Un film da (ri)scoprire: La bella vita (1994) di Paolo Virzì

Eccoli gli operai sul prato verde
a mangiare: non sono forse belli?
Corrono le automobili d’intorno,
passan le genti piene di giornali.
Ma gli operai non sono forse belli?”

(Sandro Penna, Poesie)

Bruno e Mirella (interpretati da Claudio Bigagli e Sabrina Ferilli) si sposano nel 1989 a Piombino, provincia di Livorno, dove vivono in un piccolo e confortevole appartamento in periferia senza alcun figlio in arrivo. Bruno è un operaio che sta vivendo sulla propria pelle trentanove giorni di sciopero tra il 1992/93 alle acciaierie di Piombino a causa del salario minimo e per le condizioni disagevoli sul posto di lavoro; Mirella invece è una commessa in un supermercato, che si invaghisce di un conduttore televisivo di una rete locale noto come Gerry Fumo (Massimo Ghini), che a sua volta la corteggia in maniera determinata. Quando Bruno perde l’impiego cade in depressione, mentre Mirella si lascia travolgere dalla passione per il “noto” conduttore fino a quando l’adulterio non viene scoperto.

Il manifesto del film

Come fu già noto all’epoca della sua uscita nelle sale, La bella vita (che anticipa i lavori più celebri di Virzì come Ferie d’agosto ed Ovosodo) possiede alcuni richiami ad un film di Mario Monicelli, intitolato Romanzo popolare, scritto dallo stesso regista insieme ad una coppia di sceneggiatori molto nota come “Age e Scarpelli”. Non a caso, lo stesso Scarpelli è stato anche l’ex insegnante di sceneggiatura di Virzì e del suo co–sceneggiatore Francesco Bruni (futuro regista di Scialla! e Cosa sarà) al Centro Sperimentale di Cinematografia, e negli anni successivi li ha persino aiutati a stendere le sceneggiature di Ovosodo ed N – Io e Napoleone.
Anche nel film di Monicelli si parla di un triangolo amoroso nel bel mezzo di un dramma sociale che sfocia nella Commedia all’italiana e nel melodramma senza fronzoli; ma quest’ultimo aspetto si accentua soprattutto nel film di Virzì, e non solo dal punto di vista della scrittura, ma anche dal punto di vista della fotografia: per esempio abbiamo delle tonalità arancioni – probabilmente uno dei marchi di fabbrica del regista – create da Paolo Carnera (Il grande cocomero, Favolacce e America Latina) che vengono utilizzate soprattutto nelle scene più melodrammatiche del film, come ad esempio il primo “addio” tra Mirella e Gerry al porto di Piombino, e il litigio di lei con Bruno, dopo che quest’ultimo l’ha pedinata. Nonostante il confronto (più o meno pesante) tra un film girato da un Maestro e da un esordiente, Virzì e Bruni hanno sempre dimostrato di aver imparato tanto e bene dai padri della Commedia all’italiana, raccontando dei vizi e delle virtù degli italiani di ultima generazione senza far rimpiangere la “bella stagione” del nostro cinema.

Ritratto di Virzì con sigaretta

Nonostante la ricca filmografia del regista toscano, sembra che La bella vita sia finito ingiustamente nel dimenticatoio, eccetto per alcuni estimatori del suo lavoro.
Allora, perché merita di essere riscoperto?
Perché chi nutre dubbi ancora oggi sulle capacità attoriali della Ferilli potrà cogliere l’occasione di (ri)vederla in un ruolo ben interpretato e ben scritto; così lontano da lei per il suo accento toscano – che si contrappone a quello romanesco della sua interprete – e così vicino a lei per la fisicità genuina e per il carattere amichevole, passionale e talvolta materno.

Il trailer

Un altro motivo per cui La bella vita merita di essere riscoperto è per l’interpretazione riuscita di Claudio Bigagli nei panni di Bruno. L’attore toscano è già noto per aver recitato in alcuni film celebri come La notte di San Lorenzo dei fratelli Taviani e Mediterraneo di Gabriele Salvatores; ai giorni d’oggi è conosciuto per la sua partecipazione in altri film (fra cui Maledetta primavera di Elisa Amoruso, con Micaela Ramazzotti) e in molte fiction televisive (come ad esempio Provaci ancora, prof.!), oltre che per la sua carriera teatrale come attore, regista e commediografo.

I tre protagonisti del film

Un ultimo motivo per elogiare questo film (seppur in maniera tardiva) è perché nella sua filmografia si possono scoprire due lati (più o meno diversi) del nostro Virzì; cioè quello “romano” – o “brianzolo” se pensate a Il capitale umano – e quello “toscano”. Il primo è un Virzì polemico che racconta senza peli sulla lingua il lato oscuro del nostro Paese, come ad esempio la differenza di classe, la lotta tra la Destra e la Sinistra italiana e lo sfruttamento degli impiegati lavorativi e aspiranti cineasti, intimoriti da datori di lavoro dittatoriali e da produttori edonisti ed ignoranti. Il Virzì toscano invece è più agrodolce e si trova a metà strada tra la nostalgia e l’antinostalgia nei confronti della sua città natale. Chi di voi non si è mai sentito accolto a braccia aperte dal fratellone disabile ma di buon cuore del protagonista di Ovosodo? O dalla mamma bellissima e imbarazzante de La prima cosa bella, o dalle due “adorabili pazze” de La pazza gioia? Con La bella vita si può trovare facilmente un connubio tra queste due facce della stessa medaglia; d’altronde si tratta di una visione introspettiva su un pezzo di storia contemporanea della provincia toscana.

Sabrina Ferilli con Massimo Ghini

Disponibilità: Nel caso non riusciste a trovare una copia del DVD (che oggi rischia di andare fuori catalogo) si può facilmente recuperarlo su una piattaforma gratuita nota come Dailymotion, che presenta l’intero film diviso in due parti.

Lorenzo Palombo si definisce come uno studente cinefilo che ama parlare e scrivere di cinema – e recitare a memoria le battute di film e sitcom – a costo di annoiare amici e parenti.
Per Latina Città Aperta propone una rubrica intitolata “Un film da (ri)scoprire” per invitare i lettori a vedere o rivedere alcuni film acclamati dalla critica e dal pubblico che rischiano di dissolversi dalla memoria dello spettatore. La rubrica accoglie persino alcuni film europei o internazionali che non sono stati distribuiti nelle nostre sale cinematografiche.

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