Nadar e l’avventurosa storia della prima Fotografia

“In questi disgraziati giorni, è nata una nuova industria che ha contribuito non poco a confermare la stoltezza della sua (del pubblico) fede e a rovinare quello che ancora poteva esserci di divino nello spirito francese.
Il Credo attuale della società, soprattutto in Francia (e non credo che qualcuno osi affermare il contrario) è questo: “Credo nella natura e non credo che nella natura (e con buone ragioni). Credo che l’arte è e non può essere che la riproduzione esatta della natura (una setta timida e dissidente vuole che ne siano esclusi gli oggetti dall’aspetto ripugnante, come un vaso da notte o uno scheletro). Perciò l’industria che ci desse un risultato identico alla natura sarebbe l’arte assoluta”.
Un Dio vendicatore ha esaudito i voti di questa moltitudine. Daguerre fu il suo messia. E allora si disse: “Poiché la fotografia ci dà tutte le garanzie di esattezza che si possano desiderare (lo credono, gli insensati) l’arte è la fotografia”.
A partire da questo momento, la società si precipitò, come un solo Narciso, a contemplare sul metallo la propria immagine volgare. Una follia, uno straordinario fanatismo s’impadronì di tutti questi nuovi adoratori del sole…”

Charles Baudelaire ritratto da Nadar nel 1855

Con queste parole, un po’ incongruamente ed affrettatamente, Charles Baudelaire, nel suo “Il pubblico moderno e la fotografia”, dava, come si vede, un giudizio molto severo sulla Fotografia, la nuova forma di espressione.
Era un giudizio che voleva contrapporsi alla frase infelice di un pittore di successo, Paul Delaroche: “Da oggi (dall’invenzione della dagherrotipia) la pittura è morta”.
Non a caso Baudelaire, invece, parlando della Fotografia, evitava con cura di accostarla all’arte: si ostinava a definirla un’”industria”, non riconoscendole alcuna natura artistica, ma esclusivamente una funzione di documentazione.

Non volendo prendere atto dei notevoli risultati espressivi raggiunti dai fotografi primitivi, il grande scrittore rincarava la dose affermando anche che la nuova industria era il rifugio di tutti i pittori mancati.

Ho parlato di affermazioni incongrue, perché l’autore di queste severe censure era invece amicissimo ed estimatore del più celebre di questi mancati pittori, una delle più importanti, geniali e pionieristiche figure di fotografo, e non solo, della storia di quest’arte: il grande Nadar.

Nadar – autoritratto –

Molti di noi, alcuni dei quali inconsapevolmente, conoscono bene Nadar per aver visto e rivisto, chissà quante volte, moltissime sue opere.
Al suo occhio e alla sua tecnica sono ascrivibili, infatti, alcune delle foto più famose ed iconiche mai scattate nella storia della Fotografia.

Utilizzate in mille contesti fino ai giorni nostri, le sue fotografie hanno eternato quanto il pennello dei grandi ritrattisti, l’immagine di scrittori, uomini politici, pittori, musicisti, di dame e di gente di mondo, tutte persone che lasciarono un’impronta indelebile nella cultura francese ed internazionale della seconda metà dell’Ottocento.

Non una delle più eminenti figure dell’arte, della cultura, della musica, della politica, del teatro e del bel mondo, legate a quell’epoca, sfuggì ad una visita nel suo atelier parigino al nº 35 di Boulevard des Capucines, o successivamente in quello sito al nº 51 di Rue d’Anjou St. Honoré.

Lo studio di Nadar in Boulevard des Capucines

Personalità estroversa e poliedrica, si può dire che Nadar non si rifiutò alle mille diverse esperienze che la sua versatilità gli propose, alcune delle quali, soprattutto nella sua veste di fotografo e pioniere della sua arte, aprirono la strada a nuove possibilità espressive.

Gaspard-Felix Tournachon, in arte Nadar venne alla luce a Lione il 6 aprile del 1820, figlio primogenito di Victor, stampatore e libraio, e di Thérese Mailliet.
La sua era una famiglia agiata: la tipografia paterna, sita in Rue de Savoie al n° 6, era molto attiva, con un giro d’affari importante ed esteso in tutta Europa.

Gli eventi politici, però, segnarono un brusco ridimensionamento della condizione familiare.

Negli anni Trenta la situazione finanziaria del padre si deteriorò improvvisamente, soprattutto in ragione della rivoluzione di luglio e dei disordini conseguenti, eventi che portarono alla caduta di Carlo X in favore di Luigi Filippo di Orleans, proclamato nuovo re.

Luigi Filippo di Orleans

Il giovane Gaspard-Felix visse nell’instabilità, passando gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza errando da una pensione all’altra, da un collegio all’altro.

Alla morte del padre, nel 1837, il futuro Nadar decise, non troppo convinto, di intraprendere studi di medicina.
Di questo periodo misterioso e travagliato della sua vita, restò qualche sua vanteria e l’interesse, sempre nutrito in seguito, per i medici e per la loro scienza.
E’ verosimile comunque che, costretto dall’assenza di mezzi economici ad interrompere gli studi scientifici, il giovane, per sbarcare il lunario, abbia dovuto ingegnarsi in altre attività.

Così finì per frequentare le sale di redazione di alcuni modesti periodici lionesi, come il “Journal du commerce et des théatres”, il “Fanal du commerce” e “L’entr’act lyonnais”.

Nel 1839 la famiglia Tournachon si stabilì a Parigi.

Nadar – Autoritratti –

Nella capitale Gaspard-Felix proseguì la sua esperienza giornalistica collaborando con riviste di moda e teatrali, incaricato di recensire gli spettacoli che si tenevano in tre sale della rive gauche.

Disgustato comunque dalle consorterie e dalle piccole rivalità dell’ambiente teatrale, fondò un paio di riviste, la seconda delle quali, “L’Audience”, si definiva come l’unico giornale giudiziario che uscisse il lunedì.

Per il giovane giornalista quelli furono gli anni della “bohème”, anni nei quali, secondo ciò che scrisse in seguito Nadar:

“Il nostro posto di lavoro era soprattutto nei caffè ospitali dove la banda arrivava con appetiti feroci alle nove del mattino per uscirne soltanto a mezzanotte. Gli uni leggevano, gli altri giocavano, taluni per caso scrivevano, e la sorpresa dei frequentatori non fu lieve il giorno in cui Fauchery, trasportato al caffè il suo armamentario d’incisore, cercò di svolgere lì il suo lavoro quotidiano”.


I primi suoi amici parigini, alcuni dei quali, come lui, erano lionesi di origine, furono giornalisti, incisori ed artisti vari, che si riunivano affollando una stanza che Gaspard-Felix aveva affittato.
Era in vigore tra quella cerchia un buffo gioco verbale: far terminare tutte le parole con la desinenza “dar”.

Così, invece di chiamarlo Tournachon, tutti presero a chiamare il loro amico prima Tournadar, poi, semplicemente Nadar.

Quella cerchia eccentrica andò allargandosi; venne fondato così il gruppo dei cosiddetti “Bevitori d’acqua”, che alludeva ad una condizione economica così disastrata da non permettere ai membri del sodalizio di bere altro.

Formato da pittori, incisori e scrittori, avrà per segretario Henry Murger, che rappresenterà benissimo la vita di quel gruppo di artisti nel suo famoso romanzo “Scene dalla vita di bohème”, creando un vocabolo che finì per dare un nome ad un atteggiamento di vita antiborghese e romantico.

Il libro ricalcava a tal punto le fisionomie degli artisti squattrinati dei “Bevitori d’acqua”, che Nadar dirà poi:

“Le Scene dalla vita di Bohème” appartengono a tutti noi, Murger è scappato con la cassa comune, ma c’è riuscito bene”.

Henry Murger ritratto da Nadar – 1854 –

Un’eredità cospicua ricevuta da uno dei frequentatori di quel gruppo di amici, fornì il carburante per sognare prima e varare subito dopo, il progetto di una rivista culturale di grandissime ambizioni, “Le Livre d’or” che permise a Nadar di avvicinare figure del calibro di Dumas, Balzac, De Nerval, De Vigny ed altri ancora, molti dei quali in seguito diventeranno suoi amici per la vita.

La rivista, però, cesserà le pubblicazioni al terzo fascicolo.

Altra esperienza fondamentale per lui sarà quella con “Le Commerce”, un giornale che assunse posizioni politiche molto avanzate, cercando di favorire la nascita di una nuova sinistra.

In quel periodo Nadar, per le sue idee politiche, attirò le esagerate attenzioni della polizia governativa che in vari rapporti lo descrisse come “uno di quegli individui pericolosi che diffondono le dottrine più sovversive nel Quartiere latino.

Intorno al 1846 iniziò a riconsiderare negativamente la sua carriera di giornalista, decidendo di intraprendere quella di caricaturista e iniziando una collaborazione col giornale satirico “Le Corsair-Satan”.

Caricatura di Auguste Luchet – Nadar –

La matita litografica prese così il posto della penna: la sua vena grafica ed umoristica gli varrà altre collaborazioni importanti quali quelle con “Le Charivari” e “La Revue Comique”, rivista dalle cui pagine, con le sue vignette, lancerà strali contro i bonapartisti.

Frattanto, nel 1848, la terza Rivoluzione francese aveva rovesciato Luigi Filippo e proclamata la Repubblica.
Fu questo un evento al quale Nadar, preso anche da seri problemi di sopravvivenza, diede un appoggio puramente politico, così, forse per compensare questa inerzia che lo aveva fatto sentire in colpa, si arruolò successivamente con una brigata che venne organizzata per dare appoggio militare all’analoga insurrezione polacca.

La spedizione fu un fallimento e Nadar (per solidarietà si era fatto registrare come Nadarsky) fu catturato e spedito per qualche tempo ai lavori forzati in miniera.

In Francia intanto, dal 1848, era iniziata, in un primo momento con la sua assunzione della carica di Presidente della Repubblica, più tardi facendosi proclamare Imperatore, la lunga era di Napoleone III.

Napoleone III

Tornato a Parigi, Nadar collaborò come disegnatore con diverse altre riviste umoristiche, raggiungendo finalmente un certo nome ed una situazione finanziaria un po’ meno precaria.

Nel 1850 concepì un progetto di vaste ambizioni: una galleria di ritratti di tutti i grandi personaggi del tempo, il “Panthèon Nadar”, che, oltre a lui stesso, impegnò un gran numero di ritrattisti.

In quel periodo di grandi slanci avvenne un episodio che provocò un cambiamento decisivo nella sua esistenza.

Per aiutare suo fratello Adrien, che era in cattive acque e che aveva bisogno di apprendere qualche arte fruttuosa, Nadar lo accompagnò ad imparare il mestiere di fotografo presso l’atelier di uno di essi: il celebre Gustave Le Gray.

Gustave Le Gray – autoritratto 1846 –

Da sempre interessato alle novità tecnologiche il nostro protagonista si appassionò alla fotografia, più di suo fratello, e ne approfondì lo studio con Bertsch e Arnaud e, forte dei loro insegnamenti, aprì un suo atelier presso la dimora in cui abitava con sua madre.

Il “Panthéon” venne pubblicato nel 1854: l’imponente galleria di disegni e fotografie, comprendeva i ritratti delle più grandi personalità dell’epoca.

Impossibile nominarli tutti, alcuni di essi torneranno ancora, del resto, a posare per Nadar: basterà accennare a Baudelaire, Rossini, Manet, Berlioz, George Sand e Delacroix, tra gli altri.

Ormai molto noto, riservava alla sua attività di fotografo ritrattista di grande successo la gran parte del suo tempo, ma essendo di natura molto curiosa ed irrequieta, oltre a perfezionare gli aspetti artistici del suo mestiere, cercava anche di approfondire delle nuove possibilità, qualcosa che servendosi della tecnologia, gli permettesse di superare i limiti che gravavano materialmente sulla fotografia, arte tradizionalmente statica.

Da sempre appassionato di aereostatica, concepì l’idea di servirsene per fare qualcosa di assolutamente innovativo: fotografare dall’alto, stando sospeso in aria.

Con quello scopo ben fisso in mente, fece i suoi primi esperimenti nel 1857 e nell’anno successivo, alzandosi in volo su di un pallone e riuscendo, dopo vari tentativi, ad ottenere delle lastre con impresse le immagini dei tetti delle poche case di un villaggio vicino alla capitale.

L’anno successivo, a bordo di una mongolfiera, sorvolò il cielo di Parigi, mostrando a tutti le potenzialità della fotografia aerea.

Preso dal consueto entusiasmo e dal suo spirito di avventura, Nadar andò ben oltre, gettandosi in un’impresa faraonica: fece costruire un enorme pallone (misurava 45 metri e occorrevano 6000 metri cubi di gas per gonfiarlo e lo battezzò “Le Géant”.

Le Géant

Il volo inaugurale, partito dinanzi ad una grandissima folla di persone, durò cinque ore di volo e terminò con un atterraggio problematico a Meux, col buio.

Il secondo volo, alla partenza del quale assistette una folla ancor più numerosa che comprendeva l’imperatore in persona, terminò con un incidente nel quale Nadar e sua moglie, tra gli altri, rimasero seriamente feriti.

Dopo questo fallimento trascorse qualche anno prima che il fotografo potesse effettuare altri voli.
Per arrivare a realizzarli era stato appoggiato pubblicamente da personaggi come Victor Hugo e Jules Verne, che ispirato da Nadar, scrisse “Cinque settimane in pallone”.

Convinto che il limite del pallone stesse nell’impossibilità di stabilirne la direzione, si persuase che per volare ci fosse bisogno di un mezzo che fosse più pesante dell’aria, così, nel 1863, insieme a Verne, istituì un consorzio che ne promuovesse la costruzione.

Con l’aerostato compì diverse ascensioni, anche nel cielo della Germania.

Nadar con la moglie in una fotografia realizzata nel suo studio

Così come si era prodigato per far nascere la fotografia aerea, Nadar, spingendo la sua proverbiale curiosità professionale in senso perfettamente opposto, così negli anni Sessanta si calò nel ventre di Parigi per fotografarne le catacombe e perfino le Fogne.
La sua costante passione per l’aereonautica lo portò a vivere più tardi un’ultima peculiare avventura.

La guerra Franco Prussiana del 1870, che vide Parigi assediata, spinse Nadar ed altri aerostieri a rendersi utili alla patria sorvolando il cielo per osservare le linee nemiche e riportarne i movimenti.

I mezzi aereostatici in quel contesto bellico ebbero anche un’utile funzione postale, di trasmissione delle comunicazioni.

Negli anni successivi alla caduta dell’Impero, il fotografo lavorò in un primo tempo in un sontuoso edificio di Boulevard des Capucines, poi, gravato dai problemi economici, dovuti prevalentemente ai suoi ingenti ed infruttuosi investimenti aereostatici, si trasferì nella più accessibile Rue d’Anjou St. Honorè.

Nella necessità di colmare i debiti e ritrovare una minima sicurezza economica, si dedicò, ancora una volta con risultati artistici straordinari, al ritratto fotografico.

L’immagine di molti nuovi amici venne così carpita in un’altra splendida galleria, nella quale accanto alle pose istituzionali dei personaggi ufficiali, come Thiers, Galliffet o Cremieux, finivano personalità come quelle dell’amico Victor Hugò, di Daudet, di Charle Cros, Louise Michel, Courbet, i due Dumas o Sarah Bernhardt, ritratta per la seconda volta.

Sarah Bernhardt ritratta da Nadar

Un sopravvivenza della sua vita bohemienne giovanile, portava in quegli anni Nadar e i suoi amici, a trovarsi seduti quotidianamente al “ Caffè dei fotografi”, nei pressi della Gare Saint Germain, e a bere il loro bicchierino di assenzio.

Naturalmente la sua personalità multiforme non gli aveva fatto dimenicare i suoi trascorsi di disegnatore e di amante dell’arte, così Nadar dette il suo appoggio a molte manifestazioni artistiche che furono organizzate nel decennio che andava dal 1870 al 1880.

In particolare si dovette a Nadar la possibilità che ebbero gli impressionisti di organizzare la loro prima famosa esposizione nel 1874, la mostra che si contrapponeva al Salòn ufficiale.

Il fotografo prestò gratuitamente ai suoi amici artisti l’atelier di Boulevard des Capucines, che allora ancora possedeva.

Nei suoi ultimi anni Nadar si trasferì con la moglie in campagna, dedicandosi soprattutto alla scrittura.

Le sue memorie vennero raccolte in un volume dal titolo “Quand j’ètais photographe”.

Colpito da una grave forma di broncopolmonite, Gaspard-Felix Tournachon, detto Nadar, morì a Parigi il 21 marzo del 1910.
Figura originalissima di intellettuale, disegnatore satirico e aereonauta, Nadar fu soprattutto un fotografo d’avanguardia, capace di espandere le possibilità tecniche ed artistiche della Fotografia.
Fu tra i primi, quindi, a cogliere le straordinarie potenzialità della neonata arte e a favorire il suo sviluppo, diventandone così, in breve tempo. uno degli interpreti più sensibili e autorevoli.

Nei suoi ritratti soprattutto, mostrò un’infinita sensibilità e abilità nel compenetrare psicologicamente la personalità dei suoi celebri modelli.

Maniaco dei dettagli, curava attentamente la composizione delle immagini, facendo interagire la luce sapientemente predisposta, coi volumi delle figure ritratte.

Checchè ne pensasse il suo amico Baudelaire della Fotografia, Nadar, ritraendo le persone, riusciva a cogliere sempre, come nel caso di Sarah Bernahrdt, i tratti essenziali della loro personalità, raggiungendo risultati degni del miglior pittore ritrattista.

Sarah Bernhardt fotografata da Nadar

Non per caso lo scrittore, in deroga al suo pensiero ufficiale in merito alla Fotografia, si fece ritrarre più volte da Nadar, che molto apprezzò.

Quelle memorabili foto di Baudelaire, divenute celeberrime nel tempo, basterebbero da sole ad illustrare l’arte del loro avventuroso autore.

Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.

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