Di Carlo Pavia
Il Palatino, essendo il colle più antico di Roma, presenta importanti vestigia ipogee di tutti i tempi, dall’epoca arcaica al medioevo, secoli di stratigrafia.
La casa dei Grifi
La casa, che prende il nome dalla particolare decorazione a stucco policromo di una lunetta (foto 2), non doveva essere molto grande, venne tagliata dalle massicce fondazioni dei palazzi di Nerone e di Domiziano (foto 3), ed oggi se ne vede solo una parte.
L’edificio venne costruito in opera incerta, con rifacimenti in opera quasi reticolata (foto 4, 5 e 6), è famoso per le pitture che lo decorano (foto 3 e 7), databili tra la fine del II e l’inizio del I secolo a.C. (mentre la casa è più antica).
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Una stanza a pianta rettangolare ha il pavimento decorato con al centro una zona quadrata con pietre e marmi policromi a formare un disegno di cubi in prospettiva (foto 6 e 7). Questa tipologia di decorazione si chiamava opus scutulatum, il più antico pervenutoci a Roma, che aveva come modello originario quello del tempio di Giove Capitolino, composto tra il 149 e il 146 a.C. In quel periodo si assiste alla progressiva sostituzione pittorica di elementi strutturali, già usati nella decorazione parietale col più costoso stucco, con un maggior uso di elementi architettonici probabilmente desunti da vere architetture e forse influenzati dai pittori di scenografie. Questo stile dominò la decorazione in ambito romano fino agli ultimi decenni del I secolo a. C.
Anche le pitture della casa, in secondo stile, sono le più antiche pervenuteci di tale tipologia. La stanza con volta a botte è riquadrata in alto da lastre di onice, cipollino e porfido e conclusa da ortostrati e una cornice con dentelli. Per la prima volta si incontra la rappresentazione di colonne illusionistiche, come se si staccassero dalla parete, appoggiate su un fittizio podio con scutulatum e dal quale si “staccano” in prospettiva le basi delle colonne stesse ornate da rombi su fondo scuro. Le colonne sono composte da rocchi a bugne, con capitelli compositi; esse sostengono un architrave della quale è dipinta anche la parte inferiore, secondo la visuale prospettica. Lo sfondo però non presenta ancora vedute prospettiche, come nelle più tarda Casa di Livia, ma riproduce invece la struttura del muro a blocchi (foto 3), mutuata dal primo stile (anche se nel primo stile era eseguita a stucco).
Le altre due stanze sono decorate con pitture nello stile strutturale, transizione dal primo stile priva dei rilievi a stucco. Al primo piano restano altre tracce dei pavimenti decorati a mosaico.
La domus Transitoria
La Domus Transitoria era uno dei palazzi imperiali sul colle Palatino a Roma.
Era la più antica delle abitazioni imperiali di Nerone, distrutta dal grande incendio di Roma del 64 e sostituita in seguito dalla più sfarzosa Domus Aurea.
L’edificio si trovava nella parte centrale del colle e ne sono state trovare varie tracce sotto la Domus Flavia dell’epoca di Domiziano. Tra queste c’è un ricco pavimento marmoreo pertinente forse a un portico (foto 8), rinvenuto sotto la sala della fontana ovale accanto alla Coenatio Iovis, e un ricchissimo ninfeo con colonnine di marmo e capitelli bronzei (foto 9 e 10), rinvenuto nel 1721 sotto la Coenatio e subito distrutto.
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Oggi un angolo del ninfeo è stato ricostruito (foto 11, 12 e 13). Faceva inoltre parte del complesso il criptoportico di Nerone, che collegava l’abitazione con la vicina Domus Tiberiana.
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Dalla Domus Transitoria, in particolare da un ambiente tagliato poi dai muri della Domus Aurea, provengono i soffitti dipinti con scene mitologiche staccati e conservati nell’Antiquarium del Palatino, i più antichi esempi di pittura di quarto stile, forse del pittore Fabullus.
Il Criptoportico di Nerone
Il criptoportico (dal greco criptos (nascosto) e dal latino porticus), nell’architettura dell’antica Roma, era un corridoio o una via di passaggio coperta (foto 14).
Tale struttura può essere al livello del terreno, ma di solito è seminterrato, e supportava una struttura come un foro o una villa romana, nel quale caso fungeva da basis villae, come corridoio di servizio non esposto alla vista. Quello di Nerone sul Palatino conserva ancora un interessante tratto (foto 15, 16 e 17) di volta stuccata (l’originale si conserva nell’Antiquarium del Palatino).
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Le cave antiche e medioevali
Un labirinto sotterraneo nel quale ci si muove quasi solamente utilizzando tecniche speleo. Vi si incontrano ambienti scavati dall’età romana (in alcuni punti sono ancora in sito le lucerne, unica fonte di luce dell’ambiente) a quelli medioevale. (La foto 18 è di Claudio Mocchegiani Carpano).
Per saperne di più, Carlo Pavia, ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore
Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.