Racconto di Natale
Cadeva la neve, ovviamente.
Gaetano, un bambino spaventosamente obeso, sbocconcellava distratto l’ennesimo bignè guardando… Cosa?
Beh, la bianca coltre, naturalmente, che qualcuno aveva disteso sotto la finestra.
Le guanciotte del bimbo erano arroventate dal riscaldamento della casa, efficiente fino alla strage.
Gaetano non poteva sapere che la neve che stava osservando, rapito e rispettoso, in realtà veniva importata dallo Zambia.
A scuola gli avevano spiegato che la notte di Natale va trascorsa in una condizione interiore particolare e ora, obbediente come sempre, si sentiva pervaso da una bontà atroce.
Cercò di fare tutto a puntino.
Riuscì ad isolarsi dai gemiti, che sentiva ininterrotti, dei servi che sua madre frustava con allegra energia perché si dessero da fare col cenone.
Si concentrò quindi, come gli era stato detto, sulla neve e sui bambini affamati del Terzo Mondo.
Era quasi riuscito a commuoversi quando un borbottìo intestinale ed un primo e per ora lontano disagio corporeo, lo riportarono a questioni più terrene: faceva caldissimo, aveva mangiato come un allevamento di suini professionisti e, in barba ai bambini del Terzo Mondo, doveva cacare.
Fuggì in bagno.
In quell’ambiente lo spirito natalizio spariva di colpo, sostituito da suggestioni tropicali causate dalla presenza di palmizi ad ogni angolo della stanza.
Ivi combatté una dura battaglia che lo lasciò esausto.
Cionondimeno, appena ne uscì si pose nuovamente alla finestra per pensare a cose angeliche.
Il cannone seguitava a sparare la neve dello Zambia.
Gaetano pensò ancora per un istante alla fame nel mondo. Cercò disperatamente di ritrovare il filo di una bontà perfetta.
Decise di pensare a qualcosa di particolarmente carino. Babbo Natale, per esempio, non si poteva lasciarlo fuori!
Babbo Natale sulla sua slitta siderale che volava verso un campo di bambini esquimesi inondandolo di doni preziosi, pannocchie per lo più, dei quali essi avevano assoluto bisogno.
Gaetano, che sentiva nuovamente l’estasi natalizia, tentò il colpo grosso e, risoluto, si concentrò sul pensiero della Pace.
“Pace in terra agli uomini di buona volontà”
Vide, manco a dirlo, manine bianche, nere, rosse e gialle, intrecciarsi d’amore…
Fu svegliato da questa trance di purezza, dal rumore dell’aereo paterno che atterrava a lato della villa.
Corse, dimentico di tutto, a scoprire quali e quanti regali gli avesse portato il padre, un ricchissimo commerciante di armi.
Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.