Arthur Schnitzler e l’inconscio in letteratura

«Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo – la Sua penetrazione delle verità dell’inconscio, della natura istintiva dell’uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l’adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare.»

(Sigmund Freud, lettera a Schnitzler del 14 marzo 1922)

Sigmund Freud e Arthur Schnitzler furono due tra i protagonisti indiscussi della vita di Vienna tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
Era quello il periodo in cui la capitale dell’Impero asburgico, affollata da scrittori, musicisti e attori di grandissimo livello, dominava la vita culturale europea.
Curiosamente si scrissero spesso ma, pur vivendo nella stessa città, si incontrarono pochissimo: una o forse due volte.

Vienna 1898

Nel 1906 Arthur Schnitzler, medico e scrittore, inviò un biglietto di auguri a Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi, un documento rimasto inedito per moltissimo tempo:

“Ai suoi scritti io devo molteplici, significativi e profondi impulsi e questa circostanza mi può forse offrire la possibilità di dirglielo e di assicurarle la mia più sincera e fervida ammirazione”.

Sigmund Freud

Fu quello il primo passo dello strano e fecondo sodalizio tra le due persone che maggiormente scandagliarono, nei loro rispettivi ambiti, le parti in ombra dell’animo umano, quelle cioè dell’inconscio, rimaste insondabili fino agli studi di Freud. 
Se il loro rapporto si svolse più su un piano epistolare che diretto fu perché di questo, e lo sappiamo con certezza, il principale responsabile fu proprio il celebre professore che viveva nella Berggasse.


In una lettera indirizzata a Schnitzler nel 1922, Freud confessava allo scrittore di essersi tenuto lontano dalla sua persona per timore di incontrare una sorta di suo doppio:

Freud nel suo studio al n°19 della Berggasse a Vienna

“Mi sono sempre chiesto con tormento per quale ragione io non abbia mai cercato in tutti questi anni di avvicinarla e di avere un colloquio con lei (senza considerare naturalmente se lei avrebbe gradito una tale iniziativa da parte mia).
La risposta a questa domanda contiene la confessione che a me sembra troppo intima. Io ritengo di averla evitata per una specie di timore del sosia”.

A distanza di poco tempo da questa lettera, lo scrittore venne invitato a cena a casa di Freud ed avvenne il loro primo incontro diretto. 
Innegabile quindi che sull’opera di Schnitzler operasse l’influsso della psicoanalisi, ma la lettura di alcuni fogli dedicati dallo scrittore a quella scienza, nata da poco, testimonia di un suo rapporto ambivalente con essa e con le teorie freudiane. 

«Non è nuova la psicoanalisi, ma Freud.
Così come non era nuova l’America, ma Colombo»

(Arthur Schnitzler, Diario 1924)

Attribuendo alla psicoanalisi una certa rigidezza e lamentando il fatto che essa possa proporre più soluzioni a certe patologie, Schnitzler compì in fondo una sua prima dissociazione: per lui che affrontava il tema dal punto di vista letterario, analizzare la mente umana significava pretendere di organizzare in un sistema quello che non è possibile ridurre, schematizzare.

Materia irrazionale per eccellenza, la nostra essenza profonda non si fa facilmente ordinare e studiarla non fornisce comunque alcuna certezza, alcuna sicurezza. 
Influenzato dalla precarietà della sua epoca, lo scrittore tentò di arrivare alle profondità dell’uomo più con lo sforzo intellettuale che col rigore di uno scienziato. 
Nella sua letteratura saranno dunque degli interrogativi, più che delle risposte, ad emergere dalle vicende narrate.

Il divano per i pazienti nello studio di Freud – 1938 Photo: Edmund Engelman

Arthur Schnitzler nacque a Vienna nel 1862 da una famiglia della buona borghesia ebraica. 
Il padre, un noto otorinolaringoiatra, al termine del percorso scolastico del figlio, compiuto in un prestigioso ginnasio della capitale asburgica, lo avviò allo studio della medicina. 
Arthur si laureò nel 1885 e già nello stesso anno ebbe l’incarico di medico associato presso il Policlinico di Vienna. 
Altre suggestioni tuttavia segnarono presto la personalità del futuro scrittore. Innanzitutto su di lui si fece sentire l’influsso di sua madre, appassionata pianista, che orientò la sua sensibilità verso l’estro artistico. Successivamente, la possibilità che gli derivò dalla professione del padre, di venire a contatto coi migliori attori e cantanti dell’epoca, ai quali Schnitzler padre curava la voce, sicuramente ebbe un’ulteriore influenza ed il suo stesso matrimonio con una cantante, Olga Gussman, fu favorito da questa circostanza.

Schnitzler a pochi mesi di età con i suoi genitori – Vienna 1862

Arthur, già dai diciassette anni in poi, tenne un diario su cui annotava tutto, incluse le prime esperienze sessuali, e questa inclinazione autobiografica, che riverserà poi in alcuni dei suoi personaggi, durante gli anni universitari si trasformò in una vera e propria vocazione letteraria. 
Nel 1888 scrisse la sua prima opera: “L’avventura della vita”, un atto unico teatrale nel quale compare un personaggio, Anatol, che tornerà ancora nella sua produzione. 
Alla morte di suo padre, nel 1893, Schnitzler lasciò il lavoro ospedaliero per aprire un suo studio privato e per lui iniziò un periodo nel quale affiancò alla sua professione una crescente attività letteraria e drammaturgica. 
Nel 1895, “Amoretto”, un altro suo testo teatrale, venne rappresentato al Burgtheater di Vienna procurando all’autore immediata fama e successo.

Arthur in giovane età

Qualche anno dopo nel romanzo breve “Il sottotenente Gustl”, forse il primo esempio di monologo interiore della letteratura tedesca, Schnitzler narrò magistralmente la storia di un ufficiale che, non avendo saputo prontamente reagire ad un insulto portatogli a teatro da un grossolano panettiere, dopo una notte di angoscia, incertezza ed umiliazione, si uccide per lasciare il suo nome immacolato da probabili accuse di viltà. 
La critica ai vuoti codici d’onore militareschi, sottintesa nel racconto, fece sì che l’autore venisse radiato dalla sua carica di tenente medico dell’esercito.

Nel 1902 nacque il suo primo figlio Heinrich e nello stesso anno il suo lavoro teatrale“Girotondo”, messo in scena a Monaco di Baviera, e la successiva pubblicazione in libro ebbero un successo clamoroso. 
Questo nonostante lo scandalo provocato dalla descrizione dei rapporti tra cinque uomini ed altrettante donne che nel corso dell’opera si intrecciano con una disinvoltura all’epoca mal tollerata.

Nel 1905, con la commedia “Intermezzo” Schnitzler ottenne il Premio Grillparzer e quattro anni dopo nacque la figlia Lili.

Schnitzler con moglie e figli – Vienna 27 Giugno 1910

“Beate e suo figlio”, romanzo breve pubblicato nel 1913, proseguì il lavoro letterario di scandaglio della personalità umana fatto dall’autore, e nella dissoluzione di una madre che scopre una scomoda verità su se stessa, Schnitzler ancora una volta scavò in profondità nell’ombra dei nostri segreti più riposti, facendolo con un coraggio che pochi altri scrittori dimostravano a quei tempi.


Avendo ormai abbandonato la sua attività di medico, Arthur poté dedicarsi liberamente alla sua vena narrativa e drammaturgica. 
Molte le opere le cui pubblicazioni si succederanno con regolarità: “Il Dottor Grasler medico termale”, il grande e malinconico “Il ritorno di Casanova” e ”La signorina Else”, racconto nel quale Schnitzler ripropone per la protagonista il monologo interiore, il flusso di coscienza, già sperimentato col “Sottotenente Gustl” .

Arthur Schnitzler

Tra il 1925 e il 1926 uscì, pubblicato su una rivista, uno dei suoi libri più celebrati, forse il suo capolavoro: “Traumnovelle”, “Doppio sogno”. 
Il romanzo breve rispondeva in parte ad una certa estetica decadente tipica dell’inizio del Novecento, ma riusciva a piegarla alla consueta sensibilità, al tocco lieve schnitzleriano, nella rappresentazione del lato nascosto della personalità umana. 
In una notte nella quale il rapporto tra il reale e l’onirico viene sfumato fino a renderli quasi indistinguibili, la crisi matrimoniale di una coppia rivelerà quella degli individui dinanzi alla realtà dell’esistere.

“Therese” e “Gioco all’alba”, novella che riprenderà il tema della vacuità dei codici d’onore, usciranno entrambi nel 1927.

L’anno successivo la figlia Lili si suicidò a Venezia, città nella quale si era stabilita avendo sposato un italiano.

Lili Schnitzler

Schnitzler ne avrà un colpo irreparabile: dichiarerà di essere già morto al compiersi di quell’evento.

Colpito da un ictus, lo scrittore morirà qualche giorno dopo, nell’Ottobre del 1931.   

Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.

Un commento su “Arthur Schnitzler e l’inconscio in letteratura

  1. Schnitzler? Doppeltaum?Ho letto, ce pure un film “doppio sogno” (maluccio). Uno grandioso,sondaggista del subconscio, se esiste. Eppur Esiste in tutti noi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *