Un film da (ri)scoprire: Rita la zanzara (1966) di Lina Wertmüller

Durante la visione del documentario Dietro gli occhiali bianchi (2015) – ora disponibile su MUBI – la regista Lina Wertmüller ha detto che dopo aver girato la sua opera prima, I basilischi (1963), temeva di finire nel filone dei registi “impegnati”; invece, voleva portare avanti il suo mestiere divertendosi, per poterci regalare delle storie esageratamente umoristiche. Dopo il suo esordio, è arrivata a girare la miniserie Il giornalino di Gian Burrasca (1964) e il “musicarello” Rita la zanzara, entrambi con la giovanissima Rita Pavone in qualità di protagonista.

Manifesto originale

La trama del film è questa: Rita Santangelo (la Pavone) studia e risiede in un collegio femminile a Napoli; i suoi passatempi preferiti sono la musica, la stesura del giornaletto satirico “La zanzara” e tormentare il suo professorino di musica, Paolo Randi (Giancarlo Giannini), soprannominato “Beethoven”, il quale, oltre a provare un’accesa antipatia nei confronti delle alunne, arriva in aula sempre in ritardo e in piena sonnolenza.

Rita Pavone e Giancarlo Giannini

Alquanto desiderosa di sapere cosa faccia “Beethoven” al di fuori del collegio, Rita scopre che egli compone e intona della musica ye-ye in un locale notturno. Complice una parrucca bionda e un abito da festa, Rita si fa notare dagli altri, e soprattutto da Paolo, con il suo talento canoro. Come se non bastasse, il professorino si innamora di lei, pur non riconoscendola. Decisa di volere l’amore e il successo allo stesso tempo, Rita si allea con le compagne e con il cuoco della mensa (Peppino De Filippo) per uscire dal collegio tutte le sere senza farsi scoprire dalla direttrice (Bice Valori) e dal corpo insegnante.

Peppino De Filippo e Rita Pavone in una foto di scena

Pur non avendo lo stesso impatto di Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972) e Pasqualino Settebellezze (1975), in questo piccolo film – oltre a farci riascoltare alcune gemme come La zanzara, Fortissimo e Il geghegè – ci sono già alcune peculiarità legate allo stile della cineasta: la capitale partenopea come ambientazione principale; i personaggi dalle movenze e parlate caricaturali, quasi al limite del teatrale; il dialetto inteso come caratterizzazione del personaggio stesso; la rappresentazione grottesca della realtà, e soprattutto la musica. Gli unici a mancare all’appello sono la satira socialpolitica e la sessualità enfatica.

Lina Wertmüller in compagnia di Isabella Rossellini e sua figlia Maria Zulima, e con il suo Oscar onorario. La stessa regista detiene il record della prima donna candidata per la miglior regia agli Oscar con Pasqualino Settebellezze, candidato anche come miglior sceneggiatura originale, miglior film straniero e miglior attore protagonista a Giancarlo Giannini.

La ragione valida per cui Rita la zanzara è un film da (ri)scoprire è per l’attività da paroliera svoltasi dalla Wertmüller. Oltre le canzoni del film, aveva già scritto quelle destinate a Il giornalino di Gian Burrasca; soprattutto Viva la pappa col pomodoro. Come se non bastasse, è anche autrice di Mi sei scoppiato dentro al cuore, uno dei classici di Mina.

Di certo non le manca la dote musicale, oltre a quella registica!

Copertina del disco “La zanzara” contenente la colonna sonora

Qual è esattamente la differenza tra il musicarello e il semplice musical?

Il musicarello è un genere nostrano sorto tra gli anni Cinquanta e Sessanta, in cui diversi cantanti come Gianni Morandi, Adriano Celentano, Caterina Caselli, Mina e Pavone si prestano al cinema per “pubblicizzare” i loro dischi di prossima uscita. Oltre a questo, gli stessi musicarelli, proprio come accade in quello della Wertmüller, raccontano storie umoristiche sulla lotta tra la spensieratezza dei giovani e l’autorità degli adulti.

Alcuni esempi del sottogenere sono la trilogia con Morandi – e diretta da un certo Ettore Maria Fizzarotti – costituita da In ginocchio da te (1964), Non son degno di te (1965) e Se non avessi più te (1965), all’interno della quale il cantante nativo di Monghidoro ha intonato sia le canzoni omonime, e altre come Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte e ‘O sole mio.

Alcuni manifesti dei musicarelli italiani

Anche Lucio Fulci, prima di diventare un maestro dell’horror, si era dato ai musicarelli dirigendo I ragazzi del Juke Box (1959) e Urlatori alla sbarra (1960), entrambi con Celentano fra i ruoli principali. Lo stesso Fulci ha scritto per lui alcuni evergreen come 24 000 baci e Il tuo bacio è come un rock.

Comunque sia, quello del musicarello è un sottogenere bistrattato; e la maggior parte di quelle pellicole erano piacevoli da ascoltare piuttosto che da vedere, ma sono pur sempre un modo per rivivere una parte del nostro passato dominata dai cosiddetti “urlatori” e dalla musica rock e ye-ye. Un passato che di certo non tornerà più.

Un’altra ragione per (ri)scoprire Rita la zanzara è quella di assistere al battesimo del lungo e felice sodalizio tra la regista e Giancarlo Giannini, che a dispetto della trama formalmente spensierata ha dimostrato ugualmente di essere un attore poliedrico.

Giancarlo Giannini e Lina Wertmüller

Questo film in particolare ha avuto un seguito, intitolato Non stuzzicate la zanzara (1967), sempre diretto dalla Wertmüller e interpretato dagli stessi protagonisti. Fra i nuovi ingressi troveremo Romolo Valli e Giulietta Masina, nei panni dei genitori della “zanzara”. La canzone più celebre di questo nuovo capitolo è indubbiamente Questo nostro amore.

Il trailer del film

Disponibilità: Su Prime Video tramite abbonamento, esattamente come il suo seguito e altri musicarelli accennati nell’articolo. Le colonne sonore invece le troverete su YouTube e Spotify.

Lorenzo Palombo si definisce come uno studente cinefilo che ama parlare e scrivere di cinema – e recitare a memoria le battute di film e sitcom – a costo di annoiare amici e parenti.
Per Latina Città Aperta propone una rubrica intitolata “Un film da (ri)scoprire” per invitare i lettori a vedere o rivedere alcuni film acclamati dalla critica e dal pubblico che rischiano di dissolversi dalla memoria dello spettatore. La rubrica accoglie persino alcuni film europei o internazionali che non sono stati distribuiti nelle nostre sale cinematografiche.

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