Lasciamo Lucrezia ai suoi impegni di lavoro. Oggi volevo collegarmi all’interessantissimo contributo di Luigi Catalani apparso sul nostro blog il 27/05/2022 dal preoccupante titolo “L’inesorabile lentezza della transizione energetica“ e raccontarvi come siamo dipendenti dall’estero per le forniture di METANO e di come non vi sia stata, negli ultimi 60 anni, nessuna strategia energetica lungimirante nel nostro paese.
Ci tengo però a precisare che i dati che vi fornirò sono stati presi dal bellissimo articolo di Milena Gabanelli e Simona Ravizza apparso sul Corriere della Sera del 16/05/2022.
Cominciamo dalla dipendenza dell’Italia dalle forniture di METANO: dalla tabella che vedete qui sotto
si evince in modo chiaro come dagli anni ’70 fino ad arrivare al 2020 il nostro paese ha fatto accordi per la fornitura di METANO via tubo con cinque paesi stranieri. Considerate che il primo accordo con l’Unione Sovietica fu firmato a Roma il 10 dicembre 1969 dall’allora presidente dell’ENI Eugenio Cefis e dal viceministro del commercio estero dell’URSS Nikolay Osipov, l’accordo sfociò nella realizzazione del primo gasdotto che partiva dalla Siberia per arrivare attraverso l’Ucraina, la Slovacchia e l’Austria fino a Tarvisio, il gasdotto entrò in funzione nel maggio del 1974. L’ultimo contratto di fornitura con la Russia è stato firmato nel 2006 con durata fino al 2035. La fornitura dalla Russia nel 2021 è stata di 28 miliardi di metri cubi.
Ma voi mi chiederete: che fine ha fatto il nostro METANO estratto in Adriatico? Dalla tabella qui sotto riportata: si evidenzia come la produzione nazionale è passata dai 20,6 miliardi di metri cubi del 1994 ai 4,4 del 2020 (mentre i consumi sono saliti di quasi il 30%). Come sapete, dalla metà degli anni ’90, abbiamo iniziato a bloccare l’attività di estrazione e ricerca in Adriatico. Del resto fino a pochi mesi fa il ragionamento diffuso era questo: perché impattare sull’ambiente quando il gas lo possiamo importare?
Come avete visto dalla prima tabella nel 2020 è entrato in funzione il gasdotto denominato TAP dall’Azerbaijan con sbocco in Puglia a Melendugno. Vi sintetizzo brevemente la storia di questo gasdotto: a dicembre 2007 Italia e Azerbaijan firmano un memorandum di intesa per possibili forniture di METANO. Il 28 giugno 2013 il consorzio azero Shah Deniz annuncia che il TAP è il progetto prescelto per trasportare il suo gas nell’UE attraverso la Puglia. Il metanodotto (sul quale partiti e comitati si sono scannati per anni) vede la luce il 31 dicembre 2020 quando il primo gas dal Mar Caspio arriva a Melendugno. Lascio a voi ogni commento.
Ora parliamo di gas metano liquefatto: pensate che l’ENI estrae gas in Nigeria, dove dal 2000 viene liquefatto e portato con le navi gasiere negli Stati Uniti, in Asia e in Spagna.
Ha giacimenti e impianti di liquefazione anche in Egitto, ma dal 2005 il gas lo porta in Spagna.
In Italia non arriva nulla perché non si sa dove metterlo.
Fino al 2009 avevamo un solo rigassificatore (Panigaglia in provincia di La Spezia), il secondo apre a Porto Viro, al largo del Delta del Po. Il terzo, sul mare di Livorno, entra in funzione a ottobre 2013. Sempre utilizzati al di sotto del 60% della loro capacità.
Nel 2021 sono stati importati 9,7 miliardi di metri cubi di gas liquefatto principalmente da Qatar, Algeria e USA.
I rigassificatori di Porto Empedocle e Gioia Tauro sono in ballo rispettivamente da 18 anni e 17 anni e non si vede ancora la luce in fondo al tunnel per la loro realizzazione.
Ora parliamo delle RINNOVABILI che purtroppo non decollano: circa il 30% del METANO importato viene utilizzato per produrre elettricità (25,9 miliardi di metri cubi nel 2021).
- L’idroelettrico in Italia è molto sviluppato, ma lo sfruttamento di corsi d’acqua con turbine e alternatori non si ammoderna e viene via via trascurato e così si passa dai 50000 GWh del 2000 ai 49000 del 2020.
- Il fotovoltaico, dopo un impulso iniziale, da 10 anni non cresce più in modo significativo.
- L’eolico è quasi fermo da 5 anni.
- Cresce poco il geotermico in grado di sfruttare l’energia dal sottosuolo.
VI E’ TROPPA BUROCRAZIA E OSTACOLI DA COMITATI ED ENTI LOCALI, DI CONSEGUENZA I TEMPI DI REALIZZAZIONE DI QUESTI IMPIANTI SONO DINOSAURICI.
MEDITATE GENTE MEDITATE.
LA CHIMICA IN VERSI
di Alberto Cavaliere
Alberto Cavaliere
IDROGENO
Con ferro e un acido già sviluppato,
aria infiammabile venne chiamato
quando, nel secolo decimosesto,
a un noto chimico fu manifesto.
Pur diffusissimo, libero, in fondo,
è in parte minima sul nostro mondo,
laddove, libero, diffuso appare
intorno all’ignea massa solare
e in altri nuclei celesti: e ciò
lo spettroscopio ci rivelò.
S’ha, dunque, in piccola parte allo stato
di corpo libero; ma combinato
è abbondantissimo quest’elemento,
formando -dicono- l’uno per cento
di tutto il tragico peso che, ansante,
grava su l’inclite spalle d’Atlante;
né puoi sorprenderti se pensi a ciò:
dà con l’ossigeno l’H2O
Quando il cloridrico sul ferro agisce,
questo l’idrogeno sostituisce,
il quale svolgesi più o meno puro,
mentre che l’acido forma il cloruro;
però, fra i metodi per prepararlo
oltre ai moltissimi di cui non parlo,
lo scopo in pratica meglio è raggiunto
con l’elettròlisi dell’acqua appunto,
e con un metodo più interessante
che il gas idrogeno svolge abbondante
e che dà il massimo del beneficio:
la soda caustica con il silicio.
E’ un gas insipido, senza colore,
di peso minimo, buon conduttore.
Anche, volendolo, si liquefà,
ma con grandissima difficoltà.
Nell’acqua sciogliesi difficilmente,
è diffusibile, è riducente,
e quindi gli ossidi spesso riduce.
E’ combustibile con poca luce;
n’è calorifica la combustione.
Entra l’idrogeno in reazione
coi quattro alogeni monovalenti,
formando gli acidi corrispondenti.
Se con l’ossigeno s’unisce, scoppia,
ma mai più utile si vide coppia,
ché da quel vincolo violento nasce
il puro liquido che i campi pasce,
il fresco nèttare che, come sai,
con arte impiegano gli osti e i lattai
e a cui si debbono tante fortune:
in altri termini, l’acqua comune.
Fausto Bonifacio nasce a Milano nel 1951, si laurea in Chimica Pura nel 1975 e dopo un anno di servizio militare viene assunto, presso un’importante azienda farmaceutica milanese, con la mansione di operatore di laboratorio di ricerca.
Nel 1988 emigra, al contrario, nella città di Frosinone e prende servizio quale direttore della funzione Ricerca e Sviluppo di una nota azienda chimico-farmaceutica operante nel settore della sintesi e produzione di principi attivi .
Nel 1998 viene assunto, con la qualifica di direttore Ricerca e Sviluppo, da una nota azienda chimico-farmaceutica situata nei pressi di Latina e ricopre inoltre lo stesso incarico nella consociata spagnola di tale azienda.
Nel 2004 emigra in toscana presso un’importante azienda chimico-farmaceutica dove ricopre la carica di direttore di stabilimento fino al 2013 quando cessa l’attività lavorativa godendosi poi la meritata pensione.
Attualmente vive e saltuariamente lavora a Latina.