

Parigi, 1928. Una giovane donna stava per gettarsi nel fiume prima di essere braccata da tre uomini: uno di loro è il generale Sergej Pavlovic Bounine (Yul Brynner), che un tempo era al servizio dello zar Nicola II, prima di venire fucilato insieme alla sua famiglia, i Romanov, sotto l’ordine dei bolscevichi, il 17 luglio 1918.
La donna che hanno appena salvato si chiama Anna (Ingrid Bergman), appena uscita da un manicomio; e che, pur avendo l’amnesia, ha dichiarato ad una suora di essere Anastasija Nikolaevna Romanova, sopravvissuta miracolosamente al massacro.

La sua malattia mentale rappresenta un vantaggio per Bounine e i suoi soci in affari, perché grazie alla sua somiglianza potrebbe spacciarsi per la vera Anastasija e intascare la ricompensa. L’unica ragione per cui Anna accetta l’incarico è perché desidera ritrovare le proprie origini. Quindi viene istruita tramite lezioni di etichetta e ballo, e le riempiono la testa di informazioni private sui Romanov che poche persone dovrebbero conoscere.

Pur rivelandosi un’attrice talentuosa, ad Anna le capitano dei lampi di memoria che fanno credere ad alcuni di essere realmente la Granduchessa. Per ufficializzare la sua identità non basta farle conoscere il principe Paul von Haraldberg (Ivan Desny), suo cugino e promesso sposo, ma anche l’imperatrice madre Marija (Helen Hayes), sua nonna, ormai disillusa.

Se per alcuni di voi la trama vi è sembrata familiare è perché nel 1997 è stato tratto un film d’animazione prodotto dalla 20th Century Fox Animation; erroneamente accreditato, al suo tempo, come un classico Disney. Il film originale è tratto da una pièce teatrale di Marcelle Maurette – adattata in inglese da Guy Bolton – e da una sceneggiatura di Arthur Laurents, lo stesso di Nodo alla gola (1948) di Alfred Hitchcock e Come eravamo (1973) di Sidney Pollack.

A destra: Marcelle Maurette (1903-1972), drammaturga francese e autrice originale di Anastasia
Questa versione non è ispirata solamente alla figura di Anastasija, ma anche al personaggio – realmente esistito – di Anna Anderson che, esattamente come quello della Bergman, fu ricoverata in manicomio e credette di essere la Granduchessa. Ancora oggi la sua sopravvivenza rimane una leggenda.

Per questo motivo Anastasia, come molti altri film storici e biografici, non sono affatto dei documentari; perciò non andrebbero visti come delle vere e proprie lezioni di storia.

A dispetto di ogni licenza poetica, la pellicola è godibile grazie alla sua eleganza formale, e a una protagonista eccezionale.
Allo stesso tempo ci pone una domanda cruciale: può una recita (o una semplice bugia) alleviare la solitudine?
Oltre ad averle fatto vincere un secondo Oscar dopo Angoscia (Gaslight, 1944), Anastasia è stato per la Bergman un ritorno in grande stile ad Hollywood, dopo l’esperienza europea con il regista Roberto Rossellini, che – grazie a una lettera scritta dall’attrice – l’ha diretta in alcuni film come Stromboli (Terra di Dio) (1950), Europa ’51 (1952) e Viaggio in Italia (1954). Tutti malaccolti dall’America perbenista che non ha apprezzato le sue performance d’antidiva, oltre ad aver gridato allo scandalo per la loro relazione extraconiugale.
Fortuna che ai giorni d’oggi siamo molto grati per la sua esperienza in Italia, e che non abbiamo mai smesso di amarla.

Disponibilità: Dailymotion.
Lorenzo Palombo si definisce come uno studente cinefilo che ama parlare e scrivere di cinema – e recitare a memoria le battute di film e sitcom – a costo di annoiare amici e parenti.
Per Latina Città Aperta propone una rubrica intitolata “Un film da (ri)scoprire” per invitare i lettori a vedere o rivedere alcuni film acclamati dalla critica e dal pubblico che rischiano di dissolversi dalla memoria dello spettatore. La rubrica accoglie persino alcuni film europei o internazionali che non sono stati distribuiti nelle nostre sale cinematografiche.