La libertà di stampa, la grande lezione di Camus

“La virtù dell’uomo è di conservarsi tale anche davanti alla negazione dell’umanità”.

Questa frase è di Albert Camus, scrittore e giornalista, premio Nobel per la letteratura; sarebbe bellissimo se fosse scolpita dentro ciascuno di noi e rappresentasse per ciascuno una di quelle incrollabili certezze, messe là per indicarci la via, in ogni tempo e in ogni luogo, quando il rumore sovrasta la ragione e il sentirsi uomini tra gli uomini non è più un fatto scontato.

Albert Camus

Da giornalista, Albert Camus si poneva la questione di conservare questa umanità contro l’arbitrio e la devastazione di un potere disumano, e, con piena coscienza dell’importanza del ruolo di giornalista, si preoccupava della difesa di un giornalismo libero, capace di assumersi una grande responsabilità: non servire la menzogna.

Questi principi sono racchiusi in una lezione attualissima, un testo scritto da Albert Camus nel 1939, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale.
L’articolo, che avrebbe dovuto essere pubblicato dal quotidiano francese “Le Soir Republicain”, è stato riscoperto di recente e divulgato da “Le Monde”.
Il testo risale a un periodo storico nel quale vigeva la censura, per cui la questione non era più come preservare la libertà di stampa, ma come, davanti alla soppressione di questa libertà, un giornalista potesse rimanere nonostante tutto libero, e il problema non era più inquadrato a livello di collettività, ma affrontato a livello individuale: ogni singolo può scegliere di rispondere alla propria coscienza e lottare per ciò in cui crede.  
Ma in fondo non è sempre stato così, in qualsiasi momento della storia umana?
Infatti la domanda che Albert Camus poneva, e che con le sue parole esorta ancora oggi a porsi, è la seguente:

come può un giornalista, malgrado tutte le forme di soppressione della libertà, restare libero?

Ritengo che il problema riguardi ogni singolo individuo di fronte alle scelte della propria vita, rispetto a quei condizionamenti, o pressioni, o censure, chiamiamoli come vogliamo, con i quali prima o poi dobbiamo misurarci. Esiste una sfera che attiene alla nostra coscienza, alle nostre scelte quando, messi davanti a un bivio, dobbiamo decidere quale direzione intraprendere, se servire la Verità o la menzogna, se asservirci a qualsivoglia potere e interesse, o restare lucidi e retti.
La grandezza di Camus, ancora una volta, consiste in questa sua integrità e lucidità di pensiero, la sua è una grande lezione di umanità.

Secondo Albert Camus sono quattro le virtù essenziali per la difesa del giornalismo libero:  la lucidità, la capacità di rifiutarsi, l’ostinazione e l’ironia.

La lucidità presuppone la resistenza agli impulsi dell’odio e al culto della fatalità” e soprattutto sostiene Camus “Un giornalista libero, nel 1939, non dispera e lotta per ciò che crede vero come se la sua azione potesse influire sul corso degli eventi. Non pubblica niente che possa istigare all´odio o provocare la disperazione. Tutto questo è in suo potere”.

Albert Camus

La lucidità fa il paio con la capacità di opporre il proprio No, di seguire la propria coscienza e la propria rettitudine:

“Dinanzi alla marea crescente della stupidità è anche necessario opporre qualche rifiuto. Non c’è coercizione al mondo che possa indurre una persona con un minimo di rettitudine ad accettare di essere disonesta. Ora, per poco che si conosca il meccanismo dell´informazione, è facile accertarsi dell’autenticità di una notizia. Ed è a questo che un giornalista libero deve prestare tutta la sua attenzione. Infatti, se non può dire tutto quello che pensa, gli è possibile non dire quello che non pensa o che crede falso.”

È a questo punto che Camus esorta a considerare una libertà in negativo, come forma più importante di libertà: 

Un giornale libero si valuta tanto per quello che dice quanto per quello che non dice. Questa libertà in negativo è di gran lunga la più importante, se la si riesce a mantenere. Perché prelude all´avvento della vera libertà. Di conseguenza, un giornale indipendente indica la fonte delle sue informazioni, aiuta il pubblico a vagliarle, ripudia il lavaggio del cervello, evita le invettive, sopperisce con dei commenti all´uniformazione delle informazioni e, in breve, serve la verità nell´umana misura delle sue forze. Questa misura, per relativa che sia, gli permette almeno di rifiutare ciò che nessuna forza al mondo potrebbe fargli accettare: servire la menzogna.”

Ecco, è nell’esercizio di questa libertà in negativo che possiamo e dobbiamo essere liberi, opporre il nostro NO,  rifiutarci di servire la menzogna, sentirci responsabili davanti agli eventi e non semplicemente farci travolgere da essi, o seguirne la scia per convenienza.
Ma ancora e soprattutto, continua a dirci Albert Camus:

“Se soltanto ognuno fosse disposto a sostenere nel suo raggio d’azione tutto ciò che ritiene vero e giusto, se volesse dare il suo piccolo contributo al mantenimento della libertà, resistere all’abbandono…” esortandoci alla responsabilità individuale perché “Nessuno vuole ricominciare tra venticinque anni la duplice esperienza del 1914 e del 1939, perciò bisogna sperimentare un metodo completamente nuovo, basato su giustizia e generosità. Ma queste non si esprimono che nei cuori già liberi e nelle menti ancora lungimiranti”.


Come risvegliare queste menti? Come infiammare questi cuori?

“Formare questi cuori e queste menti, o piuttosto risvegliarli, è il compito insieme modesto e ambizioso che pertiene all’uomo indipendente.”

Sia esso scrittore e giornalista… ma anche insegnante, studente, operaio, genitore… purché conservi la propria Umanità, che è lo stesso che conservare la propria libertà.

“La Storia potrà tenere conto o no di questi sforzi, ma saranno stati fatti”

Il pensiero di Camus, pur maturato in un contesto storico differente, è attuale più che mai; viviamo un tempo nel quale i mezzi di informazione sono sempre più veloci e invasivi, e la disinformazione interessata, la propaganda distorsiva e la menzogna, imperano sempre più; perciò è importante che le coscienze non siano tacitate, né soffocate, e che tutti siano in grado di discernere il vero dal fazioso, interrogandosi e ascoltandosi per restare Umani, per opporre il proprio No all’uniformazione al ribasso, pericolo incombente che attenta continuamente alla nostra Libertà.

Un giornalista libero “non pubblica niente che possa istigare all´odio o provocare la disperazione. Tutto questo è in suo potere

Fino a poco tempo fa mi sono nascosta dietro l’eteronimo di Nota Stonata, una introversa creatura nata in una piccola isola non segnata sulle carte geografiche che per una certa parte mi somiglia.
Sin da bambina si era dedicata alla collezione di messaggi in bottiglia che rinveniva sulla spiaggia dopo le mareggiate, molti dei quali contenevano proprio lettere d’amore disperate, confessioni appassionate o evocazioni visionarie.
Oggi torno a riprendere la parte di me che mancava, non per negazione o per bisogno di celarla, un po’ era per gioco un po’ perché a volte viene più facile non essere completamente sé o scegliere di sé quella parte che si vuole, alla bisogna.
Ci sono amici che hanno compreso questa scelta, chiamandola col nome proprio, una scelta identitaria, e io in fin dei conti ho deciso: mi tengo la scomodità di me e la nota stonata che sono, comunque, non si scappa, tentando di intonarmi almeno attraverso le parole che a volte mi vengono congeniali, e altre invece stanno pure strette, si indossano a fatica.
Nasco poeta, o forse no, non l’ho mai capito davvero, proseguo inventrice di mondi, ora invento sogni, come ebbe a dire qualcuno di più grande, ma a volte dentro ci sono verità; innegabilmente potranno corrispondervi o non corrispondervi affatto, ma si scrive per scrivere… e io scrivo, bene, male…
… forse.
Francesca Suale

3 commenti su “La libertà di stampa, la grande lezione di Camus

  1. Concordo con l’articolo e con Albert Camus, purtroppo. Ogni epoca storica e politica, ha il suo potere che si esprime in varie forme, più o meno evidenti di censura e di condizionamenti sull’informazione libera. Particolarmente vero in un periodo nel quale le persone, l’opinione pubblica sono quanto mai disorientate con scarsi od effimeri riferimenti, conseguenti al crollo di ideologie, del credito di istituzioni, religioni. Paradossalmente la sensazione “occidentale”, “liberale”, “consumistica”, del “capitalismo” o “dell’imprenditoria” altro non sono che un modo di controllo, di condizionamento, di censura. Mi è capitato di confrontarmi con persone importanti, autorevoli nelle istituzioni o della Chiesa su questi aspetti che mi chiedevano cosa ne pensassi di quello che, in teoria, mi ritengono “esperto”. La mia risposta è stata sempre simile. Solo chi ha perso tutto è libero. Oppure chi non ha paura di perdere tutto e ricominciare. Oppure chi conosce certe situazioni o meccanismi o semplicemente chi sa accettare la propria condizione. Questa mancanza di libertà diventa servilismo, opportunismo. In molti casi gli organi di informazione o alcuni loro esponenti, come scrive Travaglio “pagherebbero per vendersi”. Secondo me sono alla ricerca costante di un padrone. Alcuni “giornalisti”, anche “direttori” li abbiamo visti transitare da direzione di testate ad addetti stampa di parlamentari o consiglieri regionali o amministratori locali. O vicevresa. In qualche caso, addirittura, di consiglieri comunali se non di aziende. Questa predisposizione al servilismo è spesso figlia dell’ignoranza. Come dimostrano le interviste a tanti cittadini che andavano a firmare questa o quella richiesta, petizione, denuncia solo “perché mi fido di Tizio”… quando poi lo stesso “Tizio” dichiara di non sapere di cosa si parli oppure, quando gli fanno notare che aveva votato a favore di quello che oggi contesta risponde “non so perché ho votato così”. Invito ciascun lettore a chiedersi, a proposito delle persone che incontra, frequenta, con cui si confronta, secondo lui o lei, quanti siano le persone effettivamente libere. O di quante persone vorrebbero essere veramente libere

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