lin Biao e sua moglie Ye Qun.
Dopo aver ispezionato il luogo più volte, i mongoli seppellirono i morti sul posto.
Attraverso l’ambasciatore cinese, Zhou chiese che fosse permesso al personale della ambasciata cinese di ispezionare il relitto, cosa che avvenne il 15 settembre.
Gli ispettori cinesi riferirono che l’aereo aveva preso fuoco mentre tentava di atterrare, esplodendo subito dopo.
Zhou inviò altro personale per intervistare alcuni testimoni mongoli e per eseguire una valutazione tecnica.
Il rapporto concluse che l’aereo, al momento della caduta, aveva ancora circa 30 minuti di carburante, e che aveva tentato di atterrare senza carrello.
In seguito, un’équipe medica sovietica si recò sul luogo dell’incidente e riesumò i corpi, ancora non interamente decomposti.
Il team rimosse le teste dai due corpi sospettati essere quelli di Lin Biao e Ye Qun e li portò in Russia per un esame forense.

Il troncone della coda del Hawker Siddeley HS-121

Nel 1972 la squadra concluse che i resti analizzati fossero effettivamente quelli di Lin Biao e Ye Qun, le cui teste sono ancora conservate negli archivi russi.
Per corroborare la scoperta, la squadra tornò in Mongolia una seconda volta per ispezionare il resto del corpo che si riteneva essere di Lin.
Dopo averlo riesumato, la squadra scoprì che il polmone destro aveva tracce di tubercolosi, male di cui Lin soffriva, confermandone l’identificazione.

La squadra sovietica non poté tuttavia determinare la causa dell’incidente, ma dall’incendio che distrusse l’aereo, i sovietici ritennero che avesse carburante sufficiente per volare almeno fino a Irkutsk, nell’URSS.
I risultati furono tenuti segreti, e oltre alla squadra che aveva investigato, di questi esiti furono informati solo il direttore del KGB Jurij Andropov e il leader sovietico Leonid Breznev.
Il rapporto rimase classificato fino agli anni ’90, ben dopo la fine della Guerra Fredda.

Jurij Andropov e Leonid Breznev

Tutta la vicenda sembra dunque un puzzle che invece di chiarirsi, si sarebbe confuso sempre di più col passare del tempo.
Le circostanze esatte della morte di Lin rimasero dunque poco chiare, soprattutto causa dell’assenza di prove evidenti.
Molti dei documenti originali del governo relativi alla morte di Lin, furono segretamente ed intenzionalmente distrutti con il beneplacito del Politburo, durante il breve periodo di presidenza della Cina di Hua Guofeng, alla fine degli anni ’70.
Tra i dossier distrutti vi erano le registrazioni telefoniche, i verbali delle riunioni, le note personali e i diari di lavoro.
Se fossero sopravvissuti, quei documenti avrebbero chiarito anche la condotta di Mao, Zhou Enlai, Jiang Qing e Wang Dongxing nei confronti di Lin, prima e dopo la sua morte.

A causa della distruzione di quella documentazione, il governo cinese, per corroborare la sua versione ufficiale, si affidò alle confessioni dei funzionari epurati vicini a Lin, ma gli studiosi stranieri in genere considerano inattendibili queste confessioni.
Sin dall’anno di questi fatti gli studiosi internazionali si mostrarono scettici sulla spiegazione fornita dal governo cinese sulla morte di Lin.
Sostenevano in particolare che la narrativa ufficiale non spiegava il motivo per cui Lin, uno dei più stretti sostenitori di Mao e uno dei generali di maggior esperienza e carisma, avesse improvvisamente tentato un colpo di Stato così mal pianificato.

Manifesto propagandistico cinese con Lin Biao e Mao

Non convinceva nemmeno la presunta decisione di Lin di fuggire in URSS considerata illogica, perché la vicina Taiwan sarebbe stata una destinazione più sicura.
Diversi studiosi affermarono che Lin non poteva avere né l’intenzione né la capacità di usurpare il ruolo di Mao, e una teoria tentò di spiegare la fuga di Lin sostenendo che questi era contrario al riavvicinamento della Cina agli Stati Uniti, un progetto che Zhou Enlai stava organizzando con l’approvazione di Mao.
Dato poi che il governo cinese non produsse mai prove certe a supporto della tesi secondo cui Lin fosse a bordo dell’aereo che si schiantò in Mongolia, gli studiosi occidentali inizialmente dubitarono che Lin fosse morto.
Un libro, pubblicato nel 1983 con lo pseudonimo di Wao Ming, affermava che Mao in realtà aveva ordinato l’eliminazione di Lin Biao e di sua moglie a Pechino, e che il solo Lin Liguo, loro figlio, aveva tentato di fuggire all’estero in aereo.

Lin Liguo con la madre Ye Qun

Quando fu contattato per commentare nuove prove sull’incidente di Lin dopo la Guerra Fredda, il Ministero degli Esteri cinese dichiarò:

La Cina ha già una conclusione chiara sull’incidente di Lin Biao.
Altre notizie di natura congetturale sono infondate”.

Gli studiosi interpretarono la riluttanza della Cina ad esaminare le nuove prove contrarie alla tesi “ufficiale” come frutto della volontà di evitare di valutare qualsiasi questione che comportasse una critica a Mao Zedong o che rivalutasse la Rivoluzione Culturale, distraendo la Cina dalla via della crescita economica.
Altri studiosi, tuttavia, nel 1994, esaminarono ulteriori prove, reperite in Russia, Mongolia, Cina, Stati Uniti e Taiwan, giungendo ad una serie di conclusioni, alcune delle quali contraddicevano la versione cinese.
Lo studio confermò che Lin Biao, Ye Qun e Lin Liguo fossero rimasti uccisi nell’incidente, ma sostenne che l’aereo di Lin in realtà si stesse allontanando dall’URSS al momento dello schianto, mettendo in dubbio l’ipotesi che Lin stesse cercando di chiedervi asilo.
Moglie e figlio, insomma, avrebbero costretto Lin a salire sull’aereo contro la sua volontà.
I dirigenti del Partito Comunista, secondo questa nuova interpretazione dei fatti, avrebbero saputo che la famiglia di Lin sarebbe fuggita, ma avrebbero scelto di non fermarla.
Alla luce di questa tesi, Lin avrebbe tentato di contattare il Kuomintang a Taiwan prima della sua morte, riprendendo così le prime indiscrezioni dalla Cina secondo cui Lin stava negoziando segretamente col governo di Taipei per ripristinare il governo del Kuomintang nella Cina continentale. Di questo nuovo assetto di potere Lin sarebbe stato uno dei leader.
Le affermazioni sui contatti di Lin col Kuomintang tuttavia non furono mai confermate né negate dai governi di Pechino e Taipei.

Testimoni mongoli riferirono che l’aereo aveva fatto rotta verso nord, volando sulla Mongolia fino al confine sovietico, ma che poi avrebbe virato ancora verso sud, prima di schiantarsi.
Un testimone che ha assistette all’incidente riferì che la coda dell’aereo era già in fiamme quando cadde.
Nessuna istruzione di Zhou Enlai impedì la fuga di Lin, ma apprendendo che l’aereo di Lin era decollato, Zhou avrebbe unicamente ordinato che tutti gli aerei in volo in Cina venissero posti a terra e che non ne decollasse nessun altro senza il permesso scritto di Mao, oppure del suo o di quello di vari altri leader militari.
Zhou si sarebbe precipitato a chiedere a Mao se voleva ordinare che l’aereo di Lin venisse abbattuto, ma Mao avrebbe risposto che lo “lasciassero andare”.

Zhou Enlai

A Lin Biao sopravvissero due figlie.
Gli ufficiali identificati come vicini a Lin, la maggior parte dei quali apparteneva al comando supremo cinese, furono epurati a pochi giorni di distanza dalla scomparsa di Lin.
Il 14 settembre, Zhou annunciò al Politburo che quattro alti ufficiali erano stati immediatamente fatti dimettere ammettendo l’associazione con Lin. Questo annuncio fu seguito dall’arresto di altri 93 sospetti alleati di Lin, e nel giro di un solo mese oltre 1000 ufficiali cinesi furono epurati.
L’epurazione dei sostenitori di Lin continuò fino al X Comitato centrale dell’agosto 1973.
Le celebrazioni del 1° ottobre 1971 furono cancellate.
La notizia creò shock e confusione quando il popolo fu informato ufficialmente della vicenda, mesi dopo.
Dopo l’epurazione dei sostenitori di Lin, Zhou Enlai divenne il vice di Mao, e Jiang Qing, la moglie di Mao coi suoi seguaci, “la celebre banda dei quattro” non poterono più scalzarlo.

Jiang Qing e Mao in una foto del 1945

Jiang Qing non potè impedire a Zhou di migliorare i rapporti tra Cina e Stati Uniti e di riabilitare i quadri epurati durante la Rivoluzione Culturale.
Per oltre un anno il partito tentò di nascondere i dettagli della morte di Lin, subito dopo il governo cinese iniziò una campagna di propaganda contro il defunto Lin Biao.
Dopo la morte di Mao, nel 1976, il governo confermò la condanna di Lin e mise fine a qualsiasi discussione su di lui, almeno per qualche tempo.
Alla fine degli anni ’70, leader cinesi, come Hua Guofeng, diffusero all’estero la storia che Lin aveva cospirato col KGB per assassinare Mao.
Nel 1973, come si è già accennato, Jiang Qing, la famigerata moglie di Mao, avviò la campagna “Criticare Lin, Criticare Confucio” con l’obiettivo di sfruttare la denigrazione di Lin per attaccare Zhou Enlai.
Gran parte di tale campagna falsificava la storia, con dettagli inventati su come Lin si fosse opposto alla leadership di Mao.

Il nome di Lin Biao fu coinvolto nella propaganda di Jiang dopo che le registrazioni e le carte di sua moglie Ye Qun furono scoperte nella residenza di Lin dopo la loro morte.
Alcune di queste registravano critiche a Mao:

Mao fabbricherà ‘la tua opinione’ prima, e poi te la cambierà, anche non se in realtà non è la tua, ma una sua fabbricazione. Dovrei fare attenzione a tale solito trucco”.

Un altro commento affermava che Mao

si adora e ha una fede cieca in sè stesso e si adora a tal punto che gli vengono attribuiti tutti i successi, ma tutti gli errori sono commessi da altri”.

Le critiche a Mao erano però in contraddizione con l’immagine pubblica di Lin, che dopo il Grande Balzo in Avanti, affermò che tutti gli errori erano il risultato della deviazione dalle istruzioni di Mao, fatta da alcuni capi.

Come molti importanti sostenitori della Rivoluzione Culturale, l’immagine di Lin Biao fu manipolata anche dopo la morte di Mao nel 1976, e molti aspetti negativi della Rivoluzione Culturale furono attribuiti a lui.
Dall’ottobre del 1976 in poi, finirono sotto accusa anche i sostenitori di Mao, la sua vedova con la cosiddetta Banda dei Quattro.

Il processo alla Banda dei Quattro, furono condannati a morte, ma poi la pena fu tramutata in ergastolo.

Nel 1980, il governo cinese organizzò una serie di “processi speciali” per identificare i responsabili della Rivoluzione culturale.
Nel 1981 il governo emise il verdetto bomba: Lin Biao doveva essere ritenuto, insieme a Jiang Qing, uno dei capi delle principali “cricche controrivoluzionarie” responsabili degli eccessi alla fine degli anni ’60!

Ma chi era stato davvero Lin Biao?

La sua fu una vita politica vissuta sempre all’ombra di Mao, il Grande Timoniere.
Si può dire che fosse stato uno dei suoi più fedeli generali durante la guerra civile con il Kuomindang e nel corso della resistenza della Cina all’invasione giapponese.
Così, nel 1959, a Lushan, Lin Biao ricevette il suo primo incarico di vertice e venne nominato Ministro della difesa.

A partire da quell’ anno Lin iniziò a redigere il famoso Libretto Rosso, che vide la luce nel 1964, e sul quale erano riportati i pensieri e i detti di Mao Zedong.
Quel libretto divenne il testo di riferimento della Rivoluzione Culturale, ed in virtù del suo stile semplice e diretto, penetrò in ampi strati di popolazione.
Fu un’impresa non da poco, considerando che fino al 1956, secondo quanto riporta Laura De Giorgi nel suo libro “La Cina, verso la modernità”, il 78% della popolazione cinese era analfabeta.

Durante gli anni della Rivoluzione culturale, di quel libro vennero stampate circa un miliardo di copie, che insieme alle immagini del Presidente, diffuse su larghissima scala, contribuirono a fondare un vero e proprio culto della personalità di Mao.

Il libretto “rosso” venne usato da Lin Biao per trasformare l’Esercito di Liberazione del Popolo nel braccio ideologico della rivoluzione.
Il buon soldato doveva essere l’incarnazione del buon cittadino maoista. Così Lin Biao, stando alla testa di questa “milizia popolare”, vide accrescere di molto la propria influenza.

Lin fu ritenuto dunque il successore ideale di Mao: la sua fede nel Presidente ed il valore militare, dimostrato sul campo, facevano di lui l’unico elemento su cui si potesse totalmente contare all’interno del Politburo di cui Mao.

Lin Biao

Il valore militare, come si è appena ricordato, non era mancato a Lin Biao. Travestito da soldato imperiale giapponese venne ferito dal fuoco amico. Lin si fece fama di generale “che non perse mai una battaglia“, dalla Lunga Marcia, cominciata nel 1934, a partire dalla ritirata dai nazionalisti, fino alla presa di Pechino, avvenuta nel 1949.
Di salute precaria, Lin, a causa dei postumi delle ferite ricevute in battaglia, divenne dipendente da morfina e in generale dagli oppiacei.
Quella debolezza, seppur controllata, gli provocò comunque alcuni problemi psichici.
Nonostante la salute precaria, l’impegno di Lin fu sempre teso ufficialmente, a non contrariare le aspettative di Mao.

Lin Biao in una foto del 1937

Quando la Rivoluzione culturale raggiunse il culmine, le Guardie Rosse si spinsero ad agire in tutto il paese, per “assaltare il quartier generale” del potere costituito.
L’agitazione contagiò tutti gli strati sociali, finendo fuori dal controllo delle strutture politiche della Repubblica Popolare.
Mao fu così costretto ad affidare all’Esercito di liberazione, di cui Lin era comandante, dei compiti di controllo sulle Guardie Rosse, oltre al coordinamento dei ministeri.
l risultato fu che in alcune province, nelle quali la violenza delle Guardie era sfuggita di mano, i militari si impadronissero del governo locale, prendendo dunque un potere eccessivo:
Fu a questo punto che, probabilmente, avvenne la rottura tra maestro e discepolo.

Il ruolo di Lin Biao e dei generali a lui più fedeli iniziò a preoccupare il Grande Timoniere.
Stava forse Lin programmando una sua ascesa a numero uno della nazione?
L’assenza di una smentita di fatto da parte del generale costituì per Mao la prova che qualcuno lavorava contro di lui “dietro le quinte” e che presto si sarebbe dovuto far fronte a “qualcosa di sinistro”.
Oltretutto erano emerse inoltre profonde divergenze politiche tra Lin Biao da un lato, e Mao ed il primo ministro Zhou Enlai, dall’altro.

Il primo, forse proprio perché era a capo dell’Esercito, favoriva un ruolo di primo piano in favore dell’esercito nell’amministrazione del Paese, mentre gli altri due vedevano nell’amministrazione militare solo un momento di transizione verso il ritorno ad un governo interamente civile.
Dopo una riunione generale del Comitato centrale del Pcc, proprio così come era sorto, nel corso del 1970 l’astro di Lin declinò.
Mao decise di togliere influenza all’Esercito per favorire la fazion più vicina a lui, quella della moglie Jiang Qing.
Doveva solo liberarsi definitivamente di Lin Biao.
Mao iniziò a valutare l’ipotesi di una rimozione del suo ormai ex numero due, ma era necessario un pretesto più che valido per disfarsene e i fatti già ricordati e il misterioso incidente aereo, glielo fornirono.

Quasi due anni dopo quei fatti, nell’agosto del ’73, il complotto venne denunciato e qualsiasi traccia di Lin Biao fu cancellata.
Nessuno, ricorda Fenby, avrebbe mai più fatto riferimento a lui come “il seguace più fedele di Mao e il suo successore designato“.

Lin non fu mai più riabilitato politicamente.

Per decenni il suo nome e la sua immagine furono censurati in Cina, ma negli ultimi anni un’immagine equilibrata di Lin è riapparsa nella cultura popolare.
Alcuni suoi assistenti e i familiari sopravvissuti hanno pubblicato le loro memorie e gli studiosi analizzato la maggior parte delle prove rimaste sulla sua vita e la sua morte.
Lin Biao ha ricevuto visibilità persino dai media ufficiali cinesi: sono infatti riapparsi film che fanno riferimento a lui e il suo nome è tornato ad apparire sui libri di storia cinesi, riconoscendo il suo contributo alla vittoria dell’Armata Rossa cinese.

In Cina oggi Lin è considerato uno dei migliori strateghi dell’Armata Rossa cinese, e nel 2007, un ritratto di Lin è stato aggiunto al Museo militare cinese di Pechino ed è comparso nella mostra sui “dieci marescialli”, il gruppo dei fondatori delle Forze Armate cinesi.

Un foglietto filatelico con i dieci Marescialli cinesi

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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