La regista belga Agnès Varda (l’unica donna appartenente alla Nouvelle Vague) è stata anche un’assidua fotografa. I suoi scatti raffigurano scene di strada, ritratti di persone comuni, pescatori e vicini di casa, uomini nudi, bambini, animali morti sulla spiaggia, ecc. Tutte queste immagini preannunciano lo stile che avrebbe caratterizzato il suo cinema, che a sua volta si alterna tra finzione e documentario.
Nel 1982, Agnès Varda recupera tra le sue vecchie fotografie quella che rappresenta un uomo nudo di spalle, un bambino (anch’esso nudo) e una capra defunta nel bel mezzo di una spiaggia a Saint–Aubin–sur–mer, nei pressi della Normandia. Tale immagine l’ha scattata il 9 maggio 1954, due mesi prima delle riprese del suo lungometraggio d’esordio La pointe courte (1955) con Philippe Noiret e Silvia Monfort.
Durante le riprese di questo cortometraggio – documentario, la regista rincontra dopo tanti anni Fouli Elia, direttore artistico della rivista Elle, completamente nudo nel suo studio, esattamente come nel periodo in cui faceva da modello per altre foto della Varda. Quando lei gli mostra degli scatti in cui è inquadrato con i vestiti addosso, Elia dichiara di non ricordare nulla di quel periodo, salvo gli indumenti che portava.
A Parigi, Agnès ritrova persino Ulysse, il bambino della fotografia, ormai diventato un libraio con moglie e due figlie. Quando gli mostra la foto scattata in spiaggia, anche lo stesso Ulysse dichiara di non aver conservato alcun ricordo di quei giorni, nonostante le avesse regalato un dipinto ispirato a quella stessa fotografia. Per Agnès, Ulysse è sempre stato il suo “primo bambino”; esattamente il suo primo modello. Ulysse è figlio di una coppia di rifugiati politici spagnoli che abitavano nella stessa strada in cui la regista risiedeva, i quali rappresentavano anch’essi per Agnès una fonte di ispirazione per il suo lavoro fotografico.
Per evidenziare i vuoti di memoria di Elia e Ulysse, la regista decide di esprime un parere personale, a costo di sembrare didascalica: nonostante la fotografia testimoni degli avvenimenti passati, ci sono modelli che non solo fanno fatica a ricordare, ma scelgono personalmente di non farlo.
Ad un certo punto, Agnès decide di affidare l’interpretazione enigmatica della foto di Ulysse ad un gruppo di bambini, confrontandola con il dipinto del protagonista. Molti di quei bambini preferiscono la fotografia perché è “più umana” e “più vera” rispetto alla versione disegnata. Questa sequenza fa pensare all’antica competizione tra pittura e fotografia instaurata agli inizi dell’Ottocento, quando la fotografia rappresentava una minaccia per i pittori a causa del suo realismo fin troppo fedele alla realtà circostante.
Grazie ad un accurato montaggio composto da effetti Ken Burns, ritagli, sovrimpressioni, sfocature e dissolvenze incrociate, la regista ci invita (anzi, ci obbliga) ad avvicinarci ossessivamente alle sue fotografie per spingerci ad esprimere un parere personale; perché fino a prova contraria, in un’immagine vediamo solo quello che vogliamo vedere.
Disponibilità: Su MUBI e su Vimeo (con i sottotitoli in inglese).
Lorenzo Palombo si definisce come uno studente cinefilo che ama parlare e scrivere di cinema – e recitare a memoria le battute di film e sitcom – a costo di annoiare amici e parenti.
Per Latina Città Aperta propone una rubrica intitolata “Un film da (ri)scoprire” per invitare i lettori a vedere o rivedere alcuni film acclamati dalla critica e dal pubblico che rischiano di dissolversi dalla memoria dello spettatore. La rubrica accoglie persino alcuni film europei o internazionali che non sono stati distribuiti nelle nostre sale cinematografiche.