Karl Plagge, il nazista che salvò gli ebrei

                                

Karl Plagge era maggiore dell’esercito e a 44 anni, durante la seconda guerra mondiale, venne dislocato a Vilnius dal Giugno 1941 al Giugno 1944.
Incaricato di sovrintendere alla manutenzione dei veicoli dell’esercito, scoprì che nel campo a lui affidato lavoravano centinaia di ebrei condannati ai lavori forzati. Normalmente, per volere delle SS, gli ebrei che non erano in buone condizioni venivano uccisi prima ancora di essere avviati ai campi di lavoro.
Durante la sua permanenza a Vilna, Plagge si fece assegnare quanti più lavoratori ebrei gli fu possibile avere, spesso anche persone considerate non idonee.

Il suo intento era quello di salvare chi poteva dalla morte certa o dai campi di sterminio e assicurare loro una vita sopportabile. I “suoi” lavoratori venivano infatti trattati umanamente e gli ebrei di Vilna sapevano che la loro unica possibilità di sopravvivenza era lavorare nel campo del maggiore Plagge.
Karl proveniva da una famiglia prussiana di Darmstadt e nacque il 10 Luglio 1897; molti dei suoi antenati erano stati medici militari. Il padre di Plagge morì nel 1904, lasciando la vedova, il piccolo figlio e sua sorella maggiore.
Dopo il diploma ginnasiale, Plagge fu arruolato esercito tedesco e combattè come tenente nel corso della prima guerra mondiale e fu spedito sul fronte occidentale. Imprigionato in un campo britannico dal 1917 al 1920, contrasse la poliomielite e divenne in parte disabile alla gamba sinistra.

Plagge all’età di 20 anni, quando prestava servizio come tenente durante la prima guerra mondiale.
Fonte: Michael Good.

Rilasciato infine, Plagge studiò ingegneria chimica presso l’Università di Darmstadt, laureandosi nel 1924. Avrebbe voluto studiare medicina, ma ciò gli era stato impedito dai problemi finanziari della sua famiglia, visto il lungo tirocinio che una laurea in medicina comportava.
Conseguita la laurea, sposò Anke Madsen, ma la coppia dovette vivere con la madre di lui a causa della loro mancanza di denaro.
Lui, ideologicamente, era un conservatore, ma aderì al partito nazista nel dicembre 1931 perché, come disse, credeva nelle promesse sociali e nella prosperità economica vantata da Hitler.
Secondo le testimonianze, rifiutò sempre di accettare le teorie razziali naziste, che considerava non scientifiche, e fu disgustato quindi dalla persecuzione degli oppositori politici e dei non ariani, oltre che dalla corruzione di molti funzionari nazisti.

Invece di lasciare il partito sperava in un cambiamento dal di dentro, e accettò un lavoro come docente scientifico in un istituto educativo a Darmstadt. A causa del suo rifiuto di insegnare l’ideologia razziale nazista, fu licenziato nel 1935.
Un funzionario locale del partito nazista accusò infatti Plagge di essere in buoni rapporti con ebrei e massoni, e minacciò di portarlo davanti al tribunale del partito.

Karl Plagge e la sua famiglia il giorno del suo matrimonio nel 1933. Indossa l’uniforme marrone delle SA, come suo suocero.
Fonte: Michael Good.

Nel 1934 Plagge cominciò a lavorare alla Hessenwerks, una società di ingegneria gestita da Kurt Hesse, la cui moglie Erica era ebrea. Con l’assunzione di un nazista, Hesse sperava di evitare la “arianizzazione” della sua attività. Dopo la Notte dei Cristalli, il pogrom antiebraico organizzato dai nazisti nel 1938, Plagge divenne il padrino del figlio di Hesse, Konrad, e nello stesso anno divenne ingegnere capo della Hessenwerks.
Dopo essere stato richiamato nella Wehrmacht nella seconda guerra mondiale, come capitano della riserva, si ritrovò ad essere testimone di tali atrocità in Polonia che gli fecero decidere di lavorare contro i nazisti“.
Plagge e la sua unità arrivarono a Vilnius (Vilna) nel 1941, e presto assistettero al genocidio perpetrato contro gli ebrei e gli zingari della zona.
Plagge, in quanto tedesco, si sentì responsabile degli orrori a cui aveva assistito e si sentì obbligato a lavorare contro quella spietata macchina assassina.

Decise di fare quello che poteva per aiutare quanti più ebrei possibile a Vilnius. Poi fu messo al comando di un’unità di ingegneria, la HKP 562 Heereskraftfahrpark 562 (unità di manutenzione 562), i cui compiti riguardavano la riparazione di veicoli militari danneggiati sul fronte orientale.
Nell’aprile del 1943, dopo la distruzione del ghetto di Varsavia e visto l’aumento dell’attività partigiana, Himmler, il capo delle SS, decise di liquidare tutti i ghetti, a prescindere dal lavoro che gli schiavi avevano fornito al III Reich nel suo sforzo bellico.
Il ghetto di Vilnius, in particolare, era visto come una minaccia a causa della sua rete sotterranea e per la vicinanza di gruppi partigiani nei boschi intorno alla città.
In un primo momento, Plagge per il lavoro impiegò ebrei che vivevano all’interno del ghetto, ma quando seppe che questo sarebbe stato liquidato, nel settembre del 1943 trasformò il HKP 562 in un campo di lavoro forzato, dove salvò più ebrei che poteva con i permessi di lavoro rilasciati sulla falsa premessa che le loro competenze erano assai necessarie allo sforzo bellico tedesco.

Plagge (terzo da sinistra) e altri ufficiali dell’HKP a una parata militare a Vilnius, 1942.
Fonte: Michael Good

Nessuno saprà mai esattamente quante vite ebraiche ha salvato Plagge o quante indirettamente è stato in grado di proteggere, ma certo è che negli anni prese più prigionieri che poteva per farli lavorare per lui, tanto che dei testimoni attestarono che in questo modo liberò molti prigionieri dalle stesse SS, usando ogni pretesto possibile.
Le esecuzioni a Vilnius e dintorni avvenivao principalmente nel sito di Ponary, dove furono assassinate 110.000 persone. Circa 70.000 di queste erano ebrei di nazionalità lituana, ed altri ancora furono poi deportati nei campi di sterminio.
Plagge tentò di risparmiare quanti più poteva da questo destino crudele, reclutando di proposito ebrei, invece che dei polacchi, per il lavoro che svolgeva.
La sua opera durò fino a quando la sua unità dovette ritirarsi, rimuovendo così la struttura di lavoro che aveva protetto gli ebrei fino a quel momento, così le SS alla fine riuscirono a uccidere circa 900 dei 1250 lavoratori di Plagge.
Gli sforzi di quest’ultimo furono poi confermati dalle testimonianze dei sopravvissuti, da documenti storici trovati in Germania e dalla testimonianza stessa di Plagge, trovata in una lettera che scrisse nel 1957, un anno prima della sua morte.
In questa lettera si confrontava con il personaggio del dottor Rieux nella storia de “la peste” di Camus, e descriveva la sua lotta senza speranza contro la piaga della morte programmata, che lentamente avvolgeva gli abitanti della sua città.
Nel settembre 1943 divenne chiaro a Plagge che il ghetto di Vilnius sarebbe stato presto liquidato, ma nel frattempo aveva compiuto sforzi burocratici straordinari per formare, come si è detto, il campo di lavoro indipendente HKP 562, situandolo in via Subocz, alla periferia di Vilnius.
Alfred Stumpff, Primo Luogotenente di Plagge nell’HKP, ha detto:

“Plagge aveva preso un gran numero di ebrei per lavori che non erano né utili né necessari. C’erano, ad esempio, ebrei utilizzati come parrucchieri, calzolai, sarti, personale di cucina, donne e ragazze ebree che lavoravano in giardino, persino un medico ebreo per sorvegliare le condizioni di salute dei lavoratori civili. Guardando dall’esterno questi operai qualificati potevano mimetizzarsi come operai automobilistici. Lo ha fatto fornendo certificati di lavoro a uomini ebrei, certificandoli come lavoratori essenziali e qualificati indipendentemente dalla loro effettiva provenienza. Questo tipo di permesso di lavoro proteggeva l’operaio, sua moglie e i suoi figli dai rastrellamenti delle SS effettuati nel ghetto di Vilna in cui venivano catturati e uccisi a Ponary ebrei senza documenti di lavoro “.

Cancello d’ingresso al ghetto di Vilnius.
Fonte: USHMM

Le condizioni nel campo HKP erano decenti, rispetto alle condizioni spaventose del ghetto, si avevano condizioni di lavoro tollerabili e cibo a livello di sostentamento.
Fu Plagge ad ordinare un trattamento rispettoso dei lavoratori ebrei, decisione che portò a una riduzione degli abusi degli uomini della sua unità e di quelli della polizia lituana collaborazionista, che pure sorvegliava il campo.
Nonostante la benevolenza di Plagge e dei suoi uomini, le SS però controllavano il destino finale dei lavoratori HKP, ed entrarono nel campo in due occasioni per commettere atrocità, prima di liquidare definitivamente la maggior parte degli ebrei nel luglio 1944, poco prima della ritirata tedesca da Vilnius.
Una lettera di Plagge agli amministratori del Ghetto e alle SS giustificava la necessità che donne e bambini ebrei rimanessero al campo di Subocz

poiché la motivazione e l’efficacia dei lavoratori ebrei dipendono essenzialmente dal fatto che non solo gli uomini, ma anche le loro mogli e i loro figli possono rimanere a Vilna“.

Fotografia aerea dell’ex campo HKP 562

Grazie a ciò anche le famiglie furono trasferite presso il campo di lavoro di Subocz.
In quel momento erano 1243 gli ebrei che si trovavano nel campo di lavoro, e tra questi figuravano 499 uomini, 554 donne e 190 bambini.
Per salvare le donne si fece in modo che lavorassero in modo produttivo, e a questo scopo 311 donne furono assegnate alla ditta Reitz Uniform werke e alla ditta Herbert Meier, che dovevano consegnare forniture di abbigliamento all’esercito e alla aeronautica. All’interno del campo di lavoro erano state previste apposite stanze, nelle quali le ditte avevano installato le loro macchine per la riparazione di coperte, cappotti, calze ecc.
Con una lettera in data 8 Febbraio del 1944, il Campo di concertamento CC Kauen chiedeva richieste separate per i lavoratori delle officine automobilistiche e quelli impiegati presso le ditte suddette. In questa procedura Plagge vide un pericolo perché le SS erano ora in grado di controllare le lavoratrici e trasferirle eventualmente in un cantiere nel CC Kauen.

Questo caso poteva concretizzarsi, quando per mancanza di materiali, le ditte operanti nel campo di lavoro potevano aver bisogno di un numero di operaie inferiore a quello esistente, o se, per altri motivi, l’occupazione a Vilna apparisse alle SS meno importante o difendibile.
Il 27 marzo 1944, durante l’assenza di Plagge, le SS eseguirono quella che chiamarono “Kinder Aktion”: entrarono nel campo e radunarono la stragrande maggioranza dei circa 190 bambini del campo.
Poi li trasportarono lontano per ucciderli a Ponary. Sia Plagge che i prigionieri, capirono che alla fin fine il destino degli ebrei del campo era purtroppo in mano alle SS.

Il figlio di un sopravvissuto, Pearl Good, rilasciò la seguente dichiarazione:

Mio padre aveva lavorato nell’officina HKP anche prima che fossimo messi nel ghetto e il suo Facharbeiter Schein lo aveva salvato dalle SS.
Dopo che fummo messi nel ghetto il 6 settembre 1941, mio padre avrebbe lasciato il ghetto ogni giorno per lavorare presso le officine HKP. La “gelb schein” di papà, certificato giallo di “operaio qualificato” della HKP (anche se mio padre era tutt’altro che esperto), ci salvò e ci tenne in vita fino al settembre 1943 e poi anche in Estonia, quando lo schermo del HKP non poteva più proteggerci. (…)
Siamo riusciti a nasconderci e sopravvivere a questo. Il maggiore Plagge era determinato a proteggere i suoi operai ebrei rimasti e le loro famiglie. Per fare questo aveva bisogno di istituire un campo di lavoro poiché il ghetto stava per essere liquidato. Si diceva che per raggiungere questo obiettivo Plagge si recasse a Berlino per convincere le autorità che i suoi ebrei altamente qualificati erano indispensabili per la riparazione dei veicoli dell’esercito – una bugia sfacciata che, se scoperta, avrebbe potuto finire con l’esecuzione di Plagge”.  

Karl Plagge

I sopravvissuti Mark e Anna Balber dichiararono su Plagge:

Durante l’occupazione nazista di Vilna noi, insieme a circa 1200 altri ebrei, eravamo prigionieri in un campo di lavoro forzato noto come HKP. Eravamo sotto il controllo sia della Wehrmacht che delle SS. Il maggiore Plagge era al comando del distaccamento della Wehrmacht. Sapevamo tutti che il maggiore Plagge avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarci e alleviare le nostre sofferenze. Delle tante situazioni che si sono verificate, molte emergono ancora nella nostra mente: Una mattina, quando eravamo in piedi per il nostro conteggio quotidiano, il comandante delle SS, Kitel, individuò ragazze giovani e belle e le portò via. Uno dei nostri leader ebrei, Kolish, fece appello al maggiore.  Le ragazze furono rilasciate lo stesso giorno.
In un’altra occasione, dopo che eravamo nel campo circa sei mesi, un ufficiale delle SS di nome Weiss portò via i bambini più piccoli. Sono stati portati in un posto chiamato Ponary e tutti uccisi. In seguito abbiamo scoperto che ciò era accaduto solo perché il Maggiore Plagge era in licenza in Germania e non era lì per fermarli“.

Poco prima della ritirata tedesca, nel luglio 1944, Plagge fece un discorso all’interno del campo e alla presenza di un ufficiale, disse ai prigionieri che lui e i suoi uomini sarebbero stati trasferiti a ovest e che non era stato in grado di ottenere il permesso di portarli con la sua unità.
Ai prigionieri fu detto che sarebbero stati trasferiti il ​​3 luglio dalle SS: si trattava di un palese avviso che infatti fece drizzare le orecchie ai prigionieri che in base a questo avvertimento si nascosero in buona parte, prima che gli squadroni della morte arrivassero il 3 luglio 1944!
I 500 prigionieri che invece comparvero all’appello furono portati a Ponary e fucilati. Nei tre giorni successivi le SS perquisirono il campo e dintorni e riuscirono a trovare metà dei prigionieri dispersi: quasi 250 ebrei furono uccisi nel cortile del campo.

Tuttavia, quando l’Armata Rossa conquistò Vilnius pochi giorni dopo, circa 250 ebrei del campo uscirono dalla clandestinità, alla fine salvi! Questo gruppo rappresentò il più grande gruppo di ebrei sopravvissuti all’Olocausto a Vilnius.
Dopo la guerra, Karl Plagge tornò a casa a Darmstadt, in Germania, dove fu processato nel 1947 nel corso del processo di denazificazione della nazione, svoltosi nel dopoguerra.
L’esito del suo processo fu positivamente influenzato dalle testimonianze dei suoi ex prigionieri, che in quel momento si trovavano in un campo profughi a Stoccarda.
Nonostante tutto, l’ex Maggiore, proprio come Oskar Schindler, anch’egli si incolpava di non aver fatto abbastanza.

Dopo il processo, visse gli ultimi anni della sua vita in silenzio e senza clamore prima di morire a Darmstadt nel giugno 1957.
Per più di cinquant’anni i sopravvissuti ebrei di Vilna cercarono il Maggiore Plagge, per ringraziarlo e per cercare di capire per quale motivo lui fosse arrivato come una luce inattesa di coraggio morale in mezzo alla notte assoluta del nazismo.
Dopo il 1945, i circa 250 sopravvissuti del campo di lavoro HKP furono sparsi in tutto il mondo, lavorando per ricominciare la vita.
Ma per decenni generazioni di ebrei che dopo la guerra seguirono quella storia, dalla Germania fino alle nuove patrie negli Stati Uniti, Canada, Israele, Francia, Lituania e Russia, hanno sempre cercato di trovare Plagge, raccontando ai loro figli quelle storie di dura sopravvivenza e assicurando che dovevano la vita alle azioni impavide del Maggiore.
Per molti anni l’identità e le motivazioni di questo insolito ufficiale sono rimaste oscurate dalla nebbia del tempo e della distanza.
Nel 2005 è stato infine insignito del titolo di “Giusto tra le nazioni” dal Memoriale dell’Olocausto di Yad Vashem.

Pearl Good, salvata da Karl Plagge, indica il nome di Plagge sul Muro dei Giusti a Yad Vashem

ICONOGRAFIA:
https://en.wikipedia.org/wiki/Karl_Plagge
https://www.tracesofwar.com/articles/5097/Plagge-Karl.htm

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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