Ai tempi dell’università, Don Birnam (Ray Milland) era considerato un genio. Oltre a farsi chiamare “Hemingway” dai suoi colleghi, era riuscito a far pubblicare qualche novella su una rivista letteraria.
A New York, pur non essendo riuscito a sfondare, coltiva da tempo l’idea per un romanzo, ma ha difficoltà a scriverne l’incipit. Perciò una vocina interiore lo spinge a bere del whisky nella speranza di ritrovare l’ispirazione, ma poi si ritrova a svuotare una bottiglia intera; e poi un’altra e un’altra ancora. Dopo un’ennesima ricaduta, suo fratello Wick (Phillip Terry) decide di arrendersi, mentre la sua fidanzata, Helen (Jane Wyman), continua a stargli accanto. Nonostante le sue condizioni, Don è convinto di poter sfornare il suo tanto agognato romanzo, ma il suo vizio continua a tormentarlo.
Billy Wilder, conosciuto per aver diretto La fiamma del peccato (1944) e A qualcuno piace caldo (1959), lesse il romanzo The Lost Weekend di Charles R. Jackson durante un viaggio in treno per New York e pensò di trarne un film avvincente.
Giorni perduti (The Lost Weekend, per l’appunto), oltre ad aver vinto quattro premi Oscar (miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura non originale), vinse anche la Palma d’oro – insieme ad altri sei film, fra cui Roma città aperta (1945) di Rossellini – durante la prima edizione del Festival del cinema di Cannes!
Oltre a questo, fu il primo film hollywoodiano di genere drammatico a trattare il tema dell’alcolismo, già presente nelle commedie con W.C. Fields. Durante la stesura della sceneggiatura, scritta insieme al produttore Charles Brackett, lo stesso regista si rivolse a un esperto di etilismo e a un gruppo di Alcolisti Anonimi, dialogando con pazienti e medici. La messa in scena, in effetti, si è rivelata efficace grazie ad alcuni effetti visivi che hanno fatto scuola.
Da una parte abbiamo una bottiglia di whisky che Don – sotto effetto dell’astinenza – riesce a vedere nella tasca di un costume di scena durante una serata all’opera, come se avesse lo sguardo a raggi X. Dall’altra, invece, abbiamo un esempio di Delirium tremens (DTS), una “malattia della notte” che comporta allucinazioni. In questo caso abbiamo la scena in cui Don crede di vedere un pipistrello che mangia un topo in salotto. Uno scenario simile che farebbe rabbrividire qualsiasi appassionato di Edgar Allan Poe!
Per queste motivazioni, alcune ditte di produzioni di alcolici accusarono quel film di aver tentato di azzerare i loro affari, e alcuni lobbisti dei liquori volevano acquistare il negativo originale con lo scopo di bruciarlo. Come se non bastasse, pensavano che fosse anche uno strumento per reintrodurre il proibizionismo!
In ogni caso, Giorni perduti – con il suo bianco e nero da cinema tedesco degli anni venti – è una dimostrazione che Billy Wilder era piuttosto abile nel trattare generi e soggetti differenti. Oltre a questo ci permette di provare empatia per il protagonista, anche se l’alcolismo può essere una strada senza via d’uscita.