La tragica spedizione di Burke e Wills

Nella città di Melbourne, in Australia, vicino alla sede del parlamento, si trova un imponente monumento che ritrae due uomini: è l’unico emblema della spedizione più tragica della storia australiana che risale al 1860. Gli uomini ritratti sono Robert O’Hara Burke e William John Wills. Manca John King perché fu l’unico superstite e testimone di uno sfortunato destino. L’incontro con la morte per inedia e un paio di coincidenze non inimmaginabili, compromisero quella che fu definita la spedizione più imponente dell’Australia. Tutto era stato preparato nei minimi dettagli: equipaggiamento, provviste, mezzi di trasposto, ma qualcosa non funzionò: il capitano Burke non pensò all’imprevedibilità degli esseri umani! Scena del fatto: le sconfinate distanze australiane, temperature impossibili, l’alternarsi di piogge torrenziali a siccità, una vita insopportabile eccezion fatta per gli aborigeni abituati da tempi remoti.

La statua di Robert O’Hara Burke e William John Wills a Melbourne

L’obiettivo della spedizione era di attraversare il continente da Sud a Nord, per percorrere gli oltre 4000 chilometri da Melbourne fino al Golfo di Carpentaria per aprire nuove rotte commerciali fino ad allora sviluppate unicamente sulla costa meridionale. Lo scopo fu raggiunto, Burke, Wills e King arrivarono al mare, ma sulla via del ritorno accadde la tragedia.

Tra il 1860 e il ’61 ci fu una spedizione di 19 uomini condotta da Burke e Wills partendo da Melbourne per risalire fino a nord al golfo di Carpentaria. A quei tempi l’entroterra australiano non era stato esplorato e, seppur completamente sconosciuto agli europei, si credeva che fosse presente un mare interno, ipotesi smentita poi.

La maggior parte delle esplorazioni effettuate in Australia dagli europei erano state condotte soprattutto lungo le coste, come quella di Ludwig Leichhardt nel 1848 nell’entroterra della costa nord-orientale, o come la spedizione, sempre nell’entroterra sud-orientale, effettuata da Charles Sturt nel 1844.

Nel 1857 il Philosophical Institute, divenuto nel 1859 la Royal Society of Victoria, commissionò l’esplorazione chiamata “Victorian Exploring Expedition”. A causa degli scarsi fondi disponibili la spedizione era stata rinviata per tre anni. Fu scelto come leader l’irlandese Robert O’Hara Burke. William John Wills invece fu scelto come navigatore e terzo in comando. Come mezzo di trasporto dei viveri e delle attrezzature necessarie fu scelto di utilizzare 26 cammelli data la loro caratteristica di adattarsi agli ambienti desertici. Burke decise che l’unico modo per affrontare il grande nulla era una spedizione con schema a staffetta.

L’intero equipaggio doveva arrivare a Menindee dove venne allestito il primo campo base che distava circa trecento chilometri dalla città. Qui sarebbe rimasto un gruppo di uomini, guidato da Wright mentre nel frattempo il resto della spedizione avrebbe proseguito. Il gruppo di Wright si doveva dividere a sua volta: alcuni uomini sarebbero tornati a Melbourne, caricando nuovi rifornimenti e ritornando a Menindee. Poi i viveri sarebbero stati trasportati al secondo campo base che nel frattempo sarebbe stato sistemato lungo il cammino. Dal secondo campo i viveri avrebbero proseguito per il terzo e così via fino all’ultimo a Cooper’s Creek.

Al campo di Cooper’s Creek fu scelto il penultimo gruppo sotto il comando di Brahe. Egli avrebbe avuto due compiti tassativi: attendere i nuovi rifornimenti e aspettare il rientro degli esploratori. Il tempo massimo stimato prima che scattasse l’allarme era fissato in tre mesi dopo di che sarebbe dovuto andare in cerca degli esploratori. Burke assieme agli uomini rimasti, sarebbe dovuto andare verso Nord, per aprire la strada al mare, tornare a Cooper’s Creek e prendere la via del ritorno verso casa.

Il 20 agosto 1860, la spedizione composta da 19 uomini, 23 cammelli, 26 cavalli e 6 carri lasciò Melbourne. I rifornimenti vennero ripartiti fra i componenti, mentre le attrezzature pesanti furono caricate sui carri con provviste per due anni.

Il convoglio fece la sua prima tappa a Lancefield il 23 agosto, dove si fermò per circa quattro giorni. Successivamente proseguì verso Swan Hill, arrivando il 6 settembre, il 15 arrivò a Balranald, dove vennero scaricate, per alleggerire del peso eccessivo, provviste oltre ad armi e munizioni. Dopo circa due mesi di viaggio e 750 km percorsi arrivarono a Menindee, dove due degli ufficiali in comando e 13 uomini della spedizione furono fatti riposare, sostituiti da altri otto. Il 19 ottobre Burke divise la carovana, prendendo con sé i cavalli migliori e i sette uomini più in forma, per poter arrivare prima a Cooper’s Creek, dove avrebbe aspettato il resto del gruppo.

Robert O’Hara Burke e William John Wills

I violenti uragani della stagione invernale però trasformarono il terreno in distese di fango melmoso, e i cammelli inciampavano continuamente obbligando gli uomini a piedi. Dopo solo un mese di cammino cinque membri dell’equipaggio decisero di abbandonare la spedizione. Poi arrivò l’estate, le temperature superarono i cinquanta gradi, l’acqua venne razionata e molti uomini furono colti da febbre. A questo punto il cammino si fece sempre più arduo. Per affrontare gli ultimi chilometri prima del campo finale, gli uomini ormai stravolti, decisero di alleggerire ulteriormente il loro carico e abbandonarono lungo la strada quanto era più pesante incluse abbondanti scorte di cibo.

Burke insieme ai suoi uomini arrivò il Cooper’s Creek l’11 novembre, stabilendovi un campo base per poter attendere il resto degli uomini e per poter sostare sino alla fine della tremenda estate australiana. Tutto ciò modificò in maniera irreversibile lo schema prefissato della spedizione, i membri dell’equipaggio che fuggivano per far ritorno a casa, narravano racconti deliranti e a Melbourne si iniziò a dubitare circa l’esito della spedizione.

Arrivato il resto del gruppo, Burke divise nuovamente il gruppo in due e insieme a Wills, John King e Charles Gray, sei cammelli e un cavallo, decise di raggiungere il Golfo di Carpentaria. Ordinò a Brahe, l’ufficiale in comando del gruppo di uomini rimasti al campo base, di aspettare il loro ritorno nei tre mesi successivi, ma Wills più realista di Burke, disse a Brahe che probabilmente la loro missione di avanscoperta sarebbe durata non meno quattro mesi. Da Melbourne i rifornimenti non partirono mai. Wright abbandonò temporaneamente il campo di Menindie per tornare a casa sua aspettando notizie da Melbourne mentre a Cooper’s Creek il cibo stava per finire.

A.H. Massina & Co. 1860, La partenza della spedizione da Melbourne

Erano trascorsi quasi tre mesi e non si avevano notizie. Nel frattempo il gruppo di Burke avrebbe dovuto essere già di ritorno, ma non arrivò. Scattò l’allarme: Brahe non vedendo tornare né gli esploratori né arrivare i rifornimenti, dovette prendere una decisione che sarà fondamentale.

Il gruppo di Burke inizialmente composto da otto uomini, a causa delle defezioni lungo il cammino si ridusse a quattro. A stento raggiunsero il Golfo di Carpentaria in condizioni disperate. Il 9 febbraio 1861 la spedizione di Burke arrivò nel delta del fiume Flinders ma, a causa delle numerose mangrovie, capirono l’impossibilità di continuare il cammino verso il mare. Burke e Wills tentarono da soli di continuare ma, dopo aver percorso circa 20 km, si convinsero dell’impossibilità e tornarono indietro. Insieme agli altri decisero di far ritorno al campo di Cooper’s Creek, ma le riserve di cibo a quel punto erano così scarse, che tre dei cammelli che avevano con loro e il loro unico cavallo furono abbattuti per poter mangiare. Grey morì di dissenteria il 17 aprile e, dopo un giorno di pausa Burke, Wills e King fecero ritorno a Cooper’s Creek il 21 aprile trovando il campo abbandonato da poche ore.

John Longstaff: Arrivo di Burke, Wills e King all’accampamento deserto di Cooper’s Creek il 21 aprile 1861

Gli ordini impartiti da Burke prevedevano che se non fosse tornato entro tre mesi, Brahe avrebbe dovuto andargli incontro, ma questo supponeva che le scorte di cibo gli fossero arrivate nel frattempo. Invece non c’era quasi traccia di cibo e stavano finendo anche le ultime scorte, pertanto era impensabile andare in cerca di Burke.

Burke e i due esploratori si trovavano a soli venti chilometri di distanza dal gruppo appena partito, ma non erano in grado di stargli dietro avevano solo un cammello e procedevano a piedi.

Brahe decise di abbandonare il campo base solo nove ore prima dell’arrivo dei tre sopravvissuti, lasciando alcune provviste e un messaggio scritto in una bottiglia sotterrata sotto un albero, in cui spiegava la sua scelta. La bottiglia fu rinvenuta da Burke, che vi introdusse a sua volta uno scritto su cosa era stato del loro viaggio verso il Golfo di Carpentaria, la sotterrò nuovamente.

Recuperate le forze, Burke il 26 aprile obbligò i suoi compagni a proseguire verso il deserto di Strzelecki e il Mount Hopeless, senza ascoltare la proposta di Wills e King di raggiungere i loro compagni a Menindee.

Nel frattempo Brahe e Wright decisero di tornare nuovamente a Cooper’s Creek, per vedere se i loro compagni fossero ritornati, ma anche questa volta si mancarono, i tre erano a cinquanta chilometri dal campo base. Nel vedere che il campo era di nuovo deserto e senza segni che potessero far pensare a un possibile arrivo dei tre, Brahe non pensò nemmeno di dissotterrare la bottiglia in cui Burke aveva scritto  del suo arrivo e tornò a Menindee.

Stanchi per il lungo viaggio, la fame e la sete, la situazione dei tre esploratori si fece critica: Wills non riusciva più a camminare. Burke e King proseguirono a piedi nel tentativo di raggiungere il successivo campo intermedio, a oltre cento chilometri di distanza. Si cibarono con erbe selvatiche e uccisero l’ultimo cammello.

Strada facendo, il comandante Burke morì e King morente, trovò le forze per tornare a Cooper’s Creek, ma qui vide perire anche Wills, autore dei diari di viaggio ritrovati. King era disperato, ma venne salvato da un gruppo di aborigeni Yandruwandha, che lo aiutarono dandogli cibo e riparo. Fu un gruppo guidato dal capitano Howitt a trovare King in condizioni disperate a più di trecento chilometri di distanza.

Ritratto di John King

Successivamente furono elaborate tra il 1861 e il 1862 ben sei operazioni di recupero: due finanziate dal Comitato d’esplorazione, tre finanziate dalla Royal Society of Victoria e una dal Government of South Australia.

Il Governo dello stato di Victoria inviò Alfred William Howitt a recuperare i corpi di Burke e Wills a Cooper’s Creek, per poterli riportare a Melbourne e organizzare un funerale di Stato, tenutosi il 21 gennaio 1863 davanti a 40000 spettatori. I corpi dei due esploratori furono poi seppelliti al Melbourne General Cemetery. Nonostante la fine tragica, l’impresa di Burke e Wills non fu considerata inutile dato che aveva fatto conoscere la geografia interna del continente australe ancora del tutto inesplorato e soprattutto aveva convinto dell’inesistenza di un mare interno.

King, l’unico sopravvissuto, ricevette tutti gli onori possibili ed una rendita vitalizia che non gli servì molto, dato che morì due anni dopo quel terribile viaggio che lo segnò per sempre. La tragedia si concluse con un’inchiesta per far luce su quanto accadde e la grande vittoria sullo spaventoso “nulla” ovvero il deserto australiano, culminò in una sentenza al limite del paradosso.

Il primo indagato chiamato a deporre, nell’inchiesta voluta dal padre dell’esploratore Wills, fu la Victoria Royal Society di Melbourne che aveva patrocinato la spedizione.

L’inchiesta destò scandalo, le circostanze della morte degli esploratori erano poco chiare e i membri della commissione lavorarono oltre tre mesi per stabilire di chi fossero le gravi responsabilità di quel fallimento.

Wright si difese dall’accusa di non aver provveduto all’invio dei rifornimenti, accusando la Victoria Royal Society di aver sospeso i finanziamenti alla spedizione, la quale a sua volta accusò le banche di aver ritirato l’apertura di credito. Wright fu giudicato come il principale responsabile del fallimento. Fu costretto ad andarsene da Melbourne per sempre.

La commissione d’inchiesta scagionò però la Victoria Royal Society. Le continue defezioni degli uomini della spedizione e i loro racconti, fecero giudicare fallimentare la missione, pertanto le banche persero la fiducia nel progetto in cui non valeva più la pena di investire. La Victoria Royal Society cercò disperatamente nuovi fondi, ma occorreva tempo e nessuno era disposto ad intervenire.

Brahe accusato di aver disatteso gli ordini del comandante Burke, venne riconosciuto innocente. Agli aborigeni che salvarono King venne concessa loro una parte del territorio sul quale da sempre abitavano, mentre il resto delle terre venne interamente colonizzato dai bianchi. La commissione d’inchiesta stabilì di non procedere oltre.

Nel 1890 fu eretto al Royal Park di Melbourne un monumento nel punto di partenza della sfortunata esplorazione avvenuta trent’anni prima.

Il monumento al Royal Park di Melbourne

BIBLIOGRAFIA:

  • Moorehead Alan, La grande avventura di Cooper’s Creek, Garzanti 1972,
  • The Expedition of Burke and Wills & the Search to Find Them (by Burke, Wills, King & Walker) Benediction Classics, 2011

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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