A molti è capitato di chiedersi che cosa significa guantanamera, presi dalla piacevole melodia della canzone popolare cubana divenuta successo internazionale.
Tale capolavoro risale al diciannovesimo secolo come poema in versi, ma è stato rimaneggiato più volte come canzone a partire dal 1930, fino raggiungere il grande successo ottenuto dalla versione degli anni sessanta che lo ha portato ai vertici della popolarità anche nei decenni successivi. Si tratta di una serenata in forma di poema a ritmo di bolero creolo, dedicata a una contadina della città di Guantanamo nell’isola di Cuba; legata alle lotte d’indipendenza dell’epoca, unisce valori patriottici a un carattere spiccatamente sentimentale.
Del testo invece ci sono numerose versioni e la più conosciuta è quella cantata da Pete Seeger, che nel periodo della rivoluzione cubana ha reso famosa la canzone prima negli Usa e poi nel mondo.
Nel 1993 la musica è stata attribuita dalla corte suprema di Cuba al popolare personaggio radiofonico degli anni trenta José Fernández Diaz, meglio noto come Joseíto, dopo aver respinto il ricorso degli eredi di Herminio “El Diablo” García Wilson, secondo i quali quest’ultimo ne era il compositore originale. In ogni caso fu sicuramente Joseíto Fernández che la portò al successo dai microfoni della popolare radio CMQ de l’Avana, sebbene il testo fosse un po’ diverso dall’attuale.
Guantanamera, guajira Guantanamera
Guantanamera, guajira Guantanamera
Io sono un uomo sincero
di dove cresce la palma,
io sono un uomo sincero
di dove cresce la palma
e voglio, prima di morire
dall’anima far uscire i miei versi.
Guantanamera, guajira Guantanamera
Il mio verso è di un verde chiaro
ed è di un carminio acceso
il mio verso è di un verde chiaro
ed è di un carminio acceso
il mio verso è un cervo ferito
che nel bosco cerca riparo.
Guantanamera, guajira Guantanamera
Coltivo una rosa bianca,
a luglio come a gennaio,
per l’amico sincero
che mi dà la sua mano franca.
Guantanamera, guajira Guantanamera
E per il crudele che mi strappa
il cuore con cui vivo,
né cardo né ortica coltivo:
coltivo la rosa bianca.
Guantanamera, guajira Guantanamera
Io so di un dolore profondo
fra le pene senza nome:
la schiavitù degli uomini
è la gran pena del mondo!
Guantanamera, guajira Guantanamera
Ai poveri della terra
voglio unire il mio destino
ai poveri della terra
voglio unire il mio destino
il ruscello del monte
mi piace più del mare”.
(versione italiana di Marco Sacchetti)
Cuba era una colonia spagnola e fino al 1898, quando ci fu la guerra ispano-americana, fu occupata dagli americani che, una volta vinta la guerra, ne dichiararono l’indipendenza ma di fatto controllavano i governi che si alternarono fino alla rivoluzione castrista. Con ciò, gli Stati Uniti ottennero un territorio nella baia di Guantanamo che era, ed è, completamente sotto la loro giurisdizione (protettorato americano).
La famosa canzone composta da Joseíto Fernandez prese spunto da un testo tratto da una raccolta di poesie di José Martí Pérez, i “Versos sencillos” (Versi semplici).
José Martí Pérez nasce all’Avana il 28 gennaio 1853. Giovanissimo rimane molto colpito dall’arresto e dalla deportazione di un suo vecchio insegnante da parte degli spagnoli. Da quel primo impatto decide di dedicare buona parte della sua vita alla causa dell’indipendenza cubana.
A diciassette anni viene arrestato dalla polizia per una lettera compromettente e deportato all’Isla de Pinos e successivamente costretto all’esilio a Madrid, dove scrive “El presidio político en Cuba”, pubblicato nel 1877, in cui appare un’aperta denuncia degli orrori del carcere coloniale.
La sua opera omnia in prosa, costituita da scritti politici, analisi economiche e resoconti sociali di visite nei paesi del Caribe è raccolta in 12 volumi.
Uomo di lettere e d’azione, indipendentista e sognatore, ispira e guida la guerra emancipatrice del 1895, alla quale dedica tutte le sue energie e il suo impegno per unire le classi e i settori interessati all’obiettivo della liberazione nazionale. Raggruppa tutti i cubani emigrati ed esiliati fondando il primo partito rivoluzionario di Cuba, determinato a lottare per una repubblica democratica.
La sua visione sintetica, lucida e globale delle problematiche coloniali, lo colloca nella posizione di “Padre della Patria”. In molti si chiedono dove trovasse il tempo per conciliare la figura di scrittore prolifico, giornalista e poeta sensibile con quella di uomo brillante, viaggiatore, con una vita privata costellata di amori intensi. Oltre ad essere stato un grande scrittore, poeta e giornalista, Martí fu anche pittore e filosofo.
Nel 1867 si iscrisse alla Scuola Professionale per la Pittura e la Scultura de L’Avana per prendere lezioni di disegno. Nel 1869 pubblicò il suo primo testo politico nell’edizione unica del giornale El Diablo Cojuelo, poi pubblicò “Abdala”, un dramma patriottico in versi e, sempre nello stesso anno, compose anche il celebre sonetto “10 de octubre”, che fu pubblicato poco più tardi nel giornale della sua scuola. Nonostante questo successo, nel marzo di quell’anno le autorità coloniali chiusero la scuola ed egli fu costretto a interrompere gli studi, così cominciò ad odiare la dominazione spagnola della sua patria e allo stesso modo crebbe in lui l’odio per lo schiavismo, ancora praticato a Cuba.
Fu arrestato e incarcerato nella prigione nazionale, in seguito ad un’accusa di tradimento formulata dal governo spagnolo; più di quattro mesi dopo, si assunse la responsabilità dei capi d’accusa e fu condannato a sei anni di reclusione. Col tempo Martí si ammalò e le sue gambe subirono gravi lesioni a causa delle catene che lo cingevano, fu dunque trasferito dal carcere in un’altra parte di Cuba, nota come Isla de Pinos.
In seguito, il governo decise di esiliare Martí che si recò in Spagna. Lì studiò legge e scrisse articoli sulle ingiustizie del dominio spagnolo a Cuba.
Dopo aver passato qualche tempo in Spagna, completò gli studi, conseguendo le lauree in Giurisprudenza ed in Filosofia e Lettere. In seguito si trasferì in Francia, dove trascorse qualche tempo prima di ritornare segretamente a Cuba sotto falso nome, nel 1877. Per vivere, accettò un lavoro come professore di storia e letteratura a Città del Guatemala.
Nel 1880 Martí sì trasferì a New York, dove ricoprì il ruolo di console aggiunto per Uruguay, Paraguay e Argentina. Mobilitò la comunità di esiliati cubani, specialmente in Florida, per mettere in atto la rivoluzione e ottenere l’indipendenza dalla Spagna e, contemporaneamente, opporsi all’annessione di Cuba agli Stati Uniti. A questo scopo fondò anche, nel 1892, il Partito Rivoluzionario Cubano.
Nel 1894 partì con la volontà di approdare a Cuba e lottare direttamente per la rivoluzione, ma fu intercettato in Florida. Convinse il generale rivoluzionario cubano Antonio Maceo Grajales, esule in Costa Rica, a riprendere la lotta contro gli spagnoli a Cuba. Il 25 marzo del 1895 pubblicò il Manifesto di Montecristi, proclamando l’indipendenza cubana e ponendo così fine a tutte le distinzioni giuridiche tra le razze, incoraggiando il contatto con gli spagnoli che non si opponessero alla indipendenza e incitando alla lotta contro chi non approvava. L’11 aprile dello stesso anno Martí sbarcò a Cuba con un reparto di esuli ribelli, fra cui il Generalísimo Máximo Gómez.
José Martí venne ucciso dalle truppe spagnole durante la battaglia di Dos Ríos del 19 maggio. È sepolto nel Cementerio Santa Efigenia a Santiago di Cuba. La Guerra ispano-americana iniziò e terminò all’incirca tre anni dopo la sua morte.
Una semplice canzone che per molti è uno spensierato canto d’amore tipico della cultura latino americana ha invece una storia carica di significati e riferimenti!
Un uomo semplice prima di morire vuole esprimere quello che per lui è più importante: la sua sofferenza profonda per la schiavitù degli uomini; un accenno a chi in vita lo ha amato e tormentato. Ma non serba rancore… coltiva la rosa bianca tutto l’anno, sia per l’amico che per l’impostore che lo tormenta.
La popolarità dei “Versos sencillos” (Versi semplici), pubblicati a New York nel 1891, fu immediata ed alcuni dei versi vennero “campionati” e reinseriti, come in un collage, dal musicista spagnolo Julián Orbón, fino a costituire le strofe originali della canzone “Guantanamera”, resa poi famosa dal cantante e compositore cubano Joseíto Fernández, che a partire dal 1948, con la musica e il ritornello cantava alla radio improvvisando sugli avvenimenti quotidiani.
Tuttavia altre fonti attribuiscono la stesura finale di “Guantanamera” al musicista cubano Héctor Angulo nel 1950. Grazie infine all’opera divulgativa del grande cantante folk statunitense Pete Seeger il tema, eseguito per la prima volta in concerto l’8 giugno 1963 alla Carnegie Hall, divenne famoso a livello mondiale.
Ricordiamo che “guajira Guantanamera” significa “contadina di Guantánamo”. La baia cubana di Guantánamo è da tempo proprietà del governo degli Stati Uniti d’America, che vi mantiene una tristemente nota base militare.
Che cosa stia accadendo laggiù attualmente ai prigionieri della “guerra contro il terrorismo” che vi sono rinchiusi e trattati in dispregio di tutte le regole del diritto internazionale, dovrebbe essere cosa nota ormai a tutti, mentre Guantanamera è e rimane una canzone composta per la libertà e la giustizia sociale.
BIBLIOGRAFIA:
- Domenico Bonamico, Scritti sul potere marittimo (1894-1905), Parte quarta: La guerra ispano-americana, Roma, USSMM, 1998;
- Francisco J. Romero Salvadó, Arriba España Twentieth-Century Spain Politics and Society in Spain, 1898-1998, MacMillan Distribution Ltd, 1999;
- Roberto Massari, Storia di Cuba: Società e politica dalle origini alla rivoluzione, Ed.Associate, Roma 1987.
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.