di Carlo Pavia
L’entrata è attraverso un chiusino su marciapiede (foto 2) in prossimità delle Mura Aureliane, presso Porta Maggiore (foto 1).
Una scala a chioccola in metallo permette di raggiungere il primo piano sotterraneo costituito da un paio di sale con pareti contenenti nicchie a colombario e basso bancone lungo i lati (foto 3 e 4).
Una scala in muratura e gradini in travertino conduce al secondo piano sotterraneo (foto 5 e 6), rimasto praticamente intatto.
foto 5 foto 6
L’intonaco è bianco, le nicchie portano per lo più numeri anziché le consuete tabulae (ansate e non) con il nome o i nomi dei defunti (foto 7 e 8).
foto 7 foto 8
Solo qualche nicchia, certamente appartenuta a personaggi un po’ più ricchi, presentano decorazioni in stucco che le incorniciano (foto 9).
Il colombario, del 1° secolo, aveva un carattere di uso e riuso quasi immediato: in pratica le nicchie venivano affittate solo per un certo periodo di tempo (foto 10).
Non se ne conosce la vastità in quanto le fondazioni moderne hanno tamponato in buona parte i condotti ipogei (foto 11).
Il nome del colombario deriva da una lastra tombale con su scritto Patlacius Maximus rinvenuto al piano più sotterraneo, ma si ritiene non essere relativo al cimitero.
Per saperne di più, Carlo Pavia ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore.
Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.