Georg Büchner: l’inventore del teatro moderno

“L’autore drammatico non è altro, ai miei occhi, che uno storico, ma sta al di sopra di quest’ultimo, perché egli ricrea per noi la storia una seconda volta: invece di fornirci un racconto secco e spoglio, ci introduce immediatamente nella vita di un’epoca, ci dà caratteri invece di caratteristiche, personaggi anziché descrizioni”.

Così Büchner definiva il proprio compito in una lettera ai familiari del 1835 e neanche venti mesi lo separavano dalla morte in esilio a Zurigo, a soli 24 anni, tutti spesi quasi interamente nell’attività rivoluzionaria e nei prediletti studi scientifici.
L’unico lavoro pubblicato in vita fu “la morte di Danton”, gli altri lo saranno postumi molti anni dopo; e questi lavori sono il tentativo più audace di rinnovamento che la storia del teatro del XIX secolo conosca.
Sembra incredibile il prodigio di vedere come questo giovane abbia potuto precorrere in queste poche opere motivi ideologici la cui riscoperta ad opera del naturalismo, e soprattutto dell’espressionismo all’inizio del Novecento, sarà definita da Walter Benjamin come

“uno dei pochi avvenimenti politico-letterari dell’epoca la cui attualità deve apparire di una luce accecante alla presente generazione”.

Georg Büchner

Georg Büchner nacque il 17 ottobre 1813 a Goddelau vicino Darmstadt in Assia, figlio del medico Ernst Karl Büchner, già al servizio dell’esercito napoleonico e poi consigliere sanitario del governo locale, e di sua moglie Louise Caroline.
Egli era il primo di sei fratelli e a otto anni, iniziò gli studi con la madre che gli insegnò a leggere, scrivere, a fare di conto, lo introdusse alla Bibbia e gli fece conoscere numerose saghe popolari che rivivranno nelle sue opere.
L’anno seguente Georg frequentò la scuola privata del dottor Carl Weitershausens e nel 1825, a dodici anni, entrò nella seconda classe del ginnasio di Darmstadt, il Ludwig-Georgs Gymnasium.
Si interessava soprattutto di scienze naturali, allora alquanto neglette nell’insegnamento scolastico.

Il padre voleva per il figlio una educazione di stampo francese perciò Georg studiò così medicina a Strasburgo dal 1831 al 1833. Furono due anni felici, in cui amò riamato Minna Jaegle, inoltre entrò a fare parte della ‘Société des droits de l’homme’, una associazione di ascendenza giacobina.

La fidanzata di Büchner Minna Jaeglé (ca. 1830)

Costretto a rientrare in Germania per concludere gli studi, abitò nella cittadina universitaria di Giessen, dove conobbe da vicino la miseria atroce delle classi popolari, decise allora di dedicarsi all’organizzazione di una rivolta antiaristocratica e antiborghese. Nel 1834 infatti fondò a Giessen una Associazione per i diritti dell’uomo e redasse l’opuscolo clandestino “Il messaggero dell’Assia”.

Un suo collaboratore, il pastore Weidig fu arrestato, e si suicidò dopo tre anni di carcere preventivo. Braccato dalle autorità Büchner fuggì a Darmstadt e nascosto nella casa paterna scrisse la tragedia ‘La morte di Danton’ cercando di trarne denaro per poter lasciare la Germania.

Nel marzo 1835 fuggì a Strasburgo, dove ritrovò Minna Jaegle e fu qui che divenne membro della ‘Société d’histoire naturelle’, con una prolusione sul sistema nervoso del barbo, un pesce d’acqua dolce. Ricevette quindi la laurea e la docenza in anatomia comparata presso l’Università di Zurigo.
Qui redasse una notevole tesi “Sui nervi del cranio” per poi morire poco dopo a soli ventiquattro anni, a Zurigo nel 1837, di tifo.

Ad esclusione delle due memorie scientifiche e delle lettere, gli scritti di Büchner non superano qualche centinaio di pagine. Altre pagine, tra cui un dramma su Pietro Aretino, pare siano state distrutte subito dopo la sua morte da Minna Jaegle per non dare motivi persecutori agli scagnozzi politici.

La questione sociale, il contrasto tra ricchezza e povertà e il fallimento dell’impegno rivoluzionario del Vormärz fecero sorgere un profondo sconforto nei giovani tedeschi e tale sentimento si riversò ampiamente nelle pagine di Georg Büchner che era convinto della necessità di impegnarsi in prima persona per i propri ideali politici.

Il termine Vormärz (letteralmente prima di marzo) fu coniato dall’autore austriaco Franz Grillparzer in riferimento al clima di particolare eccitazione e di disordine sociale antecedente la fallita Rivoluzione del 1848. Questi disordini furono dovuti a una serie di rincari e di squilibri causati dall’incalzante industrializzazione tedesca.

La letteratura forniva a Büchner la base della sua missione politica.

Dell’insensatezza della vita parla la novella “Lenz”, concepita sempre durante l’esilio forzato a Strasburgo. Per questo testo Georg Büchner ricorse nuovamente a documenti storici autentici relativi alla vicenda del poeta esponente dello Sturm und Drang distrutto dalla schizofrenia.
Se “Lenz” di Georg Büchner è un frammento, un racconto incompiuto, è molto più eloquente di tante opere complete di altri. In poco più di una ventina di densissime pagine si consuma il dramma di Lenz che è l’uomo che cerca forsennatamente, l’uomo che nella furia degli elementi naturali vede rispecchiato il suo caos interiore.
Lenz aveva intrapreso nel 1778 un viaggio nei Vosgi per cercare aiuto presso il pastore Oberlin, che godeva di una buona fama di medico. Oberlin descrisse in un diario la malattia del suo paziente e sulla base di questo materiale e delle sue conoscenze mediche, Büchner compose questo scritto magistrale.
Lenz, presentato all’inizio come un giovane molto simpatico, pieno di fiducia nell’umanità e dotato di sensibilità artistica, purtroppo cade sempre più nel delirio fino a perdersi nella disperazione della depressione e nell’apatia.
Büchner si servì di Lenz per un discorso sul significato della vita: per bocca del protagonista, infatti lo scrittore si pone domande sul senso di tutte le cose.

La veemenza e tensione di elementi irriconciliabili sono invece il motore narrativo nella tragedia “La morte di Danton”. Büchner descrive, attraverso rapide scene, i giorni che precedono l’esecuzione di Georges Danton.
Nel periodo del terrore, Danton è il liberale che invita alla clemenza, rappresenta la sete di vivere, la verità delle cose e si contrappone a Robespierre, col suo feroce dottrinarismo, alla sua esaltazione della virtù che va imposta anche con il terrore.

Danton si ritiene intoccabile, non riesce a credere che Robespierre possa osare ucciderlo.
Nonostante gli avvertimenti non agisce in tempo e viene arrestato nottetempo su decreto del Comitato di Salute pubblica, insieme a Desmoulins e ad altri tre membri della Convenzione Nazionale, accusati tutti di alto tradimento, e giustiziati. Sua moglie Julie si uccide con una fiala di veleno.
Racconti paterni e letture sulla rivoluzione francese erano all’origine dell’intento di Büchner di trasmettere il senso tragico della storia contemporanea. Frammenti autentici dei discorsi e degli scritti dei maggiori rivoluzionari entrarono nelle sue scene concitate.
Danton e Robespierre, legati da amicizia e da ostilità, vivevano sulla scena le giornate che andavano dalla caduta di Hébert a quella di Danton.
Büchner, giacobino, parteggiava politicamente per Robespierre e soprattutto per Saint-Just, ma c’è nell’autore anche una cupa identificazione con la vittima Danton quasi vedesse in lui uno specchio della sua stessa vita.
Il supremo giudice di tutto ciò che accadeva, che osservava con superiore cinismo, era il popolo sanculotto.

“Leonce e Lena” era una commedia, che voleva sembrare quasi una fiaba: qui il principe triste finisce per sposare la principessa, sullo sfondo di una corte dell’età rococò. Tutto ha la vivacità marionettistica di una farsa, tuttavia vi è un insistito ricorrere a evocazioni lugubri e la grottesca presenza di Valerio, personaggio a metà strada tra Arlecchino e Figaro.

Ballata tragica, era “Woyzech” pubblicato soltanto nel 1879 più di 40 anni dopo la redazione.
Il lavoro era iniziato nel corso del 1836, dopo la fuga dalla Germania ed il nuovo soggiorno a Strasburgo. Il frammento è composto da una raccolta di fogli manoscritti, conservati oggi nell’archivio Goethe-Schiller di Weimar.

La raccolta consiste di cinque fogli, sui quali erano state abbozzate anche due scene del pezzo.
Infine esistono inoltre sei fogli in formato “In folio”, piegati in sei doppi fogli in quarto. Anche in questo caso si tratta di un abbozzo di parti dell’opera. Questo manoscritto è la revisione più avanzata, su cui si basano le versioni attuali, sia per la stampa che per il teatro.
La forma incompiuta, con i suoi tre diversi finali proposti dai manoscritti, è inseparabile dall’essenza del linguaggio poetico di Büchner.

La tragedia era ispirata a un episodio di cronaca accaduto dieci anni prima al barbiere J.Ch. Woyzech decapitato a Lipsia per l’assassinio di una vedova.
Nella tragedia di Büchner, Woyzech è un soldato buono e ingenuo, che convive da anni con Maria, da cui ha avuto un bambino e per mantenerli si sottopone agli esperimenti scientifici di un medico e a fare il barbiere. Intanto Maria lo tradisce con tutti, e in particolare con il caporal maggiore: Woyzech lo sa, ma tace e soffre in silenzio.
A causa degli scherzi del suo capitano, dei soprusi del medico che si serve di lui per i suoi esperimenti, delle beffe dei compagni, trova la forza di reagire: prima si isola, poi sente una voce che reclama l’uccisione di Maria.
Durante una passeggiata sulla riva di uno stagno uccide la donna con un coltello per   poi rifugiarsi in un bordello, dove si ubriaca ma viene notato a causa del braccio macchiato di sangue allora fugge di nuovo. Ossessionato dal delitto, ritorna allo stagno e getta il coltello in acqua poi mentre cerca inutilmente di lavarsi la macchia di sangue, annega.

Al figlio, che gioca sulla piazza con altri fanciulli, vien detto della morte della madre ma il piccolo non capisce e continua tutto solo a giocare.
Questo lavoro è incompiuto ma risulta estremamente efficace per la sua capacità di narrare l’azione aberrante del male, della follia sulla mente di un povero diavolo, e di raccontare gli eventi e i mutamenti che conducono il soldato Franz Woyzeck a uccidere la sua amata Maria. In pochissime pagine si ha il ribaltamento delle intenzioni iniziali, i sentimenti, la natura stessa del protagonista.
Questo testo teatrale è stato definito il più breve e più intenso dell’intera letteratura tedesca e mondiale.
Woyzech con la vicenda basata sul patetico, la gelosia, la sensualità, la violenza sanguinaria, anticipa il naturalismo della seconda metà del secolo.

Si ritrova in esso la violenta contrapposizione del mondo dei miseri, alienati alla morale e ai valori delle classi dirigenti. Woyzech rappresenta tutti i diseredati che il mondo sotto vari aspetti, politici e morali, ha marchiato e oppresso.
Oggi Büchner è considerato tra i maggiori scrittori del XIX secolo tedesco ed è parte integrante di questo giudizio la sua intensa passione politica, la sua rivolta radicale che individua il nemico nell’aristocrazia e nella borghesia liberale.
La violenza protestataria del XVII secolo rivive in Büchner, che influirà poi su Wedekind e sull’espressionismo fino a Brecht.
Woyzech fu musicato, dopo la riscoperta degli espressionisti, dal musicista austriaco Alban Berg mentre la Morte di Danton venne musicato da Gottfried von Einem.

Alban Berg – Wozzeck. Opera in tre atti da “Woyzeck” di Georg Büchner – Fabio Luisi Direttore, Andreas Homoki Stage Director. Orchestra Filarmonica di Zurigo 2016

Bibliografia:

  • Barnaba Maj, Georg Büchner, biografia; Futura 2012;
  • Fausto Cercignani, Il «Woyzeck» di Büchner e il «Wozzeck» di Berg, in Wozzeck, a cura di F. Degrada, Milano, Edizioni del Teatro alla Scala, 1997;
  • Ladislao Mittner, Storia della letteratura tedesca, Vol. III/1, tomo primo, Torino, Einaudi, 1971;
  • Simonetta Sanna, l’altra rivoluzione, Carocci 2010;
  • Simone Furlani, arte e realtà: estetica di George Buchner, Forum edizioni 2014.

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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