Il ritorno di Edmond Taralles

Nel vasto mondo, dunque, si consumava ancora una volta il dramma umano delle parti, con la caduta in disgrazia di Monsignor Missitalia da un lato, e il rifiorire dei destini del risorto Mons. Verafé e del ricicciato Direttore del Fogliaccio, Ognissanti Frangiflutti, dall’altro.

Contemporaneamente, nelle camerate squallide dell’ospedale, si portava avanti il “Piano Montecristo”, studiato a puntino dagli amici di Lallo, che si erano riuniti in casa Cervellenstein per trovare un modo di liberarlo, riportandolo fuori, verso la sua vita di sempre.
Afid, alias il Dottor Ofelio Stupazzoni, aveva introdotto e riposto nel suo armadietto una fiala di “Dormibov”, il potentissimo sedativo in grado di simulare la morte apparente nelle vacche di razza Pinzgauer, pronto ad usarlo su Nestore Faria.
Altre somme poi, stornate dal suo programma di versamento della peperonata nei serbatoi delle Smart e in quelli delle moto di grossa cilindrata, erano state stanziate in sovrappiù da Omar Tressette per corrompere l’infermiere sosia di Boris Karloff, che avrebbe dovuto favorire e avallare la sostituzione di Lallo al “cadavere” di Faria.

Boris Carlov, l’infermiere

Afid allibì vedendo quel faccione, lungo, bieco e triste, illuminarsi come un luna park alla vista dei soldoni, e non fu tutto: la bocca, sempre sottile, stretta e asciutta, di Karloff, si piegò all’insù vertiginosamente, in un sorriso da Jolly Joker, mentre i suoi arti allampanati improvvisarono, scrocchiando a tempo, una giga irlandese.
Anche quell’aspetto della faccenda era dunque sistemato, ora si trattava solo di distrarre l’imbizzarrito Dottor Frangiflutti, che poteva rivelarsi imprevedibile, ma per sbrigare questo lavoro si era offerto Benny Syracuse, che su di lui aveva una presa ferrea.
Gli altri degenti della stanza ignoravano del tutto il piano.
Quando Benny era stato messo al corrente della macchinazione dallo pseudo Dottor Stupazzoni, aveva allargato faccia e cicatrici in una risata silenziosa, poi aveva portato Afid in ambulatorio accusando dolori reumatici al più lungo dei suoi sfregi, e una volta che fu lontano dalla portata di chiunque, si era abbandonato ad una rumorosa soddisfazione:
“Ben fatto boys! Quello guaglione, Lallo, mi garba very much, lo aiuto volentieri: è uno bravo, man! Il piano poi, è una sciccheria: non vedo l’ora di tornare in azione!
Ah, mi sembra di essere ancora a The Loop, il quartiere dove stavo a Chicago: cosa cacchio non succedeva amico mio! Cose grossissime, incredible things, paesano!
Una volta per convincere un imbecille con la testa di granito, Joe Cuccurulli, a cederci il suo racket delle bombe alla crema, abbiamo assunto anche noi un veterinario, nientemeno che
Santo “Windy” Papaleo.

Santo “Windy” Papaleo

Lo chiamavamo “Windy”, come la nostra città, perché a forza di stare con le bestie faceva delle puzzette più forti e sonore delle loro: dovevate vedere le facce schifate delle vacche quando Santo ne mollava qualcuna! Ad alcune di quelle pezzate si schiarivano le macchie!
Era però nu bravo guaglione che aveva l’esclusiva per curare i cavalli della Police di Chicago e anche lui si era inventato ‘nu beverone che ti mandava all’altro mondo per un bel po’.
Nessuno, nemmeno Horacio, un cavallo che con lui teneva molta confidenza, sapeva com’era fatta quella porcheria: qualcuno diceva che dentro ci metteva oppio, gasolio, erba gatta e coccoina.
Poteva pure essere perché se la bevevi, quella schifezza, oltre ad essere disgustosa, ti lasciava la bocca un po’ appiccicata.
Restavi morto per very long time, freddo come un mummio, almeno fino a quando voleva Windy, che teneva un antidoto.
Noi aspettammo il figlio di Cuccurulli, Archiloco, fuori dal bordello di Mamma Elsie, dove il giovanotto andava di continuo perché, deficiente com’era, si era innamorato di Velia Moskouri, una mezza greca coi capelli rossi, autentici come un titolo del vostro, come si chiama, ah sì, Fogliaccio. Ah, ah ah!!
Appena uscito io e Frank Melanzana saltammo addosso ad Archiloco e gli facemmo bere un po’ dell’intruglio di Windy: l’effetto fu impressionante.

Benny Syracuse e Frank Melanzana aspettano l’uscita di Archiloco Cuccurulli

Scalciò imbizzarrito per qualche minuto, forsennato come un mustang preso al laccio, e nitrì, nitrì a più non posso finchè i nitriti non si affievolirono in prolungati ragli penosi: ne dette due o tre, poi restò immobile, rilassato come un morto.
Io e Frankie ci guardammo in faccia, pallidi come Michael Jackson dopo l’intervento dell’imbianchino: eravamo impressionati, boy, non avevamo mai visto un essere umano fare quei nitriti agghiaccianti!
Tutto finì bene, però, dopo quel trick, quel giochetto: per avere una fialetta di antidoto e riesumare quel cretino del figlio, Cuccurulli ammorbidì il capoccione, ci cedette tutto e andò a trascorrere la pensione facendo volontariato gratuito in un ricovero per orsi diabetici.
Quell’imbecille di Archiloco rinvenne e fece poi una vita normale, si può dire: rilevò il casino di Elsie e si sposò la Moskouri. L’unico strascico della faccenda era che nei momenti di nervosismo riprendeva a nitrire a bocca aperta, roba da far venire i brividi.

Intanto noi finimmo per controllare interamente il racket delle bombe calde alla crema, che a Downtown andavano via più delle pagnotte!”.
Questo colorito beneplacito di Benny diede inizio ai lavori.
Lo sfregiato tenne buono Frangiflutti in versione canina, “Frangy”, con gli irresistibili biscottini a forma di osso, mentre Afid si assicurò che Nestore Faria bevesse il contenuto della fiala.
“Non male – mormorò il centenario prima di ricadere stecchito sul letto – sa di scarpa da ginnastica usata!”

Nestore Faria
Nestore Faria

Furono le sue ultime parole, poi l’effetto Pinzgauer prese il sopravvento, lasciandolo immobile.
“Presto infermieri!! – urlò allora il finto medico Stupazzoni dinanzi agli altri ricoverati che erano trasaliti – Il signor Faria ha avuto una crisi cardiaca. Sbrigatevi con quel defibrillatore!”.
Ci fu un parapiglia generale: troppo personale entrò contemporaneamente, così infermieri, operatori sanitari, medici, un portantino e perfino un addetto alle pulizie, si impicciarono, incastrandosi all’ingresso della stanza.
Due di loro inciamparono nei cavi del defibrillatore, caddero a terra e vi trascinarono gli altri.
Fu il caos, considerando anche che, nel frattempo, Benny aveva il suo da fare nel trattenere il Dottor Frangy che scopriva i denti, ringhiava e abbaiava contro tutto e tutti, minacciando di balzargli contro.
Si perse molto tempo in quella baraonda di urli, latrati e arti annodati, cosicchè Afid, che aveva afferrato la macchina per la rianimazione, dopo aver simulato un paio di scariche su Faria, lo dichiarò ufficialmente deceduto.
Finalmente nella camera si impose un silenzio sconcertato.
“Vado a compilare i documenti – disse asciutto Stupazzoni /Afid – voi andate via tutti, qui resterà solo Bor… voglio dire l’infermiere Vattelapeschi, che intanto preparerà il povero Faria per l’inumazione nel cimitero comunale.
Dovremo far tutto noi perché non risulta che il defunto abbia dei parenti”

Da quel momento in poi tutto avvenne rapidissimamente.
Boris Karloff trasportò Faria nello stanzino usato per comporre i pazienti deceduti, nel quale lo attendeva Lallo, che veloce si sdraiò nella lettiga coprendosi col lenzuolo fin oltre la testa.
Il centenario, rigido come uno stoccafisso, venne invece piazzato dall’infermiere nella cameretta di cui faceva uso personale, e nella quale aveva nascosto la accecante tuta arancione dei manutentori elettrici, che, dopo il suo rinvenimento, sarebbe stata utilizzata da Faria per fuggirsene fuori.

La lettiga col “morto, portata da Boris Karloff, filò come un treno verso l’uscita.
Un furgone delle pompe funebri attendeva il corpo del defunto all’ingresso dell’Ospedale: era stato noleggiato dall’agenzia “Diparto e parto” dal Professor Cervellenstein, che vi si era messo personalmente alla guida, mentre Abdhulafiah ed uno strepitoso, quanto improbabile Marzio Taruffi, strizzati nel composto abito scuro degli addetti al trasporto delle salme, presero in consegna l’estinto.

Percorso per sicurezza un isolato, finalmente Tarallo potè liberarsi del lenzuolo e ritrovò all’interno di quel particolarissimo mezzo, l’abbraccio di Consuelo e dei suoi amici.
La liberazione di Lallo venne festeggiata con una memorabile cena dalla “Sora Panzona”, che si protrasse fino a tarda notte.
Lallo, al quale Taruffi non aveva avuto cuore di riferire le ultime, tremende, novità dal giornale, decise di prendersi qualche giorno di tregua prima di tornare al lavoro.

Non troppo tempo dopo, in un elegante appartamentino nel centro della città, Nestore Faria, tutto rimpannucciato per benino, era in attesa di una visita galante.
Gli amici di Tarallo avevano, infatti, mantenuto tutte le promesse fattegli.
Nestore, appena fuggito, aveva messo un annuncio su un discretissimo sito per gente over Eighty, in cerca di compagnia.
Era una specie di club chiuso, “Ossa in fregola”, che pubblicava anche l’omonima e riservatissima rivista alla quale si era abbonato.

Si trattava insomma di un sito sicurissimo, al quale solo pochi senescenti facoltosi venivano ammessi.
Il suo annuncio (glielo avevano ideato Abdhulafiah e Trudy Taruffi) aveva ricevuto una risposta assai intrigante da una misteriosissima signora che aveva accettato il suo invito.
Il campanello suonò e Faria, sollecito e un po’ emozionato, si sbrigò ad aprire.
Prima ancora di vedere la sua ospite, fu investito in faccia da una densa onda di fumo che lo fece barcollare, poi la donna, attraversando quella nuvola aromatica, entrò, senza mostrare la minima apprensione o il minimo cenno di imbarazzo.
Così lui la potè finalmente osservare..
“Ma noi ci siamo già visti! strillò quasi Faria, alla vistosa e anziana signora che pareva tuttavia ancora in grado di inondare il mondo di fumo e ormoniAhh sì sì, ci sono: lei è la segretaria di quello strizzacervelli col nome strano.. Cerebritin, Cerubinstein che ha organizzato tutto questo bord…”
“Cervellenstein, si chiama Cervellenstein – lo interruppe asciutta la vecchia – ma non stiamo lì a perder tempo con dei convenevoli: non siamo mica alla reception del “Convento Della Divinissima Contemplazione” delle Madri Orsoline, qui c’è da darsi da fare, o no?”
Così tagliò corto la Signora Cleofe, abbonata anch’essa al medesimo sito di incontri per anziani.
Spense dunque la sigaretta in un bicchiere d’orzata mezzo pieno, che era posato su un mobiletto liberty, e, con gli artigli laccati di rosso vermiglio, bene in vista, come quelli di una gatta in procinto di beccare il suo sorcio, si fece incontro al vecchio che, basito, era rimasto paralizzato, a bocca aperta…

La signora Cleofe

Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.

Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti

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