La domanda potrebbe rimanere senza risposta se si considerassero alcuni casi clamorosi come quello dei fratelli Hermann ed Albert Goering, il primo dei quali fu il fervente nazista che sappiamo, mentre il secondo scelse di essere un dissidente.
Il cognome Goering è tristemente famoso a causa delle atrocità fatte compiere da Hermann, che fin dalla prima ora, fu uno dei più fedeli sostenitori di Adolf Hitler.
Nominato Maresciallo del Reich per la sua assoluta condivisione dei principi del nazismo, Hermann fu l’artefice della rinascita dell’aviazione tedesca, la celebre Luftwaffe, e di quella della polizia segreta, la Gestapo, che, a partire dal 1933, affidò a Heinrich Himmler.
Fu lo stesso Hermann, nel 1942, a impartire, per volontà del Fuhrer, l’ordine di allestire campi di sterminio per la “soluzione finale del problema dell’ebraismo”.
Fu sempre lui a dirigere l’eccidio delle SA di Ernst Röhm nel corso della cosiddetta “notte dei lunghi coltelli“, tra il 29 giugno e il 30 giugno 1934.
Quel che non tutti sanno, però, è che Hermann aveva un fratello minore: Albert Günther Goering, che per personalità era esattamente il suo opposto.
Pacifista e contrario ad ogni forma di violenza, Albert assomigliava come carattere al loro padrino, un nobile di origine ebraica, il Ritter Hermann von Epenstein.
Albert Goering nacque a Friedenau, un sobborgo di Berlino, il 9 marzo 1895 ed era l’ultimo dei cinque figli di Ernst Heinrich Göring, ex Reichskommissar dell’Africa Tedesca del Sud-Ovest (l’odierna Namibia) e Console Generale ad Haiti, e di sua moglie Franziska “Fanny” Tiefenbrunn che era della Baviera.
I Goering avevano numerosi parenti tra Svizzera e Germania, tra cui i conti Zeppelin, lo storico dell’arte Hermann Grimm, lo storico svizzero Jacob Burckhardt e la famiglia Merck, proprietaria del gigante farmaceutico tedesco.
La moglie di Heinrich, Fanny, presto si innamorò di un ricco medico della società, il Ritter Hermann von Epenstein.
C’era lui al suo fianco, sia quando nacque Hermann, che alla nascita del figlio minore, Albert Günther, ed annunciò che sarebbe stato il padrino dei bambini e che avrebbe ospitato la famiglia nei suoi castelli.
Molti pensavano anche che Albert fosse il frutto della relazione materna e le voci si intensificarono quando Albert crebbe e la gente cominciò a notare una certa somiglianza fisica con il suo padrino ebreo.
La famiglia trascorreva gran parte dell’anno a Veldenstein, un imponente bastione medievale in Franconia, e le estati a Mauterndorf, in un castello da fiaba sulle montagne dei Tauri in Austria.
I pasti venivano annunciati da un corno da caccia e il personale che li serviva era vestito in abiti medievali!
Epenstein in pratica funse da figura paterna per i bambini, dato che Heinrich Goering si trovava spesso lontano da casa per i suoi compiti diplomatici sparsi nel mondo.
Se Hermann era un ragazzo ribelle che rimbalzò da un collegio all’altro, Albert sembrava un ragazzo serio e triste che preferiva leggere un libro piuttosto che ricercare l’azione, come suo fratello.
A scuola sedeva in fondo alla classe e pareva davvero che non ci fosse altro che il nome a collegare i due ragazzi.
“È sempre stato l’antitesi di me stesso“,
disse Hermann allo psichiatra americano Leon Goldensohn, che lo intervistò durante il processo di Norimberga nel 1946.
“Non era politicamente o militarmente interessato; io invece lo ero. Era tranquillo, solitario; a me invece piace folla e compagnia. Era malinconico e pessimista, e io sono un ottimista. Ma non è affatto un cattivo uomo, Albert”!
Albert si iscrisse, nel 1919, all’università tecnica di Monaco per studiare ingegneria meccanica.
Qui poté vedere da vicino i futuri leader del terzo Reich incluso Heinrich Himmler, allora uno studente di agronomia e attivo nelle confraternite, terreno fertile per il nascente movimento nazista.
Albert sembrava non interessarsi alla politica, eppure già studiava i suoi futuri avversari.
Quel ragazzo sembrava aver ereditato il carattere da “bon viveur” del suo padrino ed era destinato in principio, ad operare nel settore cinematografico.
Divenne imprenditore cinematografico e coi suoi mezzi finanziari ostacolò il partito nazista aiutando numerose famiglie ebree, come quella del suo ex capo e produttore di film Oskar Pilzer, a fuggire dal Reich.
La sua attività di dissidente “di lusso”, si intensificò quando venne nominato direttore delle esportazioni alla Skoda Werke in Cecoslovacchia, favorendo piccoli atti di sabotaggio e rimanendo in contatto con la resistenza ceca.
Albert falsificò più volte la firma del fratello su documenti di transito per consentire ai dissidenti di fuggire, mandando anche più volte dei camion nei lager, con la richiesta di lavoratori, camion che poi si fermavano in luoghi isolati per permettere a questi di fuggire.
Hermann era una camicia bruna della prima ora, costruttore della fortuna di Hitler ed era divenuto ormai vice Führer e Maresciallo del Reich.
L’altro Goering, Albert, era un uomo buono, un po’ malinconico, che non sopportava le ingiustizie e odiava le divise.
Era molto amato dagli ebrei, per proteggere i quali era disposto a rischiare la vita.
Solo l’intervento di Hermann in persona aveva evitato che finisse dentro più di una volta, per il disprezzo che mostrava pubblicamente per le camice brune.
Con quel cognome era tuttavia un intoccabile e a fin di bene ne approfittò!
Migliaia di ebrei gli devono la vita.
Li aiutò a fuggire in tutti i modi, aprendo conti bancari, comprando i loro carcerieri per farli evadere, e firmò inoltre documenti falsi per liberare i capi della resistenza ceca.
Dunque Albert usò per anni la magia del suo nome per mettere in salvo ebrei e oppositori del regime.
Persino la moglie di Franz Leáhr, il re dell’operetta, era nella “Goering List” e fu per via di questa lista che Albert si salvò, finita la guerra.
L’autorevole “Süddeutsche Zeitung” ha ricostruito la vita di Albert in un lungo articolo di Adam LeBor.
Nell’archivio statale britannico, LeBor ha trovato il fascicolo chiamato “Special Operation Executive”, l’unità creata da Churchill durante la guerra per condurre operazioni oltre le linee nemiche.
In quel fascicolo figuravano testimonianze dirette, lettere, protocolli di interrogatori condotti dagli ufficiali del SOE, tutte carte in cui l’incredibile avventura del fratello del gerarca nazista veniva raccontata nei dettagli.
In più, LeBor è riuscito a rintracciare anche i figli di alcune delle persone salvate.
Che si trovasse a Vienna, a Roma, a Praga o a Bucarest, prima del 1939 o in pieno conflitto, Albert riuscì a far liberare esponenti della resistenza.
Portò perfino in salvo in Romania un oppositore, praticamente sotto gli occhi del famigerato Heydrick, e aprì perfino un conto in Svizzera per aiutare partigiani ed ebrei in fuga.
Tutto ciò ha portato LeBor a nutrire più di un sospetto che Albert fosse effettivamente figlio del Ritter Hermann von Epenstein, padrino suo e del fratello: un ebreo!
“Quando i nazisti invasero Vienna – raccontava George Pilzer, figlio di Oskar, proprietario di un’azienda cinematografica nella quale Albert lavorò come direttore – la nostra casa fu assalita e mio padre fu subito messo in carcere. Albert era suo amico e si precipitò alla Gestapo: lo liberarono il pomeriggio stesso”.
Per il giornalista della BBC Gavin Esler, Albert un ruolo importante nell’aiutare gli ebrei e gli oppositori del nazismo lo ebbe senza dubbio. Anche in patria infatti Albert andava spesso fino all’ufficio di Berlino del fratello per ottenere un favore per un amico ebreo o per un prigioniero politico, manipolando l’ego di Hermann e giocando sul suo senso del dovere familiare.
In questo senso, Hermann era una rete di sicurezza per Albert, che intanto diventava sempre più audace nella sua dissidenza, mentre una montagna di rapporti della Gestapo si accumulava contro di lui.
Fu soprattutto dopo che furono scovati negli archivi i rapporti della Gestapo e ascoltate le registrazioni degli interrogatori da parte americana, oltre alle tante testimonianze di sopravvissuti, che si scoprì che il giovane Goering aveva rischiato la pelle per salvare le vittime dei nazisti, ottenendo permessi di uscita per gli ebrei e trasferendo i loro beni all’estero gratuitamente.
Lo storico australiano William Burke ha riferito un episodio in cui Albert salvò in Cecoslovacchia molti internati di un lager nazista:
“Albert Goering si recò con un camion in un lager nazista, si presentò come il fratello del Maresciallo del Reich e si fece consegnare numerosi prigionieri da impiegare nelle officine Skoda. Una volta uscito e al sicuro, li liberò tutti”.
Burke ha aggiunto che nel 1945, durante la sua prigionia dopo la guerra, Albert stilò una lista con i nomi delle persone da lui salvate e tutti i dati da lui forniti vennero poi confermati come veritieri.
Lo storico australiano rivela che il fratello di Goering rischiò spesso la vita per salvare le vittime dei nazisti, al punto che venne arrestato quattro volte dalla Gestapo, e anche se il suo nome finì per proteggerlo, la sua azione non fu certo priva di pericoli.
“Nell’aprile 1938, da pochi giorni l’Austria è stata annessa alla Germania e a Vienna alcune SS si divertono ad umiliare un gruppo di ebrei, uomini e donne, costringendoli a pulire in ginocchio il suolo con delle spazzole.
Dalla folla di curiosi si staccò un uomo che, con spazzola in mano, si inginocchiò insieme a loro iniziando anch’egli a strofinare. Quando gli viene intimato di alzarsi e mostrare i documenti, l’uomo obbedì e si alzò con calma, nel suo sguardo non c’è traccia paura e questo venne interpretato come una sfida. Ad accrescere la rabbia delle SS, l’uomo affermò di essere amico degli ebrei e di volerli aiutare.
Un militante di fronte a lui stava per colpirlo quando una mano lo fermò: era il suo camerata che stava leggendo il documento dell’uomo che stava sfidando i soldati del Terzo Reich dove spiccava il suo nome e dopo i controlli del caso, da Berlino arrivò la conferma e l’uomo venne rilasciato con molte scuse imbarazzate” raccontò un testimone del fatto.
Un altro episodio citato dagli storici avvenne sempre nel 1938 a Vienna, quando il fratello di Hermann Goering vide un’anziana signora alla quale le SA avevano appeso al collo il cartello “Sono una troia ebrea“.
Albert le strappò il cartello dal collo, ingaggiò una colluttazione con le SS e venne arrestato.
Quando i nazisti si resero conto della sua identità lo lasciarono andare sconcertati.
Sono state trovate le prove che usò anche i suoi contatti nell’apparato nazista per far uscire alcuni ebrei dai campi di concentramento e per fermare le indagini della Gestapo su alcuni partigiani cechi.
Ma per Elser sarebbe anche un altro, oltre ad un imperativo morale, il motivo che ispirò le attività di Albert Goering: egli sarebbe stato in effetti figlio di un ebreo, nato davvero dalla relazione della madre Fanny con Hermann von Epenstein, dottore e uomo di affari.
Una storia rivelata a Elizabeth Goering Klasa, sua unica figlia, proprio dal padre Albert.
Nel 1944, un mandato di morte incombeva su Albert, chiedendo la sua esecuzione a vista.
Era nascosto a Praga ed Hermann fece di tutto per salvarlo.
“Mio fratello mi disse allora che era l’ultima volta che poteva aiutarmi, che anche la sua posizione, non era tanto sicura e che doveva sempre chiedere a Himmler personalmente di sistemare l’intera faccenda”, ha testimoniato Albert a Norimberga.
Il fratello “ebreo” di Goering passò due anni dopo la guerra nelle prigioni degli Alleati, mentre Hermann si suicidò con il cianuro in carcere nel 1946, la notte prima di essere impiccato a seguito del processo di Norimberga.
Il cognome che una volta permetteva ad Albert di salvare tante vittime del nazismo, divenne l’onere ultimo da sopportare.
Fu soltanto nel 1947 che in Cecoslovacchia, grazie alle testimonianze dei partigiani e dei suoi sottoposti della Skoda, che Albert venne liberato.
Albert, con quel cognome terribile da portare, nel dopoguerra visse a Monaco di Baviera, senza riuscire però a trovare mai un lavoro definitivo, benché fosse laureato.
Morì nel 1966, depresso e in solitudine.
La sua moglie ceca, Mila, inoltre chiese il divorzio e portò la sua unica figlia, Elizabeth, a vivere in Perù.
Albert non rivide più o parlò di nuovo con sua figlia, eppure sia lei che sua madre mantennero sempre rispetto per lui.
“Una cosa che devo dire” aggiungeva Elizabeth. “Non so cosa sia successo tra loro e quanto tempo ci sia voluto mia madre per decidere il divorzio, ma mia madre e mia nonna non hanno mai detto una parola contro di lui.
Albert era l’unica persona tedesca rispettata da mia nonna”.
Albert rifiutò sempre le idee politiche di Hermann e se ne sentì sempre tradito, come fratello e come membro della famiglia Goering.
“Ho un fratello in Germania coinvolto negli affari di quel bastardo di Hitler” aveva detto Albert una volta al suo caro amico Albert Benbassat “e farà una brutta fine se continua su questa strada”.
Hermann in seguito confessò: “Non ci siamo mai parlati a causa dell’atteggiamento di Albert verso il partito. Nessuno di noi era arrabbiato con l’altro. Era una separazione dovuta alla situazione.”
I fratelli si incontrarono per l’ultima volta nel maggio del 1945, in una prigione di transito ad Augusta.
Hermann era stato catturato dagli Alleati, mentre Albert era detenuto per essere semplicemente suo fratello.
Nel cortile della prigione si abbracciarono e Hermann disse:
“Mi dispiace molto, Albert, che sei tu che devi soffrire così tanto per causa mia.
Sarai presto libero. Quindi, per favore, prendi mia moglie e la mia famiglia sotto la tua cura. Addio!”
E quella fu l’unica volta che Albert gli obbedì.
La sua unica disgrazia fu di portare quel cognome ma del resto le cose buone della sua vita non sarebbero state possibili se si fosse chiamato in un altro modo.
C’è voluto più di mezzo secolo perché qualcuno scoprisse la verità su Albert Göring e scoprisse che accanto alla “lista Schindler” esisteva anche una “lista Goering”.
Alla fine della guerra molti sopravvissuti testimoniarono in favore di Albert, così la sua attività antinazista lo salvò da ogni condanna, ma questi meriti non divennero mai noti mentre lui era ancora in vita, come avrebbe meritato.
Nel dopoguerra trovò solo lavori occasionali come scrittore e traduttore. Viveva in un modesto appartamento, conducendo una vita ben lontana da quella aristocratica dell’infanzia.
Negli ultimi anni percepì una pensione dal governo e sapendo che se si fosse sposato alla sua morte la pensione sarebbe stata trasferita a sua moglie, come atto di gratitudine sposò la sua governante, la donna che lo aveva accudito fino alla sua fine.
Dal 1966, anno della sua morte, solo agli inizi degli anni Duemila qualcuno cominciò finalmente a ricordarsi di Albert e delle sue attività “degeneri”, tanto che, purtroppo, fino a pochi anni fa nessuno storico della Shoah e nessun centro sulle attività antinaziste aveva ancora dato ad Albert ciò gli spettava:
una giusta e onorata memoria!
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.