Questo era, più o meno, il pensiero che circolava in Europa nel XVI e XVII secolo e, secondo questa teoria, le persone, che vivevano all’estremo nord del continente, erano più inclini alla cattiveria rispetto a chi viveva in paesi più soleggiati.
Seguendo oggi da Capo Nord la costa verso Est, attraverso un tunnel sottomarino, si arriva all’isoletta di Vardø; nel gelido mare di Barents, essa è la propaggine più orientale della Norvegia, più o meno alla medesima latitudine della città russa di Nikel, che prende il nome dal metallo che vi viene estratto.
Qui, sul litorale rivolto alla terraferma, si allunga un’affilata struttura sospesa, che la notte brilla di novantuno lumini: è lo Steilneset memorial, ricorda le vittime del fanatico re di Danimarca e Norvegia, Cristiano IV, quando cercò di lasciare la sua impronta nella storia, rafforzando col terrore religioso la sua presa sulla regione più settentrionale del regno.
Qui, insieme ai norvegesi, convivono e convivevano i sami, popolo indigeno del nord, che per propiziarsi quel clima ostile “intessevano i venti” e suonando tamburi cercavano un contatto con gli spiriti defunti perché proteggessero i marinai.
Figuriamoci quanta cattiveria doveva albergare in quell’estremo lembo orientale della contea di Finmark, là dove l’ovest incontra l’est! Tanta, visto che la cittadina di Vardø si guadagnò il soprannome di “capitale delle streghe della Norvegia”.
Agli inizi del 1600, le poche persone, circa tremila, che abitano quelle inospitali coste sparse in una manciata di paesi, erano per una metà norvegesi e per l’altra Sami (i nativi, anche chiamati lapponi), e tutti vivevano per lo più di pesca.
Per i teologi del re il fatto che gran parte delle donne scandinave dei villaggi trascorrevano molto tempo da sole, costituiva un problema, in quanto esse divenivano possibili prede delle tentazioni; altro problema era costituito dai Sami, guardati male per quella loro religione animista, con gli sciamani capaci di “magie”, per i cristiani protestanti, e di evocare i morti con l’ossessivo suono dei loro tamburi.
In quelle terre dell’estremo nord il governo centrale non era molto presente, erano le autorità locali perciò a fare e disfare, anche in materia di giustizia. Questi funzionari spesso non erano norvegesi, ma uomini di Scozia, Germania e Danimarca, paesi con una storia di processi alle streghe; essi erano influenzati dal pregiudizio europeo di allora dove i religiosi spesso avevano affermato che “Il male è venuto dal Nord,” dal Nordkalotten, la casa del popolo Sami.
Nel 1617 il re di Danimarca e Norvegia Cristiano IV, emanò una legge contro la stregoneria, che arrivò con un ritardo di circa tre anni anche nel Finmark. Arrivò insieme a funzionari tedeschi e scozzesi, conosciuti per essere i più implacabili cacciatori di streghe d’Europa, e difatti si scatenò una caccia che nemmeno durante l’isteria collettiva di Salem sarà uguagliata: solo a Vardø, nel primo grande processo del 1621, 77 donne (quasi tutte norvegesi) e 14 uomini (tutti Sami) finirono sul rogo. Secondo Rune Blix Hagen, dell’Università di Tromsø, basandosi solo sulle fonti documentate “dal 1593 al 1692, vi furono circa 140 processi alle streghe a Vardøhus (capoluogo del Finnmark, la contea più a nord della Norvegia). Circa 100 delle streghe, principalmente donne, furono bruciate sul rogo, e circa 27 dei processi nel Finnmark hanno colpito anche le popolazioni indigene della Norvegia, i Sami.”
Era la vigilia di Natale del 1617 e sulle coste del Finmark si scatenò una tempesta spaventosa, il mare sembrò sollevarsi fino al cielo, per precipitare poi giù. Non ci fu scampo per i pescatori che erano in mezzo alla burrasca, arrivata all’improvviso come per “uno schiocco di dita”.
Delle ventitré barche che erano là fuori, nel fiordo di Varanger, solo cinque riuscirono a rientrare a Vardø. Quaranta uomini erano morti nella tempesta, un disastro che lasciò il villaggio quasi senza uomini.
Quando la tempesta si acquietò all’improvviso, le donne si raccolsero a riva per scrutare l’orizzonte. Degli uomini usciti in barca non vi era, però, nessun segno: quaranta pescatori, dispersi nelle gelide acque del Mare di Barents.
Alla ventenne Mari Magnusdatter, che aveva perso il padre, il fidanzato e il fratello nella burrasca, e a tutte le donne di Vardø non restava che mettere a tacere il dolore e cercare di sopravvivere. Quando l’inverno allentò la presa e le provviste di cibo erano quasi esaurite nelle dispense, le donne non si persero d’animo: osarono rimettere le barche in mare, ripresero la pesca, tagliarono la legna, coltivarono i campi, conciarono le pelli di renna. Spinte dalla necessità, scoprirono che la loro unità poteva dare ciò che serviva per continuare a vivere in un luogo ai margini della civiltà, dove i lapponi si mescolavano liberamente con i bianchi e dove una comunità di sole donne pretendeva di vivere secondo regole proprie che erano quelle del buonsenso.
L’equilibrio faticosamente conquistato era destinato, però, a dissolversi il giorno in cui a Vardø mise piede un sovrintendente scozzese distintosi, in passato, per aver mandato al rogo diverse donne; egli non era altro che lo scagnozzo del Lensmann Cunningham, uno scozzese anch’egli, ex comandante navale, messo a capo di quel territorio dal re Cristiano IV con lo scopo di eliminare le resistenze indigene che contrastavano il suo potere. Il regno di Cristiano fu, storicamente, un periodo di oscurantismo estremo e di grandi persecuzioni xenofobe.
A gennaio del 1621 iniziò il processo alle streghe di Vardø. La povera Mari Jørgensdatter confessò sotto tortura la sua colpa: la vigilia del Natale aveva accettato di servire Satana, insieme alla sua vicina Kirsti Sørensdatter. Insieme volarono a un sabba su un monte vicino alla città di Bergen, lontana 1600 chilometri (sic!) dal loro villaggio. Lì incontrarono molte streghe di Vardø e di altri villaggi vicini, tutte donne che poi saranno processate e torturate.
Tra loro c’era Else Knutsdatter, sottoposta alla tortura dell’acqua, che spiegò come tutte le streghe insieme avessero invocato la tempesta del 1617: “dopo aver fatto tre nodi a una fune, averci sputato sopra e poi sciolto i nodi il mare si sollevava come cenere e la gente veniva uccisa”. Oltre a questo prodigio, con tutto il corollario di balli e accoppiamenti demoniaci, di persone trasformate in cani e gatti neri, mostri marini e uccelli, c’era poi soprattutto la confessione delle donne di avere avuto rapporti sessuali con demoni durante le forzate assenze dei mariti, occupati con la pesca.
Riportiamo qualche atto del delirante processo che è stato il primo grande processo nel nord della Norvegia, e uno dei più grandi processi alle streghe:
“C’è una donna da Kiberg, Mari Jørgensdatter, che è stata interrogata sotto tortura il 21 gennaio. Ha detto che Satana era venuto da lei durante la notte prima di Natale e le chiese di seguirlo a casa della sua vicina di casa Kirsti Sørensdatter. Lui le chiese se lo voleva servire, e lei ha detto di sì, dopo il quale le diede il marchio di strega da mordere tra le dita della sua mano sinistra. Poi andarono da Kirsti, che ha detto che Mari doveva venire con lei a una festa di Natale al Lydhorn montagna al di fuori della città di Bergen in Norvegia occidentale. Poi ha gettato la pelle di una volpe su Mari e la ha trasformata in una volpe. Quando Mari ha volato con Kirsti verso il sud, verso il sabba ha visto molte persone che conosceva fare lo stesso, per lo più donne, ma anche due uomini; sono venuti da Kiberg, Vardø, Ekkerøy, Vadsø e altre comunità lungo la Varangerfjorden, trasformati in gatti, cani, mostri marini e uccelli in modo da non essere riconosciuti. La festa del Lydhorn è stata celebrata con danze e bevande, dopo di che le streghe volavano di nuovo a Finnmark, tranne che per Kirsti, che aveva visitato Bergen e poi ha preso casa lungo cammino per mare.
Mari ha anche confessato che le streghe erano responsabili per la grande tempesta del 1617. Ha sostenuto che le streghe avevano provocato la tempesta del 1617 causa del fatto che molti uomini annegarono. Avevano inoltre avuto anche rapporti sessuali con demoni, mentre i loro uomini erano in mare.
Un’altra donna interrogata nel mese di gennaio, Else Knutsdatter, ha confermato che nel Natale del 1617, le streghe avevano legato una corda da pesca per tre volte, sputato su essa, e poi sciolta al che “il mare è salito come cenere e le persone sono state uccise”. Dopo che è stata vista in compagnia dei demoni nelle forme di gatti neri e cani, è stata catturata ed è stata esposta alla prova di acqua.
Anne Larsdatter da Vadsø, che è stata esposta alla ordalìa di acqua, dopo la sua confessione, ha detto che Satana ha legato le lingue di streghe così non hanno potuto né piangere o confessare finché non sono state esposte alla prova di acqua.
Ha detto che aveva volato al sabba sul Baldvolden al di fuori di Vardø, dove aveva visto una quarantina di altri. Aveva festeggiato fino a tardi che lei ebbe appena il tempo di arrivare a casa prima che fosse ora di alzarsi per andare in chiesa la mattina di Natale. Molte delle donne interrogate tra gennaio e febbraio 1621 dissero che Kirsti Sørensdatter era il loro capo. Dopo queste confessioni, Kirsti Sørensdatter è stata presa per essere interrogata al suo ritorno a casa con la nave, dopo la sua visita a Bergen. Questi dati confermano quello che le altre donne avevano detto: Kirsti non è andata a casa con il resto di loro dopo il sabba del 1620 e ha visitato Bergen.
Kirsti era sposata con il ricco mercante Anders Johanssen e proveniva da Helsingør in Danimarca, dove è stato detto di aver imparato la magia da una vecchia. Sotto tortura, ha confermato tutto e ha indicato diverse donne e anche due uomini, uno è il balivo Bertel Hendrikssen. Tuttavia, nessuno di questi altri sono stati arrestati”.
Come si vede oggi si chiamerebbe di corsa la neuro, perché va inoltre ricordato che l’ordalìa, o prova dell’acqua, consisteva nel gettare l’imputato legato nel gelido mare polare e se moriva era assolto ma sa se tornava a galla era implicitamente colpevole e quindi destinato al rogo!
Kirsti fu condannata a essere bruciata sul rogo il 28 aprile 1621, un paio di mesi dopo che dieci altre donne erano state bruciate per stregoneria.
diventata così l’ultima vittima del grande processo alle streghe del 1621. Questo processo, e gli altri che seguiranno fino al 1663, mostrarono “una tendenza all’annientamento della sola popolazione femminile in quei villaggi di pescatori tipicamente maschili”.
Quel radicato pregiudizio sulla magia portata dal vento del nord ha indotto una feroce volontà di imporre l’ortodossia luterana. Il pericolo dunque, in quell’ottica, era rappresentato soprattutto dai Sami, temuti da chi era convinto che avessero poteri magici, e dalle donne scandinave che passavano troppo tempo a casa da sole, facile preda di tentazioni del Male.
In quello sperduto angolo di mondo venne individuata la porta dell’inferno: secondo il racconto di una bambina di dodici anni, dal monte Domen, tra i villaggi di Vardø e Kiberg, si accedeva all’inferno, descritto come una lunga valle nera con un lago dalle acque scure che ribollono quando Satana sputa fuoco da un corno di ferro, facendo strillare come gatti tutti esseri immersi in quell’acqua. Quella bambina fece i nomi di diverse donne che, durante l’ultimo processo del 1663, verranno torturate e uccise in base alla sua testimonianza. Dopo un po’ si scoprì che la ragazzina, figlia e nipote di due “streghe” mandate al rogo, era stata convinta dalla moglie del medico locale a fare tutte quelle accuse e quei racconti farneticanti.
Mentre l’Europa uccideva più di 40.000 persone accusate di stregoneria, tra il XVI° e il XVIII° secolo, si tenevano crudeli processi anche ai confini della terra, nei minuscoli villaggi norvegesi. Quattrocento anni fa, Vardø s’impegnò in una crociata contro la stregoneria. In circa un secolo – fra il 1593 e il 1692 – si tennero più di 140 processi nel piccolo villaggio. Almeno 91 persone, sia uomini sia donne, furono trovate colpevoli e bruciate sul rogo o torturate a morte solo nel 1621.
La cifra non è grande come quelle che si trovano in ogni altro luogo d’Europa, ma nel mondo spopolato della Norvegia del nord, essa toccò una percentuale molto alta della popolazione. Circa un terzo di questi processi avevano come bersaglio specifico il popolo indigeno dei Sami, che suscitavano sospetti praticando rituali tradizionali di guarigione. I procedimenti erano registrati in modo meticoloso, il che ha dato agli storici moderni un appiglio per capire le accuse e i ragionamenti che alimentarono la caccia alle streghe. Le testimonianze dell’epoca rivelano che la stregoneria era vissuta come qualcosa anche di “consumabile” – essa agiva per mezzo del latte, pane o della birra magicamente contaminati.
Secondo Rune Blix Hagen, la nuova e improvvisa ondata di accuse di stregoneria avvenne dopo la tempesta particolarmente forte che uccise 40 pescatori, nel giorno della vigilia di Natale nel 1617.
Ci vollero tre anni prima che la legislazione permettesse processi di massa sul sospetto di stregoneria, ma una volta avuto questo segnale incoraggiante Vardø usò tutto il suo fervore nei processi e la cosa strana è che le principali accusatrici erano per lo più altre donne mosse dai più vari motivi!
La storica Liv Helene Willumsen riporta una teoria in voga, all’epoca, per cui la malvagità si poteva trovare più facilmente al nord e “persino l’ingresso dell’inferno era situato a nord. In Europa vi era l’idea che i popoli del nord fossero più inclini alla stregoneria e alla perversione di altri”.
Il 23 giugno 2011 la Regina Sonja ha aperto la Steilneset Memoriale alle vittime dei processi alle streghe nel Finmark, cioè in memoria di tutte le persone perseguitate e uccise nel 1621 a Vardø, si staglia su un promontorio spazzato dal vento, lo Steilneset Memorial, composto da due diverse installazioni.
L’architetto svizzero Peter Zumthor ha ideato una lunga struttura di legno che contiene una lunga tela da vela bianca, tesa con cavi d’acciaio. Lungo uno stretto corridoio ci sono 91 finestre, una per ogni vittima, e altrettante lampade che illuminano le targhe dove sono riportati i nomi e le storie delle persone uccise.
Dunque la regina Sonja di Norvegia ha partecipato all’inaugurazione del monumento nel paesino di Vardø, oltre il circolo polare artico, dove tra il 1598 e il 1692 circa 135 persone tra cui diverse bambine furono accusate di stregoneria e vennero messe al rogo, proprio nella zona.
L’artista Louise Bourgeois ha inoltre installato una sedia dalla quale escono fiamme, nel luogo dove secondo la tradizione le vittime venivano bruciate.
La regina, interpellata da Radio NRK, sulla visita del monumento ha detto: “E’ stato come essere sottoposta a processo”. Come riportava Le Figaro, l’inaugurazione coincideva con la vigilia della festa di San Giovanni, la notte del Sabba, che si celebra in Norvegia proprio con grandi falò.
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.