La beffa del tempo

Ricordo un orologio a cucù con le pigne appese alla catenella come pesi. Una porticina, che si spalancava ad ogni ora e mezza ora, lasciava uscire un uccellino implume dalla voce stridente e artefatta che, mischiata al rumore di sottofondo prodotto dal meccanismo interno, strillava “cucù” a più riprese.
Oggi la sua immagine, fissata nella memoria un po’ nebbiosa di quegli anni infantili, torna a presentarmi l’emblema della “beffa” che il tempo ci ha giocato e continua a giocarci senza fare eccezioni né sconti.

“Cucù” strilla il tempo e, giocando a nascondino dalla porticina, si sporge e si ritrae senza spiccare il volo, tenendo dietro al ritmo obbligato delle lancette del quadrante:
è prigioniero del Tempo, il tempo.
Chiunque lo pratichi come fosse un suo avventore, pensando di poterne comprare e possedere sempre e comunque, sovverte l’ordine delle cose;  mente a sé stesso o non sa che non dovrebbe mai sentirsi un cliente del tempo, né percepirlo alla stregua di una merce esposta su una bancarella, rischiando di divenire così suo dilapidatore oppure, per sorte inversa, un suo avidissimo conservatore ingeneroso.

Siamo soliti dire che non abbiamo tempo, che il tempo non basta mai, che forse domani avremo più tempo, che il tempo non ha tempo per noi, o noi non ne abbiamo per esso, che i tempi non sono maturi o che invece sono maturati troppo in fretta e pure un po’ passati.

Prima o poi tutti arriviamo al punto in cui ci rendiamo conto di essere stati beffati e, mentre cerchiamo ancora di contrattare sul tempo in questo strano, quanto mai bizzarro, mercato pieno di promesse, assediati da ogni genere di sollecitazione ad effetto straniante, lui (il tempo) è già scattato in avanti superando ogni nostra illusoria rivendicazione.
Il tempo non indugia e soprattutto non si ferma ad attenderci. Trascorre e basta.

Quando arriva il momento della consapevolezza, se pure abbiamo dilapidato gli anni inseguendo freneticamente la vita,  ci accorgiamo che troppe volte per troppa fretta non siamo riusciti a cogliere nella giusta proporzione quanto abbiamo vissuto.
Un po’ come aver vissuto solo in parte ciò che avremmo potuto vivere per intero.
Un’ amica un giorno mi disse di avere vissuto in contumacia, senza prenderne coscienza sino al momento in cui si era inceppato una specie di ingranaggio, sul quale aveva ruotato sino ad allora assieme a tutto il suo piccolo universo.
Quando l’esercizio dei suoi giorni, ritmati dal motivetto eseguito da un ipotetico carillon, aveva smesso di girare, si era interrotto bruscamente proprio su una nota stonata. 

Non vuole essere un’autocitazione, per carità, ma spesso la nota stonata è quella rivelatrice, giacché capita che interrompa proprio quelle note perfette, prevedibili e oramai ampiamente collaudate, comode e facilmente adattabili all’orchestra convenzionale del mondo. 
Ma questa è un’altra storia. E di tutto ciò il Tempo certamente non ha colpa.
Non hanno un peso gli anni trascorsi ma quanta vita abbiamo impiegato in essi, quanta parte di noi era presente al Presente, e quanta invece al contrario era troppo proiettata al Futuro, con il rischio incombente per tutti di finire col ripiegare sul Passato.

Un suggerimento dello scrittore Franz Kafka, che suona divertente e non privo di ironia, è alquanto significativo:

“Lascia dormire il futuro come merita. Se si sveglia prima del tempo, si ottiene un presente assonnato”.

In breve, arriverà il momento di fermarci e di riguardare alla moviola un po’ di quegli attimi che, per troppa urgenza o al contrario  per incertezza, distrazione o anche per avidità di tempo, non abbiamo saputo cogliere per intero.

Esiste però una dimensione differente, una specie di non luogo temporale dove il Tempo viene annullato. 
Secondo il poeta americano Henry Van Dyke questa è la dimensione propria dell’Amore, e ce lo spiega attraverso una sua poesia:

Il Tempo è

l tempo è
troppo lento per coloro che aspettano,
troppo rapido per coloro che temono,
troppo lungo per coloro che soffrono,
troppo breve per coloro che gioiscono;
ma per coloro che amano,
il tempo non è.

Henry Van Dyke

Egli ci racconta ciò che molti di noi probabilmente hanno provato almeno una volta nella vita: la sospensione temporale di chi ama, per il quale non esiste più tempo né alcuna altra limitazione al mondo.

Forse ha ragione Albert Einstein quando afferma che:

“Il tempo è un’illusione”,

e in fondo tutti noi in parte viviamo di illusioni alle quali ciascuno dà un nome suo, e, persino quando definiamo il valore del Tempo o dell’Amore, abitiamo ciò che solo per noi rappresenta lo spazio di una Vita o di un Sentimento.

Mi piacerebbe allora che di questa strana moneta preziosa che chiamiamo Tempo non ci si preoccupasse di fare incetta e neanche che si cadesse nel vizio opposto di farne spreco. 
Il segreto potrebbe essere allora quello di donarne e dedicare tempo alla bellezza delle nostre passioni, perché ci torni indietro trasformato in altrettanta bellezza e si moltiplichi nel vissuto pieno, che nessun tempo comune, catturato da un qualsiasi orologio, potrà mai scandire e imprigionare.

Forse.

Fino a poco tempo fa mi sono nascosta dietro l’eteronimo di Nota Stonata, una introversa creatura nata in una piccola isola non segnata sulle carte geografiche che per una certa parte mi somiglia.
Sin da bambina si era dedicata alla collezione di messaggi in bottiglia che rinveniva sulla spiaggia dopo le mareggiate, molti dei quali contenevano proprio lettere d’amore disperate, confessioni appassionate o evocazioni visionarie.
Oggi torno a riprendere la parte di me che mancava, non per negazione o per bisogno di celarla, un po’ era per gioco un po’ perché a volte viene più facile non essere completamente sé o scegliere di sé quella parte che si vuole, alla bisogna.
Ci sono amici che hanno compreso questa scelta, chiamandola col nome proprio, una scelta identitaria, e io in fin dei conti ho deciso: mi tengo la scomodità di me e la nota stonata che sono, comunque, non si scappa, tentando di intonarmi almeno attraverso le parole che a volte mi vengono congeniali, e altre invece stanno pure strette, si indossano a fatica.
Nasco poeta, o forse no, non l’ho mai capito davvero, proseguo inventrice di mondi, ora invento sogni, come ebbe a dire qualcuno di più grande, ma a volte dentro ci sono verità; innegabilmente potranno corrispondervi o non corrispondervi affatto, ma si scrive per scrivere… e io scrivo, bene, male…
… forse.
Francesca Suale

Un commento su “La beffa del tempo

  1. Il tempo una ricchezza di cui, come le altre ricchezze meno importanti e fugaci, non ce ne rendiamo conto, non le apprezziamo se non quando rischiamo di perderle oppure quando non ne abbiamo più. Chi è in ospedale o alle prese con una malattia, oppure in attesa di una notizia che può fare da spartiacque, chi assiste una persona cara malata vive il tempo in un’altra dimensione. C’è forse chi ha qualche ora o giorno o settimane o anni a disposizione sia in modo consapevole che a sua insaputa. Più che nella pensione o in una rendita è importante poter contare appunto sul tempo che quasi sempre è galantuomo. Poi c’è il tempo del musicista e quello di un gesto atletico o quello teatrale. Artisti o campioni conoscono bene il tempo dell’attesa del momento giusto. Così come lo conoscono gli amici e gli innamorati. Qualsiasi gesto per quanto bello o profondo ha bisogno del suo tempo

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