(Gustav Mahler, dai Ricordi di Natalie Bauer-Lechner)
La Sinfonia n. 4 in sol maggiore è quella che completa il gruppo delle tre cosiddette “Wunderhorn-symphonien”, sinfonie che si possono considerare formate da movimenti strumentali e vocali nei quali i testi sono per lo più ispirati alla raccolta di poesie popolari tedesche di Arnim e Brentano “Des Knaben Wunderhorn” (Il corno magico del fanciullo), in cui protagonista è un mondo mitico un po’ fiabesco, infantile e contadino, un piccolo paradiso perduto.
La Quarta è il suggello di quel mondo e nel suo quarto movimento si inserisce un magnifico canto inneggiante alla ipotetica vita in paradiso.
In “Das himmlische Leben” (La vita celestiale) viene descritto con occhi infantili una sorta di luogo paradisiaco nel quale si beve vino a volontà e si mangiano asparagi e fagioli; i santi sono intenti a macellare gli animali e a cucinare e persino la seria Sant’Orsola ride osservando le ragazze ballare al suono della musica eseguita da Santa Cecilia in persona e dai suoi musicisti.
È una visione ironica e grottesca nella quale si mescola una smaliziata interpretazione dei dogmi del cattolicesimo e la tragedia della morte per fame dei bambini, verificatasi soprattutto durante la guerra dei trent’anni, bimbi che abbandonavano senza rimpianti la vita terrena per essere felici in quella celeste.
Composto da Mahler ad Amburgo già nel febbraio 1892, e otto anni più tardi inserito come movimento finale della Quarta sinfonia, il Lied “Das himmlische Leben” è una stravagante lirica sul testo di un antico canto popolare bavarese, “Der Himmel hängt voll Geigen” (Il paradiso è pieno di violini).
In una fantastica dimensione celeste, ricca di pace, musica ed elementi surreali, il Lied celebra la gioia dei sensi di una vita ultraterrena vissuta con sottile, ironica innocenza: “una spiritosa cuccagna cristiana”, secondo la definizione di Goethe; “una mescolanza di birichineria e, insieme, di profondo misticismo” per Mahler.
Perché, come spiegava il musicista all’amica Natalie Bauer-Lechner, nella Quarta sinfonia vi è “la gioiosità di un mondo superiore a noi estraneo, che porta però in sé qualcosa di spaventoso; e nel Lied finale il bambino, che già appartiene a quel mondo superiore, nella sua innocenza ne spiega il vero significato”.
La Quarta è una sinfonia felice solo in apparenza: tutto, infatti, qui è capovolto.
Capovolta la gioia solo illusoria del Primo movimento, che attrae e, insieme, spaventa; la macabra danza dello Scherzo, in cui la Morte, suonando un violino volutamente fuori tono, conduce in cielo; la beata quiete dell’Adagio che, nella pace della fine, sigilla gli ultimi spasmi di vita; capovolta anche la visione di una vita celeste “oltre confine”, di un eterno presente dove ogni sorriso è quasi doloroso, dove le esultanti voci altro non sono se non bambini morti troppo presto. Di lì a poco, questi temi ritorneranno sulle visionarie malinconie dei “Kindertotenlieder”.
Singolare è la circostanza che nel piano primitivo della Quarta sinfonia, che comprendeva sei movimenti, il tema unificatore era dato da tre lieder, tolti da “Des Knaben Wunderhorn”, sul comune sfondo dell’infanzia, osservata nei suoi risvolti ora più ingenui, ora più tragici, come ne “La vita terrena”, dove si narra la storia di un bimbo che muore di fame per i fatali ritardi delle guerre.
Gustav Mahler fu una delle personalità musicali più importanti e complesse degli inizi del Novecento.
Sebbene avesse raggiunto presto grande fama come uno dei massimi direttori d’orchestra del suo tempo, fu solo nell’ultimo decennio della sua breve vita che si impose anche come compositore.
Acclamato direttore generale del Teatro Imperiale di Vienna a soli 37 anni poteva vantare una conoscenza profondissima di tutte le risorse tecniche ed espressive del linguaggio orchestrale, competenze che mise poi pienamente a frutto nella sua grande produzione sinfonica e liederistica.
Nei primi anni del Novecento, dopo laboriosi ripensamenti, diede alle stampe due cicli di Lieder e quattro sinfonie.
Benchè il rapporto di Mahler con testi poetici e letterari di varia estrazione sia stato spesso molto stretto, non si può parlare per la sua produzione di musica descrittiva.
Il compositore parlò piuttosto di un “Innerprogramm” (Programma interiore) ben più profondo e personale, per il quale le fonti esterne agivano solo come stimolo per una profonda ispirazione.
Sinfonie in cui la parola a volte rende esplicito il momento saliente di un percorso poetico, ma quale sia questo percorso non è detto esplicitamente, o meglio, se in un primo momento Mahler appose delle didascalie esplicative ai singoli movimenti delle sue prime sinfonie, in un secondo momento eliminò tali didascalie e si adoperò per occultare il contenuto “programmatico” delle sinfonie, e questo per indurre il pubblico a recepire “un brano anche senza parole, semplicemente e puramente dal punto di vista musicale”.
Un “percorso” non letterario né descrittivo, ma, in qualche modo, interiore, si può individuare non solo all’interno della singola partitura, ma anche nella successione delle diverse sinfonie. Se, rifacendosi alle reticenti indicazioni dell’autore, la Prima diesse si nutriva del conflitto fra natura e individuo, la Seconda portava l’eroe dalla morte alla resurrezione, mentre la Terza costituiva un “sogno d’un mattino d’estate”, come mistica rivelazione dell’esistenza attraverso la natura.
Le tematiche di fondo sono sempre affini, anzi, ogni sinfonia riprende il discorso programmatico laddove la precedente lo aveva arrestato.
Considerazione, quest’ultima, che è valida soprattutto per la Quarta, la cui genesi è direttamente legata all’originario progetto della Terza.
Questa sinfonia, infatti, nel suo disegno originario era composta da sette movimenti, l’ultimo dei quali, intitolato “Ciò che un bambino mi dice”, si avvaleva del Lied, “Das himmlische Leben”, già composto nel 1892. Mahler espunse poi il Lied dalla Terza Sinfonia, e ne fece la base della Quarta, che è dunque una riflessione sui temi della morte e dell’infanzia, svolta però anche con tratti ironici, e chiusa da una apparente pacificazione.
Tra le sinfonie di Mahler, la Quarta rappresenta un’eccezione, sia riguardo allo stile che ai più ridotti mezzi orchestrali utilizzati. Il suo linguaggio trasparente e di impronta neoclassica ne fa una delle composizioni più facilmente accessibili del suo autore.
Vi domina, come si è detto, una sottile ironia, ed una raffinata vena melodica quasi schubertiana. Essa è percorsa da un clima di sogno che allude a quella che sarà la sua conclusione col delizioso Lied “La vita celestiale”, cantato dal soprano.
Tutte le principali caratteristiche di questa composizione sono spiegabili tenendo presente il carattere “infantile” della partitura. E dunque ecco che per la prima volta Mahler rinuncia all’enormità dell’organico sinfonico impiegato fino a quel momento, per scegliere un organico normale, dunque una orchestrazione più leggera, che è anche funzionale a un contenuto musicale che, in parte, recupera stilemi settecenteschi.
Questa l’analisi dei quattro movimenti della sinfonia:
1° Movimento: la sinfonia si apre con un tintinnio di campanelli che introduce a uno svolgimento brillante e giocoso dove si intrecciano melodie classiche e popolari, in quel “contrappunto tematico” che è tipico del compositore. Non mancano festose fanfare e danze gioiose.
2° Movimento (Scherzo): la forma è quella del Rondò. Particolare è la presenza del violino solista che suona nella “scordatura” di un tono sopra “Wie eine Fiedel” (come una viella, antenata medioevale del violino). Ne risulta l’effetto grottesco di una danza macabra, condotta tuttavia con la leggerezza che intona l’intera sinfonia.
3° Movimento: è un Adagio dal carattere lirico ed estatico, con linee melodiche di grande bellezza ed espressività che si intersecano fra loro in un’incredibile mescolanza di colori sonori. Una serie di complesse variazioni porta all’esplosione a piena orchestra che preannuncia l’aprirsi di un ideale sipario sulla visione paradisiaca del finale che segue.
4° Movimento (La vita celestiale): qui la voce del soprano si unisce all’orchestra intonando un Lied che descrive le gioie del Paradiso viste attraverso lo sguardo ingenuo di un fanciullo, la cui visione però è tutt’altro che mistica.
Gli angeli danzano, altri cuociono il pane e i santi sono intenti a preparare cibi succulenti tra orti e giardini pieni di ogni ben di Dio, le cantine offrono buon vino senza pretendere un quattrino e così via festeggiando!
Gustav Mahler Symphony No 4: Magdalena Kožená: mezzo-soprano, Lucerne Festival Orchestra,
Direttore: Claudio Abbado. Lucerne, Agosto 2009
Spunti tematici già uditi prima si intrecciano col canto in un gioco vorticoso finchè, dopo un lungo decrescendo, la visione celeste scompare e la sinfonia si conclude con un pianissimo che rappresenta una pace estatica ed eterna.
La Quarta sinfonia occupa un posto particolare nella produzione sinfonica di Gustav Mahier, perché da un lato conclude il ciclo delle “Wunderhorn-Symphonien”, chiudendo la prima fase del sinfonismo mahleriano, dall’altro inaugura un nuovo stile, più essenziale nella severità del contrappunto e meno incline alla monumentalità.
Composta nelle estati del 1899 e 1900, la composizione conobbe in realtà un più lungo periodo di gestazione, tanto che il piano iniziale dell’opera si poteva rintracciare già negli anni della Terza. Quanto alle dimensioni Mahler dichiarò all’amica Natalie Bauer-Lechner ai primi di agosto del 1900:
“Per la verità volevo scrivere solo una umoresca sinfonica, e me ne è uscita la misura normale di una Sinfonia, mentre prima, quando pensavo di dover comporre una Sinfonia, saltava fuori un’opera che durava tre volte di più, com’è stato il caso della Seconda e della Terza”.
Non certo lusinghiero fu questo giudizio sulla Quarta sinfonia da parte di Alma Schindler, futura moglie di Mahler, la quale avrebbe poi imparato ad apprezzare la musica del marito senza liquidarla in modo così semplicistico, come questo passo tratto dai suoi ricordi.
“Un giorno mi portò la sua Quarta Sinfonia. Non si confaceva al mio gusto di allora. Me ne suonò dei brani e mi domandò se mi piaceva. Risposi francamente: “Le stesse cose le ha scritte Haydn, e meglio”.
Si mise a ridere e disse che un giorno avrei pensato diversamente”.
In effetti la Sinfonia non ottenne il successo sperato nella sua prima esecuzione, avvenuta il 25 novembre 1901 sotto la direzione dell’autore: fu, infatti, clamorosamente fischiata, salvo poi ad affermarsi come uno dei lavori più eseguiti di Mahler già sin dalle successive esecuzioni a Berlino e a Vienna.
La Quarta sinfonia, intitolata in origine “Symphonie Humoreske”, in riferimento alla ‘Gaia scienza’ di Nietzsche, fu il risultato di un lungo processo di maturazione compositiva iniziato quando Mahler stava già lavorando alla Seconda e alla Terza.
Mahler affermava che scrivere una sinfonia era per lui come “costruire un mondo con tutti i mezzi tecnici a disposizione”. Ma dire mondo è riduttivo, poiché si tratta in realtà di un universo: complesso e lacerato, frenetico, multiforme, a volte contraddittorio, fatto di forti sbalzi ritmici, dinamici, stilistici e di umore.
Vi si accumulano materiali disparati, colti e popolari, aulici e triviali, tenuti insieme da programmi narrativi o simbolici intuibili e di rado espressi a parole: fanfare, danze, valzer, canti infantili, marce funebri, canzonette da osteria, autocitazioni, i martelli, i campanacci, le incudini negli organici strumentali enormi.
Mahler con questa composizione voleva rassicurare infine sé stesso e l’umanità cercando una salvezza futura attraverso il sogno delle probabili gioie della vita eterna.
Se davvero sia così non lo sapremo certo adesso, diciamo che Gustav ci ha dato una speranza…
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.