Il quartiere ebraico è uno dei più suggestivi e belli di Praga e il suo nome, Josefov, deriva da quello dell’imperatore Giuseppe II che nel 1781 decise di eliminare le leggi restrittive che limitavano la vita degli ebrei nell’impero asburgico.
Il nome di Josefov fu la dedica della comunità ebraica a Giuseppe II, l’imperatore che, per primo, si sforzò d’integrarla nella vita sociale dell’Impero.
Prima di allora le cose erano state ben diverse, ed un muro invisibile si parava a separare tra loro i cittadini della stessa nazione.
Durante il XVI e il XVII secolo, ad esempio, soprattutto a causa dell’ostilità dei cristiani, tutti gli ebrei dovevano indossare un simbolo identificativo di colore giallo.
Con la sua Patente di Tolleranza emessa nel 1781, seguita l’anno dopo dall’Editto di Tolleranza, l’imperatore Giuseppe II estese la libertà di culto ai cristiani non cattolici (e quindi a luterani, calvinisti, ortodossi) all’interno dei territori del suo impero. A queste minoranze venne permesso di celebrare le rispettive liturgie in forma privata.
L’editto venne esteso anche agli ebrei, a cui era concessa la libertà di svolgere le proprie attività commerciali, dando loro la possibilità di frequentare le scuole di lingua tedesca. Fu stabilita l’abolizione del battesimo forzato che invece era in uso da diverso tempo contro i giudei.
Uno degli aspetti sicuramente più rilevanti della politica di governo di Giuseppe II fu il cosiddetto “giuseppinismo”, che cambiò con una svolta radicale la concezione della religione. Con gli atti del 1781 l’imperatore abolì le discriminazioni religiose nei confronti sia dei protestanti che degli ortodossi, consentendo contemporaneamente l’emancipazione degli ebrei.
La Chiesa cattolica dell’Impero fu posta sotto il completo controllo dell’autorità statale e con ciò si resero più difficili se non impossibili i rapporti dei vescovi locali con Roma: ci fu l’estensione del placet governativo a tutti gli atti che provenivano da Roma, la limitazione o la soppressione delle immunità della Chiesa, specialmente il foro ecclesiastico, si vietò ai vescovi il permesso di dare le dispense matrimoniali senza ricorrere alla Curia di Roma.
L’interdetto dell’appello a Roma, ostacolò le relazioni dirette con la Curia romana, favorendo la sottrazione dei religiosi locali dalla dipendenza versi i loro superiori di stanza a Roma, e si stabilì l’esclusiva giurisdizione statale sul matrimonio religioso, e questo non solo nei domini austriaci, ma in tutto lo sterminato impero.
Le riforme ecclesiastiche giuseppine, oltre a colpire le prerogative pontificie sulla base delle dottrine giurisdizionaliste e a smantellare il sistema postridentino, puntavano inoltre a creare una Chiesa nazionale. Tali idee erano state diffuse in Austria, fin dal 1763, dal libro “De statu ecclesiae et legitima potestate Romani Pontificis” del vescovo di Treviri, Johann Nikolaus von Hontheim.
Nel 1782 papa Pio VI, nel tentativo di far recedere l’imperatore dalla sua politica antipista, si recò a Vienna tra il febbraio e il giugno, e quella fu la prima uscita di un pontefice fuori dei confini dello Stato pontificio dopo più di due secoli.
La mossa non riuscì, nonostante piccole concessioni, ad ottenere un cambiamento nella politica imperiale e portò nel 1784 alla stipula tra Roma e Giuseppe II di una Conventio amicabilis, con cui il pontefice accettava la riorganizzazione diocesana dei territori asburgici.
Chi riuscì in questo genere di politica autonomistica fu appunto Giuseppe II, che nacque a Vienna il 13 marzo 1741, quarto figlio, il primo maschio, di Maria Teresa d’Austria e di Francesco I di Lorena, divenuti entrambi imperatori del Sacro Romano Impero Germanico de iure nel 1740, de facto nel 1748.
La sera stessa della sua venuta alla luce, Giuseppe II venne battezzato e singolari furono i suoi padrini: Benedetto XIV partecipò per procura delegando l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Sigismund von Kollonitz, mentre il re Augusto III di Polonia venne rappresentato in questa occasione dal feldmaresciallo Giuseppe Federico di Sassonia-Hildburghausen. Al bimbo furono imposti i nomi di Giuseppe Benedetto Augusto Giovanni Antonio Michele Adamo.
Maria Teresa predispose per lui un’educazione orientata al meglio delle conoscenze culturali e militari dell’epoca, con gli studi degli scritti di Voltaire e degli altri enciclopedisti francesi da una parte, e l’esempio di Federico II di Prussia dall’altra. Ufficiali di governo istruirono il ragazzo sui meccanismi di funzionamento e sui dettagli dell’amministrazione delle numerose componenti dello stato imperiale.
Il 27 marzo 1764 Giuseppe II, reputato ormai sufficientemente adulto da poter condividere i poteri paterni, per poterlo consacrare quale futuro erede al trono imperiale, venne prescelto a Francoforte sul Meno, di fronte alla dieta imperiale riunita, quale re di Germania (titolo sussidiario a quello di imperatore del Sacro Romano Impero) e venne incoronato il 3 aprile di quello stesso anno, assumendo il motto personale “Virtute et exemplo”.
Nel 1765, alla morte improvvisa del padre, Giuseppe II poté assurgere anche al trono del Sacro Romano Impero.
Nello stesso anno venne altresì associato ufficialmente alla madre come co-reggente su tutti gli stati di collazione arciducale, senza però avere la possibilità di dare spazio alle proprie iniziative di governo, tranne quelle in campo militare.
Nel 1760 aveva intanto sposato Isabella di Parma, che però era morta pochi annidopo, per un vaiolo contratto dopo il parto. Nel 1765, mesi prima di salire al trono, Giuseppe si risposò con Maria Giuseppa di Baviera, sua cugina della casata dei Wittelsbach.
Sappiamo dai documenti d’epoca che in moltissime occasioni Giuseppe aveva manifestato idee completamente opposte a quelle della madre, soprattutto in politica interna, ma fu comunque soggetto alla predominante figura di Maria Teresa, che comunque aveva contribuito ad instradare la sua educazione verso gli ideali dell’illuminismo, fondamento poi della base della sua politica.
Giuseppe II rimase un sovrano famoso per quello che venne definito come “dispotismo illuminato”, ossia per essere stato un sovrano assoluto che seppe fare proprie le teorie illuministe all’interno del suo governo. L’Illuminismo, movimento politico, sociale, culturale e letterario sorto nella prima metà del Settecento, credeva nel buon governo dei sovrani attraverso l’uso della ragione e del buonsenso. Contrario alle reminiscenze medievali incrostate ancora all’interno della società moderna, predicava l’abolizione dei privilegi feudali e dell’assolutismo attraverso la divisione dei poteri politici tra funzionari diversi.
Giuseppe II, al pari del fratello Leopoldo II che gli succedette alla sua morte, apportò numerose riforme politiche in virtù dei suddetti princìpi illuministi, scontrandosi spesso, tuttavia, col carattere autoritario e conservatore della madre.
Giuseppe II, quindi, deve la sua reputazione soprattutto al fatto di essere stato uno dei maggiori sovrani della storia, con Federico il grande e Caterina di Russia, tra quelli che propugnarono l’illuminismo.
Questo si può dedurre in prima istanza proprio dai suoi scritti, dai quali si evince che concepiva il proprio ruolo di capo della nazione come un dovere da adempiere per essere il tramite che legava Dio al suo popolo, incentrando sempre più il ruolo di governo sulla sua persona, pur mantenendo una politica pervasa dagli ideali di stampo illuminista:
“Tutto per il popolo, ma niente attraverso il popolo”
è il motto con cui sovente si è identificata la condotta del regno di Giuseppe II.
Egli voleva fare dell’Austria un potente stato unitario con la Germania, abolendo tutte le differenze e i privilegi linguistici e culturali che contraddistinguevano le parti del Sacro Romano Impero sottoposte alla sua guida. Ciò scatenò quasi ovunque tendenze nazionaliste e rivolte popolari che lo fecero recedere da questo progetto.
Giuseppe II, come sua madre prima di lui, introdusse dunque numerose riforme che apportarono un grande benessere all’interno dell’impero. Maria Teresa stessa fu anche responsabile della creazione dell’ospedale di Vienna e dell’obbligatorietà del vaccino anti-vaiolo. Inoltre, si preoccupò di istituire anche il catasto, il Consiglio di Stato e di creare un esercito stanziale.
Si accordò con la Prussia e con la Russia per la spartizione della Polonia (1772) e tentò di annettere la Baviera (1778), in cui si era aperta una crisi dinastica, ma si scontrò con la Prussia che, alleata con la Sassonia, lo costrinse alla Pace di Teschen (1779).
Nel 1780, alla morte di Maria Teresa, Giuseppe II divenne l’unico sovrano
Continuò tuttavia la politica di riforme della sovrana defunta, e con maggiore incisività, creando un sistema esemplare di dispotismo illuminato. In politica interna favorì lo sviluppo economico sulla base di una concezione fisiocratica, con l’aiuto di una riorganizzazione amministrativa imperniata sull’accentramento dell’apparato statale.
Attuò anche una riforma fiscale perequativa mediante la tassa fondiaria uniforme, il perfezionamento del catasto (1785) e un accurato censimento. Tra il 1781 e il 1782 eliminò la servitù della gleba e tentò di sostituire i canoni feudali con il pagamento di una quota fissa.
Limitò anche i privilegi delle corporazioni e promosse la libertà di scambio, sopprimendo monopoli e privilegi signorili, ed infine diede grande impulso alla produzione industriale mediante il protezionismo.
In virtù delle teorie illuministe, che volevano l’abolizione dei privilegi feudali e della pena di morte, nel 1787 emanò un nuovo codice penale nel quale la pena di morte era contemplata solo per pochissimi delitti.
Abolì inoltre la tortura e, come abbiamo visto, il servaggio della gleba, e si batté per l’uguaglianza delle pene tra i suoi sudditi e tra i residui dei privilegi feudali ancora in uso, soppresse le decime e le corvée.
Non ebbe mai buoni rapporti con il clero, ma si preoccupò anzi di ridurne il potere imponendogli il pagamento delle tasse.
Grazie alle sue riforme, la Chiesa austriaca venne sottomessa allo Stato e sottoposta al suo controllo. Furono inoltre aboliti vari ordini religiosi considerati irrilevanti, e altri furono espulsi come si era già fatto con i gesuiti. In più, molto rituali religiosi vennero semplificati e resi meno “pomposi”, compreso il processo di sepoltura dei defunti e le processioni.
Nel 1781 l’imperatore emanò la Patente di Tolleranza (Toleranzpatent) per concedere la libertà religiosa agli ebrei e alle minoranze luterane e ortodosse presenti in Austria, paese a maggioranza cattolica. Questo documento fu molto importante perché fu l’unico, nella storia del Settecento, a prendere provvedimenti per il rispetto della cittadinanza globale del Paese, senza alcuna discriminazione.
Tutte queste innovazioni colpivano non solo gli interessi particolaristici della feudalità e della Chiesa, ma anche quelli di alcune nazioni, come i Paesi Bassi e l’Ungheria, che vi si ribellarono approfittando della guerra contro la Turchia del 1788.
In politica estera dunque Giuseppe II subì una serie di rovesci. Alleatosi (1781) con Caterina II di Russia, tentò di nuovo (1785) di annettersi la Baviera, ma non poté superare l’opposizione della Lega dei Principi della Prussia.
Favorì la Massoneria, in quanto aderivano alle logge molti ufficiali di grado elevato, generali e colonnelli, ma anche tenenti e capitani. Alcune logge addirittura potevano essere definite “logge militari” perché costituite in tutto o in gran parte dai militari di guarnigione in una città: quando un reggimento si spostava altrove, crollava il numero degli aderenti.
Nelle logge i nobili erano numerosi e anche i funzionari statali di grado elevato, ma non mancavano i borghesi: banchieri, imprenditori, farmacisti, medici, artisti, dirigenti di aziende private. vi aderirono anche gli artisti e persino diversi ecclesiastici. Questi ultimi naturalmente sfidavano le condanne del papa anche con le loro pubblicazioni. Tra i nobili aderenti alla Massoneria figuravano soprattutto quelli che avevano capito che il mondo dominato dall’aristocrazia terriera era avviato alla fine, rendendo così necessaria una diversa impostazione dei problemi economici e sociali e il lancio della nascente industria.
Così nelle logge si potevan trovare sia il nobile che nella sua signoria aveva prosciugato le paludi che, in altre logge, un diverso tipo nobili, quelli cioè che avevano promosso istituti di beneficenza e fabbriche manifatturiere e società che si occupavano del progresso scientifico o dello sviluppo dell’agricoltura. Questo mondo progressista però venne frenato dalla Patente di Riforma di Giuseppe II, che intendeva regolarizzare l’attività dei massoni per evitare possibili speculazioni.
Troppo illuminato e troppo poco cattolico, durante il suo regno, non credendo nel diritto divino dei re, e come imperatore, continuò l’opera della madre secondo i principi del giurisdizionalismo.
La sua politica ecclesiastica, come si è già accennato, fu chiamata “giuseppinismo” in suo onore e con essa l’imperatore intendeva unificare nelle mani dello Stato i poteri sul clero nazionale, sottraendoli al papa e ai suoi rappresentanti, i nunzi apostolici, in maniera molto simile al gallicanesimo francese.
Un altro rimarchevole aspetto della politica di Giuseppe II fu la sua “ars politica”, che si espresse in maniera compiuta nella sua particolare attenzione alle espressioni artistiche del suo tempo. Per il Burgtheater di Vienna incaricò il compositore Wolfgang Amadeus Mozart di comporre quello che sarebbe divenuto ‘Il ratto dal serraglio”, rappresentato nel 1782, contribuendo a diffondere la lingua tedesca attraverso il canto e la musica operistica. La cooperazione con Mozart venne fedelmente mantenuta anche negli anni successivi con la prima esecuzione, nel 1786, de “Le nozze di Figaro” e, nel 1790, col “Così fan tutte”, quando ormai lo stesso imperatore si era reso conto che il Singspiel in tedesco non aveva attecchito molto e aveva preferito fare ritorno alla lingua italiana, pur promuovendo i talenti della propria patria, come appunto Mozart e Haydn.
Una delle sue preoccupazioni fu il benessere del proprio popolo, in particolare sotto l’aspetto della salute, che egli curò in maniera particolare con la costruzione di un ospedale a Vienna: quel nosocomio prese il nome di “Josephinum” e venne personalmente progettato dal monarca nei più piccoli dettagli.
La sua riforma degli orari di lavoro per operai e braccianti fu invece osteggiata dalla vecchia classe dirigente austriaca, che vedeva nel lavoro a basso prezzo delle classi meno agiate una forma facile di guadagno e sfruttamento.
La riforma della legge fece propri anche alcuni avanzati principi di garanzia, come il principio di legalità, proporzionalità e personalità della pena, il divieto di analogia e l’eliminazione della discrezionalità del giudice. C’era inoltre un’innovativa revisione della figura di reato, che veniva scisso in due grandi categorie: i reati criminali e i reati politici. I primi erano quei comportamenti che violavano norme di diritto naturale, ossia interessi che sempre e in ogni ordinamento saranno tutelati, mentre i secondi erano comportamenti che ogni singolo ordinamento poteva decidere se reprimere o meno, e venivano puniti perché erano proibiti, non perché erano ingiusti.
Molti reati criminali, puniti con pene più dure, vennero declassati a reati politici, quindi puniti con pene meno severe: fra questi, in particolare, i reati religiosi.
Giuseppe impostò tutto personalmente, razionalizzando e uniformando il governo nelle diverse terre dei suoi domini, stando al vertice di una gerarchia in cui egli solo si trovava all’apice come supremo autocrate. Dal personale di governo si aspettava devozione e spirito di servizio nei confronti dello Stato, come ne aveva egli per primo!
Il personale imperiale veniva scelto senza riguardo alla classe sociale o alle origini etniche, ma unicamente in base ai propri meriti. Per sottolineare ancora di più questo bisogno di unità, Giuseppe rese il tedesco l’unica lingua ufficiale per la conduzione degli affari in tutto l’impero, fatto che in particolare nel Regno d’Ungheria venne fortemente osteggiato.
Le vedute troppo moderne di Giuseppe causarono però uno sdegno generale in molti dei territori assoggettati dall’Austria, come l’Ungheria e i Paesi Bassi di giurisdizione austriaca, che nel 1789 si unirono al Belgio.
Giuseppe II morì nel 1790 e, non avendo eredi maschi, lasciò il trono al fratello minore Leopoldo II, che fu costretto ad abolire alcune delle sue riforme.
Bibliografia:
- Karl Gutkas: Kaiser Joseph II. Eine Biographie. Zsolnay, Wien, Darmstadt 1989;
- Francois Fejtö: Joseph II. Porträt eines aufgeklärten Despoten. Matthes & Seitz, München 1987;
- Hans Magenschab: Josef II. Österreichs Weg in die Moderne. Amalthea, Wien 2006;
- Humbert Fink: Joseph II. Kaiser, König und Reformer. Econ, Düsseldorf, Wien, New York 1990;
- François Fejtö: Giuseppe II, Un Asburgo rivoluzionario, Barocci 2014.
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.