Nella New York della Grande Depressione, una mendicante alcolizzata nota come “Apple Annie” (May Robson/Bette Davis) vende quotidianamente delle mele ad un gangster superstizioso, conosciuto con il nominativo di “David, lo sciccoso” (Warren William/Glenn Ford), convinto che una sola mela gli porti fortuna per i suoi affari e scommesse.
La donna ha un’unica figlia, Louise (Jean Parker/Ann-Margret), che vive in Spagna fin dai tempi del collegio, e che si è appena fidanzata con il figlio di un conte spagnolo. Oltre a mantenerla con i soldi guadagnati dal gangster, Annie le ha fatto credere per anni di appartenere ad uno stile di vita benestante, e che si è appena risposata con un uomo distinto.
Quando sua figlia l’avverte – tramite lettera – del suo imminente arrivo a New York con il fidanzato e il futuro suocero, Annie si dispera: teme che la sua adorata bambina possa scoprire la verità. Appena David è a corto di mele, parte subito alla ricerca della donna, che gli rivela tutta la storia. All’inizio il gangster preferiva non immischiarsi, ma poi si lascia convincere dagli amici senzatetto di Annie e dalla sua ragazza (Glenda Farrel/Hope Lange) a procurarle un appartamento di lusso, un nuovo guardaroba, un nuovo look e un marito per accogliere a dovere Louise e la sua famiglia aristocratica.
Le cose iniziano a complicarsi quando David e i suoi scagnozzi sequestrano tre giornalisti per proteggere Annie dalla stampa, attirando involontariamente le Forze dell’Ordine.
Pur avendo due titoli diversi, stiamo parlando di un film originale e di un suo rifacimento girato dallo stesso regista. Sicuramente Frank Capra non è stato l’unico a sperimentare questa operazione, che è a metà strada tra business hollywoodiano e maturità artistica: oltre a lui ci sono stati anche Cecil B. DeMille con (fra tanti) I dieci comandamenti (1923, 1956); oppure Hitchcock con L’uomo che sapeva troppo (1934, 1956); Tim Burton con Frankenweenie (1984, 2012) e Michael Haneke con Funny Games (1997, 2007).
I due film girati da Capra, che sono entrambi degli adattamenti di un racconto scritto da Damon Runyon, segnano due fasi distinte della sua carriera longeva. Il film originale è stato girato un anno prima del celebre Accadde una notte (1934), e rappresenta un passo successivo rispetto ad altri film (melo)drammatici che hanno dato inizio alla carriera di Barbara Stanwych, la futura Stella Dallas (1937) e futura dark lady di La fiamma del peccato (1944) di Billy Wilder. Il remake invece rappresenta la sua ultima opera cinematografica, prima di ritirarsi a vita privata fino al giorno della sua scomparsa. Possiamo dire che con questa ennesima favola sull’altruismo e la fortuna ha decisamente chiuso in bellezza, grazie alle presenze di Bette Davis, Glenn Ford e Peter Falk, che presto sarebbe diventato il Tenente Colombo.
Pur avendo alle spalle un gioiellino in bianco e nero, Capra e i suoi co-autori, nella versione a colori, tendono a colmare delle lacune di scrittura lasciate da quella antecedente: nel remake, infatti, viene rivelato il motivo per cui le mele di Annie portano fortuna; l’attività criminale di David lo sciccoso occupa più scene, e la sua fidanzata ha un ruolo più attivo nella trama.
Pur essendo difficile confrontare queste due pellicole, è pur sempre una favola che fa tanto bene al cuore, esattamente come la maggior parte dei capolavori del suo regista.
Entrambi i lavori sono consigliabili per chi ammira il “classicismo hollywoodiano”, che antecede la generazione dominata da Coppola, Spielberg e Scorsese. Riguardo al remake è per gli estimatori (ed estimatrici) di Bette Davis; e anche per chi vorrebbe sentir parlare il Tenente Colombo con un accento italiano, o con quello siciliano del suo doppiatore Oreste Lionello.