di Carlo Pavia
L’ambiente è più conosciuto come “Il Criptoportico del Clivus di Venere Felice”; in verità non è neanche un criptoportico e quindi occorrerà chiamarlo con il nome dello studioso che lo ha esaminato negli anni ‘30 del secolo scorso.
In alcuni scavi era già venuto alla luce un nucleo cementizio sul lato corto del Tempio di Venere a Roma, che si trova di fronte alla Basilica di Massenzio.
Il Barosso ebbe modo di indagare i resti visibili grazie all’apertura di una botola posta al centro di un giardinetto (da cui appunto il nome “La botola Barosso”) e poté constatare che ad una notevole profondità le stesse fondazioni del tempio, ma anche prima quelle del vestibolo neroniano, tagliavano il pavimento di un edificio preesistente.
Individuare oggi la botola non è semplice in quanto è ricoperta da arbusti (foto 1).
La profondità del piano antico si attesta intorno ai 5 metri e la scala a pioli metallici è fatiscente.
Una volta raggiunto il piano antico ci si troverà al di sopra di un pavimento in opus sectile a scaglie in bianco e nero con tracce policrome (foto 2 e 3);
alcuni settori sono quasi completamente coperti da fanghiglia. Della lunga aula di età repubblicana rimane una tratto murario originale che doveva essere coperto da lastre marmoree di cui rimangono interessanti tracce lungo il coronamento inferiore.
Le fondazioni neroniane, e poi adrianee (foto 4) dei nuovi edifici, hanno quasi totalmente menomato l’ambiente che pure appare ancora affascinate e suggestivo.
Per saperne di più, Carlo Pavia, ROMA SOTTERRANEA, Gangemi Editore
Carlo Pavia è l’Archeospeleofotosub (definizione coniata dal giornalista Fabrizio Carboni per un articolo sulla rivista Panorama): archeologo, speleologo, sub e fotografo.
Autore di molti libri sulla Roma antica, fondatore delle riviste “Forma Vrbis” e “Roma e il suo impero”.