La piccola cittadina francese di Loudun, situata nella regione Poitou-Charentes, divenne nel 1600 il teatro di uno degli episodi storici più oscuri e affascinanti della Storia, un “affaire” in cui politica, sesso e fanatismo religioso sono mescolati assieme in un torbido e inquietante ritratto dell’Europa del tempo.
Loudun era già nota per il trattato di pace ivi firmato il 3 maggio 1616 tra Maria de’ Medici, reggente per il figlio Luigi XIII, ed Enrico II di Condé. La pace fu poco dopo rotta dall’arresto di Condé e dalla ripresa della ribellione ugonotta.
Nel XVII secolo, dopo un periodo di esilio ad Avignone, il cardinale Richelieu venne richiamato da Luigi XIII a Parigi per conferirgli la carica di Primo Ministro.
Nell’intento di restaurare l’autorità dello Stato centrale, messa a repentaglio dal conflitto tra Ugonotti e cattolici, il re perseguiva l’obiettivo di annientare di volta in volta tutti i centri locali ritenuti conniventi con la politica destabilizzante dei protestanti.
Fu non a caso a Loudun che venne inviato ad operare, come vedremo poi nel dettaglio degli eventi, il barone Laubdremont, ma la sua azione entrò in conflitto con la presenza della figura di Urbain Grandier un prete tanto dedito ai doveri clericali, quanto incline al libertinaggio.
Parroco di Loudun, era molto benvoluto dalla popolazione femminile e, di certo, non godeva della stessa stima tra quella maschile.
Non rispettava i vincoli che gli erano imposti dalla sua posizione ecclesiastica, partendo dal fatto, eloquente, che avesse fama di grande amatore.
La Francia, all’epoca era sotto lo scettro di Luigi XIII, ma soprattutto in mano al potere del Cardinale Richelieu, suo primo ministro.
Il progetto politico di Richelieu era quello di rendere la monarchia assoluta, assoggettando i nobili e reprimendo qualsiasi ribellione in nome della “ragione di Stato”; dal punto di vista religioso, inoltre, si era in pieno periodo di Controriforma, e Richelieu doveva fare i conti con il pressante problema degli Ugonotti calvinisti. Per far fronte al loro dilagare, Richelieu era pronto a una guerra senza esclusione di colpi.
Loudun era una città in cui da tempo serpeggiava il protestantesimo, ma a farla finire nell’occhio del ciclone fu il canonico della chiesa di Sainte-Croix, padre Urbain Grandier, prete colto e controverso che teneva dei sermoni infiammati a sentire i quali accorrevano folle anche dalle città vicine.
Le posizioni di Grandier erano sempre sul filo del rasoio, il suo spirito era anticonformista, e non temeva di contraddire o attaccare i canoni ecclesiastici o, addirittura, Richelieu stesso.
Grandier aveva intrattenuto relazioni con diverse donne, ed in maniera sempre più aperta, fino ad arrivare a mettere incinta la figlia del procuratore del Re.
Dopo questo scandalo, incominciò una relazione con Madeleine de Brou, di nobile casata, a cui egli faceva da guida spirituale: i due si innamorarono, e Urbain Grandier commise a questo punto il primo dei suoi errori.
Avrebbe potuto mantenere nascosta la loro relazione, anche se in le voci circolavano, decise invece che avrebbe sposato Madeleine, in barba ai precetti della Chiesa Romana.
Scrisse un pamphlet intitolato “Trattato contro il celibato dei preti”, e in seguito officiò con la sua amata una messa di matrimonio notturna, in cui egli ricoprì il triplice ruolo di marito, testimone e prete.
Arrestato, riuscì a vincere il processo e tornare a Loudun, ma le cose non si misero a posto così facilmente.
Qui entrò infatti in gioco Jeanne de Belcier, priora del convento di Suore Orsoline di Loudun, detta anche suor Jeanne des Anges.
Anima duramente repressa e anche ossessionata dal sesso, la madre superiora cominciò ad avere delle fantasie erotiche su Grandier dopo aver sentito parlare delle sue avventure galanti, nonostante non l’avesse mai conosciuto di persona. Gli propose quindi di diventare il confessore della comunità delle Orsoline, ma padre Grandier rifiutò.
La scelta di Jeanne cadde quindi su padre Mignon, un canonico, nemico giurato di Grandier, che cominciò fin da subito a complottare contro il prete.
Nei dieci anni successivi, assieme ad alcuni nobili (incluso il padre della giovane che Grandier aveva ingravidato), intenterà diversi processi contro Grandier, accusandolo di empietà e di vita debosciata.
Nel 1631 la tensione politica si innalzò quando Richelieu ordinò che il castello di Loudun fosse distrutto.
Il Cardinale aveva appena fondato, poco distante, una cittadina che portava il suo stesso nome, e non desiderava affatto che Loudun rimanesse un covo di Ugonotti. Urbain Grandier si oppose strenuamente all’abbattimento delle mura, scrivendo pamphlet contro Richelieu e ponendosi quindi in aperto contrasto con le sue disposizioni.
Loudun diventò così una roccaforte sotto virtuale assedio delle guardie del Re, e a peggiorare le cose, all’inizio del 1632 arrivò una terribile epidemia di peste a colpire la città. Con le sue 3700 vittime su una popolazione di circa 14000 abitanti, essa portò ovunque la morte. Era un male senza spiegazioni, un male teologico presunto, che aggiungeva i suoi effetti a quelli delle guerre di religione.
Se in un primo tempo il terrore suscitò slancio mistico e mortificazioni, in un secondo tempo, contro l’ostinato silenzio di Dio si levò il grido della disperazione, il riso della blasfemia. Ma quando in città si registrarono ormai gli ultimi casi di peste, un nuovo male ne prese il posto: i casi di possessione nel convento delle Orsoline.
Diversamente dalla peste, la possessione era meglio delimitata e offriva sempre una “spiegazione”, perché il male poteva essere attribuito a una causa straordinaria, distinta dalla natura umana. Essa era insieme sintomo e soluzione transitoria di una società che stava perdendo le sue certezze e cercava di darsene di nuove.
Il demone, la posseduta (la priora Jeanne des Anges) e lo stregone (Urban Grandier) furono infatti i protagonisti di uno spettacolo orrendo, intorno al quale tutta una società malata si riunì per guarire sè stessa.
Da settembre di quell’anno scoppiò il putiferio.
A partire da quel momento, nel convento cominciarono ad accadere cose strane.
Suor Jeanne, ad esempio, si svegliava nel cuore della notte in preda a convulsioni, crisi isteriche e pianti: sosteneva di vedere, nei suoi sogni Grandier che la perseguitava e la tormentava con gesti e parole oscene, obbligandola ad avere con lui rapporti sessuali.
La situazione precipitò quando anche le altre suore cominciarono ad avere gli stessi sintomi, indicando Grandier come colpevole, insieme a Lucifero stesso.
Vennero chiamati alcuni esorcisti per cercare di porre fine a tutto questo, ma tutto fu inutile. Ben presto, le voci sul convento posseduto da forze oscure cominciarono a girare, e a causa di questo mormorio, Grandier venne interrogato e processato da un tribunale ecclesiastico. Le accuse, però, caddero per mancanza di prove.
Secondo gli storici Jeanne des Anges, la priora era in realtà fuori di sé per il rifiuto ricevuto da Grandier.
Per vendicarsi, nel segreto del confessionale raccontò a padre Mignon che il prete aveva usato la magia nera per sedurla. Accodandosi a lei, diverse altre religiose dichiararono che il prete le aveva stregate, inviando loro dei demoni per costringerle a commettere atti impuri con loro, così, a poco a poco, le suore vennero prese da un’isteria collettiva.
In queste crisi di possessione, durante le quali le religiose si contorcevano in pose impudiche e urlavano oscenità e bestemmie, una suora fece il nome di Urbain Grandier.
Grandier venne processato e inizialmente ancora rilasciato, ma non poteva finire lì.
Richelieu non aspettava di meglio per mettere a tacere una volta per tutte questo prete scomodo e indisciplinato, e ordinò un nuovo processo, affidandolo stavolta a un suo speciale inviato, Jean Martin de Laubardemont, parente, tra l’altro della stessa Jeanne des Anges.
Impose inoltre una “procedura straordinaria”, tale da impedire che Grandier potesse appellarsi al Parlamento di Parigi: il prete sovversivo era stato incastrato…
Urbain Grandier venne rasato e sottoposto a tortura con il terribile metodo dello “stivale”.
Si trattava di una delle torture più crudeli e violente, tanto che, a detta dei testimoni, tutti i membri del Consiglio che la ordinavano, invariabilmente chiedevano di andarsene appena iniziata la procedura. Le gambe dell’accusato venivano inserite fra quattro plance di legno strette e solide, fermamente legate con una corda: dei cunei venivano poi battuti a colpi di martello fra le due tavolette centrali, imprimendo così una pressione sulle gambe, le cui ossa si frantumavano a poco a poco. I cunei erano di norma quattro per la “questione ordinaria”, il primo grado di inquisizione.
Dopo la tortura, i giudici produssero alcuni documenti come prova dei patti diabolici di Grandier. Uno dei documenti era in latino e sembrava firmato dal prete; un altro, praticamente illeggibile, mostrava una confusione di strani simboli e diverse “firme” di demoni, incluso Lucifero stesso.
Lucifero stesso “testimoniò” dunque al processo, per bocca di Suor Jeanne, e raccontò di aver fatto un patto con Urbain Grandier, che avrebbe ottenuto fama ed il potere di poter abusare sessualmente delle donne in cambio della sua anima.
La prova di questo patto divenne evidente quando vennero ritrovati diversi documenti nei quali comparivano le “firme” di demoni, per lo più illegibili.
A questo punto, Grandier venne dichiarato colpevole e condannato a morte, ma prima, i giudici ordinarono che si procedesse con la “questione straordinaria”.
Grandier fu sottoposto nuovamente a tortura, questa volta con otto cunei a stritolargli le gambe. Nonostante le sofferenze, rifiutò di confessare e continuò a giurare di essere innocente.
Venne infine bruciato sul rogo il 18 agosto 1634.
Le possessioni demoniache andarono via via scemando, fino a terminare nel 1637.
Il fatto essenziale della storia, ed emblematico, è che oggi se ne attribuisca il movente a motivi politici: fu certamente l’aspro conflitto che si perpetrò in quegli anni, tra l’autorità centrale e quella periferica di Loudun per i privilegi di cui questa godeva e che il governo di Richelieu voleva toglierle.
Il Cardinale pagò infatti laute pensioni agli esorcisti, ma quando le tolse loro, ritirandoli, gli esorcismi cessarono e le invasate ritrovarono la pace interiore.
Surin, un gesuita, ritenne che la possessione fosse nata dentro di Jeanne per proprie colpe, e non fosse quindi causata dall’esterno: fu lui a guidarla, infatti, in un percorso che condusse la priora alla sua liberazione dalla possessione.
Jeanne Des Anges una volta “liberata” dal demonio scrisse un memoriale degli avvenimenti.
La suora, vittima di stigmate a partire dal 1635 e poi miracolosamente guarita, godette di crescente reputazione fino ad ottenere la protezione di Richelieu in persona, garantendo così prosperità al suo convento.
Jean Martin de Laubardemont, l’inviato del cardinale, divenne in seguito famoso per aver convertito numerosi protestanti.
Il clamore del caso dei demoni di Loudun portò nella città una nuova ondata di curiosi e visitatori che diedero nuova spinta all’economia e al commercio, ma Richelieu, una volta morto Grandier, riuscì nel suo intento di distruggere il castello.
Autore ancora quasi del tutto da scoprire nel nostro paese, Aldous Huxley, accreditato dalla critica internazionale come uno degli scrittori inglesi più importanti della prima parte del XX secolo, scrisse un romanzo ispirato a quella fosca vicenda.
Estrapolato dalla polvere degli anni dalla casa editrice Cavallo di Ferro, torna ora in libreria “I diavoli di Loudun”, ritenuta la sua fatica letteraria più impegnativa.
Al centro del racconto vi è la trasposizione in forma di romanzo di quella storia di stregoneria realmente accaduta nel Seicento.
L’autore si rivela dotato di un linguaggio di straordinaria capacità di sintesi e di contenuti, di un sicuro tocco narrativo e di un estroso piacere di intrecciare gli elementi crudeli e grotteschi dei grandi avvenimenti con la vicenda personale dei protagonisti.
Huxley sceglie di affidare al lettore il giudizio sul comportamento di quelle monache e della loro guida spirituale, ma anche su quella società e sui suoi pregiudizi, illuminandone gli aspetti fondamentali in un magistrale affresco di un periodo cruciale della storia europea.
È una storia fatta di distorsione del culto, isteria di massa, perversione e ossessione religiosa che Huxley ripercorre, tratteggiando, con abilità e orrore, una delle pagine più spaventose della caccia alle streghe.
BIBLIOGRAFIA:
- Aldous Huxley, I diavoli di Loudun, edizioni varie;
- Michel de Certeau, La possessione di Loudun, Bologna, CLUEB, 2012;
- Jean Bodin, The Witches and the Law. Witchcraft in Europe 1100-1700:
- A Documentary History. Ed. Alan C. Kors & Edward Peters. Philadelphia, University of Pennsylvania Press. 1991.
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.