Di Carlo Pavia
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La parte attualmente percorribile inizia appena fuori il Foro di Nerva, presso la Tor de’ Conti (attuale via Cavour): in questo tratto, reso agibile nel 1889, il condotto ha un’altezza di circa 3 metri (10 piedi romani), con il pavimento a circa 12 metri, ossia circa 6 metri sotto il livello antico (foto 1 e 2).
Un primo tratto in tufo rosso dell’Aniene è forse databile all’età augustea, mentre la sezione al di sotto del Foro di Nerva ha pareti in cementizio e volta in blocchi di peperino, il cui estradosso è in parte ancora visibile nell’area archeologica; in questo tratto esistono anche tracce di impermeabilizzazione in signino e la targa che ricorda l’ing. Narducci, uno dei studiosi dell’ipogeo (foto 3 e 4 con Claudio Mocchegiani Carpano, Carlo Pavia e Luca Mocchegiani).
foto 3 foto 4
La parte successiva che traversa diagonalmente il Foro di Nerva, non più accessibile, fu indagata negli anni 1927-1928 ed è probabilmente contemporanea alla costruzione del complesso monumentale.
Resta visibile il tratto sotto la Basilica Emilia (foto 5), in travertino e tufo dell’Aniene, probabilmente contemporanea alla costruzione della basilica stessa (tra il 55 e il 34 a.C.), che fu restaurata nel 1911 da Giacomo Boni.
Sotto il Foro Romano, il condotto procede in due gallerie parallele, per sopperire alla minore altezza. Questo tratto, sgomberato nel 1871, è costruito in opera incerta e in opera reticolata ed è databile alla tarda età repubblicana; sono tuttavia presenti anche resti più antichi, in cappellaccio, con tracce di falsa volta di copertura, che potrebbero risalire alla costruzione originaria.
Il settore sotto la Basilica Giulia, contemporaneo alla costruzione di questo edificio, ha una volta in tufo dell’Aniene; restano anche parti più antiche in tufo di Grotta Oscura (foto 6 e 7), riferibili probabilmente alla costruzione della precedente Basilica Sempronia (169 a.C.).
foto 6 foto 7
Il percorso prosegue lungo il Vicus Tuscus attraversando il Velabro: in questo tratto un condotto in cementizio del I secolo d.C. sostituisce con una modifica del percorso quello più antico, sbarrato, coperto con lastre di cappellaccio disposte a cappuccina, risalente al IV secolo a.C.
Oltre questo tratto l’accesso è difficoltoso e il condotto è scarsamente esplorato (foto 8 con Claudio Mocchegiani Carpano).
Un altro settore accessibile si trova nell’antico Foro Boario, in corrispondenza del cosiddetto Arco di Giano quadrifronte. In questo punto le acque che tuttora percorrono l’antico condotto vengono deviate in un collettore moderno e il resto del percorso è del tutto ostruito e inaccessibile (foto 9 con Carlo Pavia).
È tuttora visibile, presso i resti del Ponte Rotto, vicino al Ponte Palatino, l’antico sbocco della Cloaca Massima, costituita da un arco a triplice ghiera di conci in pietra gabina.
La Cloaca Massima aveva numerose ramificazioni (foto 10).
Davanti alla Basilica Emilia nel Foro Romano vi si immette il condotto che percorreva la Via Sacra proveniente dall’Arco di Tito e alle spalle della Basilica Giulia vi sboccano le fognature delle costruzioni domizianee (foto 11 con Carlo Pavia) sulle pendici del Palatino, costruite in laterizio (mattoni) e con copertura a cappuccina.
Essendo una fogna è ovvio che si può incontrare una flora ma soprattutto una fauna particolare: grandi colonie di vermi tubifex nonché di topi (foto 12 e 13).
foto 12 foto 13
La cosiddetta Bocca della Verità non era che un tombino la cui apertura periodica poteva agevolare la pulizia del sottostante tratto della cloaca (foto 14 e 15)
foto 14 foto 15
Per saperne di più, Carlo Pavia, ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore
Fine
Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.