ArcheoTour, S. Pietro in Vincoli

di Carlo Pavia

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La basilica fu fatta costruire nel 442, presso le Terme di Tito all’Esquilino, da Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II e moglie di Valentiniano III sul luogo di un precedente luogo di culto cristiano indicato come titulus apostolorum.
Da esplorazioni archeologiche effettuate sotto l’attuale basilica è stata evidenziata l’esistenza di un intricato complesso urbanistico, databile tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C., che sorgeva sulla sommità ovest del complesso detto della Domus Transitoria neroniana, abitazione romana composta di un cortile, un porticato con vasca, un criptoportico e giardini.
La domus è forse databile al IV sec. d. C. successivamente fu costruita un’ampia aula absidata. Questo complesso fu in seguito demolito e nella seconda metà del IV secolo, sull’area fu costruita una spaziosa chiesa di tipo basilicale dedicata agli Apostoli di cui era titolare il Presbitero Filippo, Legato Pontificio nominato da Papa Celestino I al Concilio di Efeso (431) il quale in uno scritto la cita con nome di Ecclesia Apostolorum.

La chiesa andò distrutta per cause ignote, ma Filippo, con l’intervento di Licinia Eudossia, la fece ricostruire tra il 422 e il 470 mantenendone le medesime dimensioni (larga metri 28 e lunga metri 60 circa).
Secondo la tradizione Elia Eudocia, madre di Eudossia, durante un viaggio in Palestina nel 442, avrebbe avuto in dono da Giovenale Patriarca di Gerusalemme, le catene che avrebbero avvinto San Pietro durante la prigionia, subita a Gerusalemme, per ordine di Erode Agrippa.
Elia Eudocia, incaricò la figlia Licinia Eudossia di portarle a Roma.
Nel 432 fu eletto Papa Leone I, la tradizione della Chiesa racconta che Licinia Eudossia mostrò le catene di Pietro a Leone I, che le avvicinò a quelle che furono di Pietro nel Carcere Mamertino. Per miracolo le due catene si fusero in maniera irreversibile.

La chiesa di San Pietro in Vincoli è famosa perché contiene il grande capolavoro di Michelangelo, il Mosè. Ma anche perché custodisce, in un’urna di vetro, le catene di San Pietro.

In quegli anni, sia l’Impero sia il Papato erano in grosse difficoltà a causa delle continue scorribande di popolazioni barbare che forzavano i confini dell’impero arrivando a minacciare anche Roma.
Nei sotterranei della chiesa, accessibili dal nartece, è possibile ammirare un bel tratto di criptoportico e varie stanze di abitazioni con murature tagliate dal piano della chiesa attuale e numerosi tratti musivi policromi.


Per saperne di più, Carlo Pavia, ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore

Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.

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