Eshkol Nevo e i tre piani della solitudine

«Le piante perfettamente potate all’ingresso. Il citofono appena rinnovato. Le caselle della posta, nemmeno una rotta. Nessuna con più di due cognomi. Le biciclette sorprendentemente ordinate. Sorprendentemente legate. Il silenzio che tanto ci piaceva. […] Un’isola di pace, chiamavo sorprendentemente la nostra periferia. In quel momento mi è apparsa un’isola di ottusità e di conservatorismo… abbiamo vissuto nel Borghesistan.»

È un brevissimo tratto di uno degli ultimi romanzi che mi è capitato di leggere.
Non è stata una scelta casuale: Flaiano, ghignando un po’, scriveva: “R. non ha letto un libro, ma ha visto il film”, e io che pure non condivido l’estrema astenia degli italiani nei riguardi della lettura, in questo caso avevo davvero visto solo il film: precisamente “Tre piani”, di Nanni Moretti, regista da sempre tra i miei preferiti per il suo occhio, severo e ironico insieme.
Mi era piaciuto nel complesso, anche se in quest’ultima opera lo sguardo residuo rimane solo quello severo, asciutto e dolente dinanzi ai protagonisti di tre distinte storie, abitatori di tre piani di un distinto palazzo romano.

Tre storie e tre diversi disturbi familiari, cose comuni da osservare, se proprio lo si vuole, in tanta parte di noi stessi e di chi ci circonda, di chi ci vive accanto e che, in sostanza, non riusciamo a conoscere nemmeno provandoci.
Idee fisse che si insinuano in noi, provocate da episodi di scarsa importanza che finiscono ossessivamente per occuparci la mente e, di conseguenza, la vita, come accade al protagonista del primo episodio; idee fisse indotte da una solitudine senza arredi psicologici sufficientemente confortanti, come nel caso della giovane donna della seconda storia, e idee derivate da fatti traumatici che, stimolando un giudizio senza appello, prima riescono in qualche modo a separare due maturi sposi e a corromperne la comunicazione interna, poi a contribuire alla liberazione mentale e politica di quella che era stata per tutta la vita una donna in secondo piano, da sempre rassegnata di fronte alla personalità severa del marito giudice, col quale seguita a dialogare anche dopo la morte di lui.

Racconti che venivano fuori da diversi piani di solitudine, insomma.

Eshkol Nevo

Sapevo che il film era liberamente tratto dal romanzo omonimo di uno scrittore emergente israeliano, Eshkol Nevo, e neanche per un momento mi sono meravigliato dello spessore che l’opera letteraria era riuscita a trasmettere a quella cinematografica. Il panorama letterario israeliano, infatti, abbonda in modo quasi antistatistico, di autori di notevolissima qualità.
Quasi inutile elencarli: sono tanti e notissimi, e alcuni di loro, come ad esempio, Abraham Yehoshua, meriterebbero da tempo il Nobel.

Abraham Yehoshua

Questo Eshkol Nevo, però, non lo avevo mai né letto, né conosciuto altrimenti, così, dopo qualche tempo, visto che la mia compagna aveva terminato di leggere proprio “Tre piani”, pubblicato da Neri Pozza, trovandolo bello, mi sono affrettato a leggerlo a mia volta.
Inutile dire che tra un romanzo e un film esiste una marcata differenza di linguaggio: è cosa più che ovvia e difficilmente si riescono a comparare i due diversi lessici senza andar fuori di strada, attribuendo una qualche preminenza all’uno o all’altro in un caso, come quello di cui parlo, in cui il cinema si ispira direttamente ad un’opera di letteratura.
Viene tuttavia naturale imboccare questa via, e io non mi chiamo fuori da questo istinto: mi è capitato puntualmente, infatti, di pensare che il film di Moretti, che tra l’altro si distingue dal romanzo in molti tratti narrativi, fosse meno espressivo dell’opera di Nevo, più sommario di questa nel tratteggiare vicende e caratteri dei protagonisti.
La letteratura, “lo sento”, più che pensarlo, mi pare prendere più spazio di un racconto per immagini, avere più libertà tecnica: mi sembra, insomma trovarsi in condizione di sentirsi più comoda nell’ideare una vicenda per entrare poi nei suoi particolari, fino a curarne ogni minimo dettaglio.
I film tratti dai romanzi sembrano comunque risentire della minore libertà alla quale li tengono avvinti le storie di altri.
Ciò non toglie che spesso abbia visto in loro dei risultati pienamente all’altezza del modello letterario al quale si ispiravano, e anche nel caso di “Tre piani” non posso certamente rinnegare il mio primo gradimento del lavoro di Moretti.
Ma il romanzo è altro, e si fa leggere con una attenzione ed una partecipazione emotiva diversa e più coinvolgente: il panorama umano e sociale, con il quale ci mette a confronto, si specifica maggiormente e si arricchisce, rispetto al film soprattutto in virtù di due caratteristiche che nel libro non sono affatto in contrasto tra loro.
Innanzitutto il linguaggio dei protagonisti.

Le tre storie sono narrate in prima persona, liberamente, trattate linguisticamente in piena coerenza stilistica con le personalità distinte dei tre narratori, un uomo e due donne, e col loro modo individuale ed intrinseco di vedere le cose.
C’è poi lo scavo psicologico minutissimo, in grado di far piena luce sulle personalità coinvolte nelle storie e coi loro moti interiori.
Sono in sostanza delle confessioni in forma di diario, una costante resa dei conti con tre diverse pulsioni e con tre diversi processi mentali ed emotivi.
Non c’è da stupirsi, ancora una volta: nel romanzo di Nevo si avverte fortissimo il peso della tradizione ebraica del “flusso di coscienza”, una tecnica narrativa nata da autori come Schnitzler, che è stato il pendant letterario di Freud, e che ha finito per infiltrarsi quasi inevitabilmente nell’opera di tanti giganti della letteratura israeliana, tutti avvezzi a far la punta a ciò che si nasconde nelle relazioni umane, a scandagliarle nel profondo, oltre l’ombra dell’apparenza.

Arthur Schnitzler

Non c’è dubbio, a mio avviso, che, pur considerando una netta differenza stilistica tra i due, il già citato Yehoshua, maestro nel disegnare la tela intima dei rapporti umani, abbia avuto un’influenza palese sul lavoro di Eshkol Nevo.
Solitudine, necessità di essere amati, la tentazione del tradimento, la paura dell’oscuro che abbiamo dentro e quella di abbandonarvisi: ecco gli eterni temi di tanta letteratura ebraica, tema che si pone al centro anche di questo bel romanzo.
Dal giudizio positivo sul libro è nata l’esigenza di sapere qualcosa in più sull’ultimo dei tanti talenti narrativi israeliani, così, in attesa di leggere una sua seconda opera, ho preso qualche informazione sul suo conto.Intanto, in questo tentativo di saperne di più mi sono imbattuto in un dato anagrafico significativo:
Nevo è nato nel 1971 da una coppia di docenti di Psicologia presso l’Università di Haifa ed ha ricevuto un’educazione laica, all’interno della quale l’ebraismo non viene considerato un tratto distintivo, anche se ciò, almeno in apparenza, con lui ha funzionato fino ad un certo punto, come si deduce da ciò che ha scritto poi.
Secondo elemento emblematico: Eshkol, dopo un’infanzia passata tra Israele e Stati Uniti, ha seguito anche lui studi di psicologia presso l’Università di Tel Aviv, lavorando per anni a trasferirli nel suo lavoro di pubblicitario, abbandonato successivamente per seguire la sua vocazione di scrittore.
Come spesso avviene agli esordi di una carriera letteraria, il suo primo libro, “Bed & Breakfast”, pubblicato nel 2001, era una raccolta di racconti, a cui, l’anno successivo ha fatto seguire un testo illustrato, “Ci siamo separati in fretta: manuale di una separazione”.

Il romanzo “Nostalgia”, un’opera a più voci, come lo sono, guarda caso, alcuni libri di Yehoshua, fu il suo grimaldello per arrivare alla notorietà.

L’ambientazione, allora di stretta attualità, ovvero l’Israele al tempo dell’assassinio del Primo Ministro Rabin per mano di un estremista ebreo, contribuì non poco a quella affermazione e a far vincere a Nevo, nel 2005, il premio del Book Publisher’s Association’s Golden Book Prize e il premio Valier nel 2008, riconoscimento conseguito in Francia.
Nel frattempo, nel 2007, era uscito un altro romanzo, il prossimo che leggerò, “La simmetria dei desideri”, nel quale la sua opera di scavo psicologico si applica al tema dell’amicizia, seguendo le tappe tipiche dell’esistenza di un gruppo di quattro amici per la pelle.

Dall’adolescenza in Israele in poi, Nevo racconta le esperienze dei protagonisti, inscindibilmente legati, attraverso il percorso classico dei suoi connazionali: liceo, esercito, viaggi all’estero, studi universitari e compimento del percorso col formarsi una famiglia.
Nel 2010 lo scrittore ha pubblicato “Un canguro alla porta”, cimentandosi così nella letteratura per l’infanzia, e pubblicando l’anno seguente il romanzo campione di vendite “Neuland”, ispirato alle visioni di Hertzl, fondatore del sionismo.
Preceduto da un viaggio di ricerche sul posto, il libro, scritto in forma di diario, è ambientato in Sudamerica e vede protagonista un uomo che abbandona moglie e figli per cercare le tracce di suo padre, sparito dopo la morte di sua moglie.

Il mistero di certi viaggi, tra vari pericoli e tentazioni, che è al centro del romanzo, finisce per esplorare l’eterno tema dell’ebreo errante e della patria come casa naturale e spirituale.
E’ evidente che l’educazione ricevuta, come si è detto in precedenza, ha fatto quindi di Nevo un laico, senza tuttavia recidere la sua specificità culturale ebraica.
L’apertura mentale dello scrittore lo ha condotto anche ad affrontare altre possibilità di utilizzare il suo talento: ha scritto canzoni per un gruppo rock israeliano e fondato una scuola di scrittura privata collaborando col poeta Orit Gidali, divenendo mentore di decine di giovani scrittori, che a loro volta si sono affermati vincendo importanti premi letterari.

Nel 2015 ha pubblicato “Tre piani”, il libro che ha mosso la mia curiosita, oltre che ispirare Nanni Moretti, opera i cui racconti, debitamente adattati alla forma teatrale, sono stati messi in scena più volte dal Beit Lessin Theatre e dal Teatro Habimah.
Nel 2018 è stato pubblicato “L’ultima intervista”, un romanzo nel quale uno scrittore, in conseguenza di un’intervista fattagli via web da un anonimo interlocutore, rispondendo alle sue domande si mette completamente a nudo, rivelandosi anche a se stesso.
Una popolare rubrica di Nevo sulle pagine di Vanity Fair è stat nel 2020 il pungolo per pubblicare il “Vocabolario dei desideri” una raccolta di racconti portata avanti in collaborazione con l’artista italiana Pax Paloscia.
Sposato con tre figli, Eshkol Nevo attualmente lavora come docente di scrittura creativa presso l’Università di Tel Aviv e alla scuola cinematografica Sam Spiegel Film School di Gerusalemme, partecipando a molti festival letterari in Europa.
Cosciente del fatto che nessun articolo, intervento critico o studio biografico può sostituirsi alla esperienza diretta della lettura delle opere di uno scrittore, permettendo davvero di conoscerlo, non posso che raccomandarvi di scegliere di percorrere questa gratificante strada nel caso di Eshkol Nevo.
E nessun ringraziamento, prego: è stato un piacere.

Eshkol Nevo

Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.

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