Domenica e lunedì tutti alle urne; finisce questa sarabanda di dibattiti e parole, di colpi bassi e di tiri a effetto, tra programmi e riti scaramantici, santini e cartoline coi saluti.
La politica, si sa, ha le sue tradizioni, i suoi corsi e ricorsi, riti che ci sembrano talmente consumati da farci sentire tutti un po’ scaduti.
Diceva Mark Twain:
Potremmo così stabilire le diverse carature dei nostri simili, valutarne lo spessore; o, come contrappunto, misurare la capacità di trasformismo, di eludere domande, di inventarsi narrazioni per crearsi il personaggio, di spacciarsi per messia o supereroe, di vendersi come la novità assoluta (o futura ultima promessa mancata?) e di seguire la moda del momento; si dice per es. che indossare colori pastello sia tanto rassicurante per l’elettore medio quanto il sorridere con disinvolta aria sorniona, dagli occhi cigliati accattivanti. E poi serve invitare gli amici a sostegno, più sono famosi e potenti meglio è, che sono utili a far da passerella, in perfetto stile “set televisivo”, che come diceva Piermario “Latina è una produzione Mediaset”.
Esistono candidati voraci che, come piraña, si spolpano elettori, mettendoli sotto assedio a suon di telefonate, volantini, corteggiamenti social; poi ci sono quelli audaci, che si gettano in voli pindarici e che, improvvisamente, si scoprono tuttologi: conoscono ogni problema e hanno sempre la soluzione per tutto. Ci sono anche gli equilibristi della promessa e i pragmatici che omaggiano l’elettorato a suon di doni, meglio se si tratta di prodotti ortofrutticoli, che pare siano i più graditi, con il caro vita di questi tempi valgono tanto oro quanto pesano!
Tra gli elettori, invece, non mancano le tifoserie, orde assoldate per applaudire, come si fa nei programmi della De Filippi, e tutti a fare la “ola” come allo stadio. I migliori sono quelli capaci di intonare cori: gli irriducibili, i fedelissimi, coloro che, costi quel che costi, non tradiranno mai un’esitazione, quelli programmati per annientare l’avversario (il “nemico”), per i quali va sempre bene ciò che sostiene il proprio leader, che l’ottimismo è il sale della vita, e tanto basta.
Però tra gli elettori esistono anche alcuni che, fino all’ultimo secondo, non sanno proprio per chi votare; sono gli eternamente indecisi, capaci di restare minuti interminabili chiusi nella cabina elettorale, magari a mangiarsi la matita, con tutta la fila che si forma fuori.
Ve ne sono anche di altri che, invece, lungi dall’essere indecisi, stanno sino alla fine a fare previsioni, interrogano la cabala, contattando medium ed indovini, e si attaccano ai sondaggi di ogni tipo, solo per cercare di azzeccare colui che vincerà, così da essere i più lesti a saltare sul carro del vincitore; sono anni che si allenano per questo, dalle elezioni precedenti, e non possono permettersi di sbagliare ancora!
E poi, tra candidati ed elettori, nella compulsiva ansia elettorale, ci sono i rassegnati, i demotivati, gli astensionisti, che tanto non cambia nulla, che preferiscono lasciare agli altri la scelta anche per loro.
Infine, per dirla con Osvaldo Soriano, ci sono i “tristi, solitari y final”: vittime di una realtà che non li ha mai gratificati, politicamente parlando; che si turano il naso per votare; che devono ancora una volta constatare che il miglior candidato è sempre quello che non si è ancora fatto avanti…
Per intanto, dopo questa brevissima e improvvisata carrellata, sicuramente incompleta, vorrei augurare buon voto a tutti, con la speranza che sia un voto di coscienza, ponderato. Votare è l’azione principe della democrazia rappresentativa, alla quale dovremmo accostarci tutti in modo consapevole. Potrebbe essere utile all’esercizio di questo essenziale compito un corso di formazione per diventare Cittadini; si potrebbe cominciare dall’educazione civica e dallo studio della nostra bella Costituzione nelle scuole, ad esempio.
Franklin D. Roosevelt
Fino a poco tempo fa mi sono nascosta dietro l’eteronimo di Nota Stonata, una introversa creatura nata in una piccola isola non segnata sulle carte geografiche che per una certa parte mi somiglia.
Sin da bambina si era dedicata alla collezione di messaggi in bottiglia che rinveniva sulla spiaggia dopo le mareggiate, molti dei quali contenevano proprio lettere d’amore disperate, confessioni appassionate o evocazioni visionarie.
Oggi torno a riprendere la parte di me che mancava, non per negazione o per bisogno di celarla, un po’ era per gioco un po’ perché a volte viene più facile non essere completamente sé o scegliere di sé quella parte che si vuole, alla bisogna.
Ci sono amici che hanno compreso questa scelta, chiamandola col nome proprio, una scelta identitaria, e io in fin dei conti ho deciso: mi tengo la scomodità di me e la nota stonata che sono, comunque, non si scappa, tentando di intonarmi almeno attraverso le parole che a volte mi vengono congeniali, e altre invece stanno pure strette, si indossano a fatica.
Nasco poeta, o forse no, non l’ho mai capito davvero, proseguo inventrice di mondi, ora invento sogni, come ebbe a dire qualcuno di più grande, ma a volte dentro ci sono verità; innegabilmente potranno corrispondervi o non corrispondervi affatto, ma si scrive per scrivere… e io scrivo, bene, male…
… forse.
Francesca Suale