Le origini della festa del 1° Maggio

Quali i fatti dietro la Festa del Lavoro?

La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori viene celebrata il 1º maggio di ogni anno in molti Paesi del mondo per ricordare l’impegno del movimento sindacale e i traguardi raggiunti dai lavoratori in campo economico e sociale.
La festa ricorda le battaglie operaie, in particolare quelle volte alla conquista di un diritto ben preciso: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore (in Italia con il r.d.l. n. 692/1923), a metà Ottocento non era raro che i turni arrivassero anche a 16 ore al giorno e i casi di morte sul lavoro erano abbastanza frequenti.
Tali battaglie portarono alla promulgazione di una legge che fu approvata nel 1867 nell’Illinois (USA). La Prima Internazionale richiese poi che legislazioni simili fossero introdotte anche in Europa.
La sua origine risale a una manifestazione organizzata a New York il 5 settembre 1882 dai Knights of Labor, un’associazione fondata nel 1869. Due anni dopo, nel 1884, in un’analoga manifestazione i Knights of Labor approvarono una risoluzione affinché l’evento avesse una cadenza annuale.
Altre organizzazioni sindacali affiliate all’Internazionale dei lavoratori – vicine ai movimenti socialisti ed anarchici – suggerirono come data della festività il primo maggio.

Una vignetta satirica sui “cavalieri del lavoro”

Ma a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti nei primi giorni di maggio del 1886 a Chicago (USA) e conosciuti come rivolta di Haymarket. Il 3 maggio i lavoratori in sciopero di Chicago si ritrovarono all’ingresso della fabbrica di macchine agricole McCormick.
La polizia, chiamata a reprimere l’assembramento, sparò sui manifestanti uccidendone due e ferendone diversi altri. Per protestare contro la brutalità delle forze dell’ordine gli anarchici locali organizzarono una manifestazione da tenersi nell’Haymarket square, la piazza che normalmente ospitava il mercato delle macchine agricole.
Questi fatti ebbero il loro culmine il 4 maggio quando la polizia sparò nuovamente sui manifestanti provocando numerose vittime, anche tra le stesse forze dell’ordine.

L’11 novembre del 1887 a Chicago (USA), quattro operai, quattro organizzatori sindacali e quattro anarchici furono impiccati per aver organizzato il 1º maggio dell’anno precedente lo sciopero e una manifestazione per le otto ore di lavoro.
Il 20 agosto fu emessa la sentenza del tribunale: August Spies, Michael Schwab, Samuel Fielden, Albert R. Parsons, Adolph Fischer, George Engel e Louis Lingg furono condannati a morte; Oscar W. Neebe a reclusione per 15 anni.

Otto uomini condannati per essere anarchici, e sette di loro condannati a morte. Le ultime parole pronunciate furono:

Spies: “Salute, verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che oggi soffocate con la morte!”
Fischer: “Hoch die Anarchie! (Viva l’anarchia!)”
Engel: “Urrà per l’anarchia!”
Parsons, la cui agonia fu terribile, riuscì appena a parlare, perché il boia strinse immediatamente il laccio e fece cadere la trappola. Le sue ultime parole furono queste: “Lasciate che si senta la voce del popolo!”

L’allora presidente Grover Cleveland ritenne che la festa del primo maggio avrebbe potuto costituire un’opportunità per commemorare questi episodi. Successivamente, temendo che la commemorazione potesse risultare troppo a favore del nascente socialismo, stornò l’oggetto della festività sull’antica organizzazione dei Cavalieri del lavoro. Pochi giorni dopo il sacrificio dei Martiri di Chicago, i lavoratori di Chicago tennero un’imponente manifestazione di lutto, a prova che le idee socialiste non erano affatto morte.

Attualmente il Primo Maggio è giorno di festa nazionale dedicata alle celebrazioni per il lavoro in molti Paesi: da Cuba alla Turchia, dal Brasile alla Cina e poi Russia, passando per il Messico anche se non lo è negli Stati Uniti, Paese da cui, in un certo senso, tutto ebbe inizio, che commemora la ricorrenza il primo lunedì di settembre.

In Europa la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel 1889 e ratificata in Italia due anni dopo. La rivista La Rivendicazione, pubblicata a Forlì, cominciava così l’articolo Pel primo Maggio, uscito il 26 aprile 1890:

“Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento”

Il 1º maggio 1955 papa Pio XII istituì la festa di San Giuseppe lavoratore, perché tale data potesse essere condivisa a pieno titolo anche dai lavoratori cattolici

Tra le prime documentazioni filmate della festa in Italia, il produttore cinematografico Cataldo Balducci presenta il documentario Grandiosa manifestazione per il primo maggio 1913 ad Andria (indetta dalle classi operaie) che riprende la festa in sette quadri, e si può – così – vedere il corteo che percorre le strade affollate della Città: gli uomini, tutti con il cappello, seguono la banda che suona, con alcune bandiere.

Durante il ventennio fascista, a partire dal 1924, la festività fu anticipata al 21 aprile, in coincidenza con il Natale di Roma, per poi essere riportata al primo maggio dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945.

Nel 1947 la ricorrenza venne funestata a Portella della Ginestra (PA), quando la banda di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone undici e ferendone una cinquantina

Francesca Di Folco: giornalista, insegnante e curiosa della vita


Un commento su “Le origini della festa del 1° Maggio

  1. C’è da chiedersi se in Italia, in provincia di Latina abbia ancora lo stesso significato di affermazione dei diritti dei lavoratori oppure la commemorazione di qualcosa che adesso non c’è più. Il lavoro dovrebbe dare alcune certezze, intanto la possibilità di avere un tetto (in proprietà o in affitto), di potersi formare degli affetti stabili e duraturi, insomma una dignità di persone, libere dai condizionamenti. Anche la tutela della salute dei lavoratori e il rispetto di chi lavora. Abbiamo assistito a troppe indagini sul caporalato che hanno anche coinvolto tra gli organizzatori di un sistema malato di un dirigente sindacalista e di un ispettore del lavoro. Ogni volta c’è un politico, un amministratore, un dirigente che casca dal pero fingendo che tutto sia avvenuto a loro insaputa. Troppe crisi aziendali annunciate e previste senza che nessuno sia intervenuto. Troppe situazioni nelle quali si ha la sensazione che ci siano lavoratori di serie A (a seconda della sigla sindacale e politici) e lavoratori di nessuna serie. Il messaggio di odio veicola facilmente con il terrore dei lavoratori di essere licenziati senza nessuna causa, solo per non essere dei signorsì. Troppi impianti e aziende a rischio imposte in nome di un “progresso” che poi diventa veleno di ogni genere. C’è bisogno di una nuova consapevolezza delle persone per non essere costretti ad essere schiavi o servi

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