Il Teatro di Pompeo (in latino: Theatrum Pompeium), apparentemente oggi non più esistente, è stato il primo teatro di Roma costruito in muratura (theatrum marmoreum).
Si trovava nella zona del Campo Marzio, oggi appartiene al rione di Parione.
Una parte della cavea del Teatro è tuttora visibile nei corridoi dell’odierno Hotel Lunetta ma soprattutto sotto il ristorante Da Pancrazio.
Via di Grottapinta: l’andamento curvilineo delle case ricalca quello della cavea del Teatro di Pompeo, su cui furono costruite in epoca medievale.
Fu eretto per volere del console Pompeo tra il 61, anno del terzo trionfo, e il 55 a.C., anno del suo secondo consolato, e fu per Roma una innovazione straordinaria: la legge romana vietava infatti la costruzione di teatri in muratura, per mantenere il carattere religioso che il teatro possedeva dalla tradizione greca; teatri provvisori in legno venivano eretti soltanto in prossimità di luoghi di culto.
Pompeo, per portare a termine il suo progetto, costruì su un podio rialzato un tempio dedicato a Venere vincitrice la cui gradinata di accesso era costituita dall’intera cavea teatrale, ricopiando probabilmente il Tempio della Fortuna Virile di Preneste (l’attuale Palestrina): in questo modo gli fu possibile aggirare il divieto del Senato.
Aveva un diametro esterno di circa 150 m e disponeva di 17.500 posti a sedere, nei quali gli spettatori si distribuivano entrando dalle numerose arcate.
La scena era decorata da tre ordini sovrapposti di colonne e il tutto era sormontato da una lunga tettoia sporgente per dirigere verso il pubblico i suoni e le voci degli attori.
Era arricchita da un monumentale quadriportico con colonne di granito (Hecatostylum) che si stendeva fino all’area sacra di largo Argentina.
Qui (all’incirca in corrispondenza dell’attuale Teatro Argentina) era la grande aula detta Curia Pompeii, dove si tenevano riunioni del Senato e dove Cesare fu pugnalato, ai piedi della statua monumentale del suo avversario.
Nei sotterranei del Teatro Argentina si conservano alcuni resti decorativi della curia (foto 8,e 9) e alcune colonne del portico ancora in situ (foto 10) mentre altri elementi decorativi sono stati riutilizzati dal medioevo in poi per le stanze conventuali superiori (foto 11 e 12).
La statua di Pompeo, ritrovata nel XVI secolo, è oggi visibile a Palazzo Spada.
Benché Augusto avesse fatto murare la Curia come locus sceleratus, il teatro rimase in uso e venne restaurato dagli imperatori fino al V secolo (ancora al tempo del re goto Teodorico, un cancelliere di corte ricordava con parole piene di ammirazione il Teatro di Pompeo, ricco di marmi, sculture ed affreschi, con “caverne” coperte a volta con pietre pendenti collegate “in forme bellissime”).
Teatro e tempio furono più volte danneggiati da incendi.
Attorno al 22 d.C. subì un primo incendio: i restauri furono compiuti da Tiberio e Caligola e il teatro fu nuovamente dedicato da Claudio.
In occasione della visita del re armeno Tiridate a Roma, Nerone fece dorare tutto l’edificio in un solo giorno.
Nell’incendio dell’80 d.C., che tra l’altro distrusse il Pantheon di Agrippa, fu nuovamente danneggiato; il restauro fu eseguito da Tito e Domiziano.
Gli ultimi incendi, dopo i quali il teatro non fu più restaurato, avvennero sotto gli imperatori Filippo e Carino.
Nel Medioevo anche questo impianto divenne cava di materiali edilizi e fondamento di successivi edifici.
Sulle rovine della cavea vennero edificate le dimore degli Orsini e la Chiesa di Santa Barbara dei Librai (nelle fosse comuni è possibile notare qualche tratto della scena).
Il profilo della cavea è ancora riconoscibile nelle vie di Grottapinta, per la parte interna, e nel percorso tra via del Biscione e via dei Giubbonari per la parte esterna.
La visione aerea zenitale della zona restituisce perfettamente l’andamento del grandioso edificio.
Resti delle murature e delle arcate del portico, oltre che inclusi nelle cantine degli edifici successivi, sono visibili nei locali sotterranei dei palazzi nobiliari della zona.
Una belle sequenza di cunei d’accesso alla cavea è visibile sotto il ristorante Da Pancrazio in via del Biscione (da foto 14 a 23).
Per saperne di più, Carlo Pavia, ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore
Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.