Viaggio fra le parole perdute
żendado
żendado (meno com. żendale) s. m. [prob. affine a sindone], ant. o poet. – 1. Drappo sottile e finissimo o velo, per lo più di seta: trovarono in un gran viluppo di zendado fasciata una piccola cassettina (Boccaccio); Alfin velata d’un leggier zendado È l’ara tutelar di sua beltate(Parini); Su la punta de la lancia Leva un candido zendal (Carducci). In partic., velo o scialle o manto femminile che copre il capo e le spalle: donne la più parte, coperte il volto d’ampi zendali(Manzoni); Le pellegrine in sosta che hanno durato Tutta la notte la loro litania S’aggiustano gli zendadi sulla testa (Montale). 2. A Venezia, drappo di seta leggerissima, caratteristico del costume del ’600, che, appuntato sul capo, incorniciava il volto e scendeva poi sulle spalle avvolgendosi intorno alla vita; più tardi, indicò l’ampio scialle veneziano, nero a lunghe frange: la Pisana vestita a nero, … coi capelli disciolti e il solo zendado sul capo mi si gettò fra le braccia gridando che la salvassi (I. Nievo). ◆ Dim. (da zendale) żendalétto, żendalino.
dal vocabolario Treccani