La politica senza Politica

La banalizzazione del pensare, l’asservimento del pensiero a logiche utilitaristiche, le scorciatoie per il consenso, oggi sembrano essere uno scontato modello “vincente”.
Dove dell’ignoranza si fa virtù, la semplificazione di complessità, le soluzioni facili in veste di promesse, fanno della politica un gingillo pericoloso, abile esercizio di espedienti della comunicazione. Poi l’apoteosi dell’assenza di contenuto fa il resto, ed è celebrazione di mistificazioni.
La presunzione che chiunque possa avere successo è un motivo ricorrente, lo sdoganamento della qualunque; non occorrono doti morali e quanto all’umiltà, essa è squalificata a colpevole inadeguatezza, quindi condannata senza appello; al contrario vige lo slogan dell’uomo che si è fatto da solo, modello che contribuisce al falso mito del merito: meritarsi è competitività, a qualsiasi costo, con ogni mezzo, l’io sopra ogni cosa.
Così si è sdoganata l’arrogante tirannia su chiunque sia più “debole”, non per fato o condizioni avverse, tanto meno perché esiste una ingiustizia sociale, semplicemente perché inferiore, non meritevole, non giusto.


L’autoassoluzione da parte di chi detiene privilegi, di censo e di potere, passa per la convinzione che esistano sacrifici umani necessari, ovvero categorie da immolare sull’altare del progresso o del conto dei giorni che ti restano da vivere, ciò alimenta lo scontro ad ogni livello, che per me equivale a una perdita di umanità: giovani contro vecchi, ricchi contro poveri, superiori e inferiori, chi merita e chi no.
Questa aberrazione spesso è abuso di maggioranze su minoranze, non necessariamente maggioranze numeriche, a volte è strapotere di chi detiene i mezzi economici per comprarsi il mondo e così può comprarsi anche la maggioranza: Paesi ricchi contro Paesi poveri, identità politiche meritevoli, perché democratiche, quindi esportatrici di valori. Il colonialismo delle idee, l’invasione dei benefattori salvatori di popoli inferiori.
Della parola Democrazia si abusa, così come si abusa della categoria “valori”, e si presume di trovarsi dalla parte giusta della storia, considerato che la Storia è raccontata da chi ha i mezzi, da chi possiede il potere mediatico della narrazione.
Pullulano piccole e grandi narrazioni, in piccoli e grandi contesti, che producono piccoli e grandi danni.
Questa è la politica senza Politica.
L’omologazione si serve del principio secondo il quale il dissenso va “gestito”, ma come si fa a gestire il dissenso? Il dissenso è il sale della Politica, il pensiero multiforme e libero è la possibilità unica che nel confronto si cresca, che si esca dalla narrazione, quale essa sia, che si guardi da punti di vista differenti, inquadrando non solo ciò che l’obiettivo propone, ciò che è messo in luce e bene a fuoco dalla macchina da presa.

Il dissenso è qualcosa che non si gestisce, il dissenso è semplicemente come qualsiasi altra idea, opinione, visione, qualcosa che dignitosamente va rappresentato, e diventa necessario dunque che sia tenuto in conto, non gestito. Parlo di argomentazione logica di contenuti maturati da esperienza (ciascuno la sua), studio, confronto, a volte anche sofferti, interiorizzati nel tempo.
Più che di gestione allora occorre parlare di rispetto reciproco e grande capacità di ascolto, scevra da pregiudizio, da ambo le parti, perché solo riconoscendo le ragioni dell’altro si può giungere a una sintesi migliore di tesi e antitesi. (Questo concetto in sintesi è parte del pensiero di Hegel, uno dei massimi filosofi di tutti i tempi).

Hegel

Chi vuole gestire il pensiero altrui, trattarlo alla stregua di una cosa, non ha che da scegliere la via della manipolazione, dello svilimento dell’altro, e si finisce spesso per abbattere la persona pur di abbatterne il pensiero, espellere il corpo estraneo. Gestirlo quindi equivale a mortificarlo, ma nella mortificazione di ogni pensiero che non venga posto nella condizione di una dialettica orizzontale, muore la Politica, diviene politica senza Politica, un esercizio sterile di retorica, col plauso scontato ad ogni slogan, quando Politica e cultura invece si nutrono di idee, di visioni, di differenze, perché si possa andare oltre.

In fondo è solo in questo substrato vitale che possono nascere ancora meravigliose idealità.

Un commento su “La politica senza Politica

  1. Da Craxi a Berlusconi in poi è passato il concetto che una bugia ripetuta, preferibilmente strillata può essere percepita come fatto vero. Craxi e Berlusconi hanno dato molto risalto all’apparenza, con l’uso di televisioni, specialmente commerciali, hanno prodotto superficialità e quindi ignoranza. Le trasmissioni sempre più di basso livello hanno indotto, per imitazione di una classe politica e dirigente arrogante e urlatrice, l’imitazione non solo dei politici e dirigenti locali, ma anche degli aspiranti tali. La prevaricazione è diventata un modello sociale alimentata da questo sistema mediatico che dalla manipolazione della televisione è passata a quella incontrollata dei social alimentata ad arte da personaggi spregiudicati quando non sono della malavita. Queste manipolazioni che vengono spacciate da politica o da informazione sono favorite dall’ignoranza della maggioranza dei votanti e i risultati sempre peggiori si vedono

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